
Max Magi
Pier Paolo Pasolini, in un discorso che muoveva le mosse dal cinema, scrisse che la morte, al suo palesarsi, realizza un istantaneo montaggio della vita come fosse un film, rendendola da quel momento in poi intellegibile: se prima la vita era una confusa congerie di eventi, azioni, omissioni, gioie, dolori, in un caotico susseguirsi senza un’apparente coesione, la morte ne restituisce subitaneamente il senso e il significato. E allora la morte fa di quella vita un exemplum per tutti coloro che rimangono.
Conobbi Max Magi nel 2009. Dovevo realizzare un’intervista che sarebbe poi apparsa proprio in questa stessa testata (Tabloid Ortopedia 8/2009) nella rubrica “La lezione dei grandi maestri” dell’ortopedia. Ebbi quindi modo di conoscere molti “luminari”, la maggior parte dei quali persone assai alla mano e di grandi doti morali. Con Max Magi mi accorsi tuttavia di un evidente “scarto” rispetto ai suoi seppur notevoli colleghi. La sua vita non fu certo quella standard del cattedratico italiano: il suo amore per l’avventura che lo portò ai quattro lati del globo, la sua sete inestinguibile di conoscenza, il primato dell’evidenza scientifica in luogo degli insegnamenti fatti cadere ex cathedra, la sua umanità a sprezzo della propria vita, ecco tutto questo e molto di più era Max Magi. Fu così ben impressionato della bozza del mio articolo che mi chiamò al telefono entusiasta dicendomi: «Lei, Lombardini, ha capito molte cose di me in un lasso di tempo così breve di un’intervista!». Da quel momento mi fece dono della sua amicizia, nonostante i quarantatré anni che ci separavano. Accarezzammo in seguito il proposito di scrivere a quattro mani la sua straordinaria biografia ma poi decise, per vari motivi, di scriverla di proprio pugno. Ne venne fuori un libro (Undulna. Una vita fra avventura e medicina – Minerva Edizioni, 2015) che Max andava a presentare in giro per l’Italia proprio in questi mesi, da Sondalo, dove fu primario, a Parma, città che gli diede i natali il 5 luglio del 1937.
Max Magi è morto mercoledì 9 marzo a Londra lasciando ovviamente orfani le persone a cui voleva bene, i suoi familiari, i suoi amici. A loro mancherà la sua persona, la sua voce, la sua disponibilità mai disattesa, la sua umanità. Io stesso con dolore scrivo queste poche righe per cercare di ricordarlo degnamente. A tutti lascia il suo esempio: la ricerca delle migliori soluzioni cliniche e la cura dell’aspetto umano della relazione di fiducia medico-paziente, il primato della conoscenza scientifica oggettiva in luogo dell’aleatoria esperienza soggettiva. Un exemplum di vita vissuta secondo filosofia, una vita che, a volte, come usava dire Max tra il serio e il faceto, bisogna prendere a calci pur di indurla a fare quello che vuoi.
Domenico Lombardini
Giornalista Tabloid di Ortopedia