Assolti dalla Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione Campania, cinque medici di medicina generale dell’Asl di Avellino che erano stati citati in giudizio dalla Procura regionale per aver prescritto farmaci, a carico del servizio sanitario, in violazione della relativa indicazione terapeutica. «Ancora una volta è la magistratura a ribadire che l’appropriatezza prescrittiva non può che fondarsi sulla valutazione professionale, da parte del medico, sul singolo malato – ha commentato Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri – e che i discostamenti da medie o da algoritmi non valgono per misurare l’adeguatezza delle cure. Ogni malato ha diritto a ricevere le cure per lui più appropriate ed efficaci – continua Anelli – che vanno determinate sulla base delle sue peculiari caratteristiche, non in ossequio a criteri numerici o economicistici».
Al di là del caso concreto, la sentenza sembra avere un enorme significato, ribadendo il principio della totale (o quasi) libertà del medico nella scelta delle cure più appropriate per quello specifico paziente. Scelta che non può, secondo questa interpretazione, sottostare a vincoli imposti da altri soggetti. Appropriatezza, insomma, non significa necessariamente erogare al paziente il trattamento codificato per quella condizione clinica. Va anzi valutato il caso nello specifico ed è in capo al medico la responsabilità piena sulla scelta del percorso terapeutico da intraprendere. «Come medici, e come cittadini, non possiamo che essere soddisfatti delle considerazioni della magistratura contabile sull’appropriatezza. Invitiamo i burocrati ad abbandonare, una volta per tutte, l’idea che la buona sanità si costruisca attorno a medie e algoritmi e a uniformarsi al dettato giurisprudenziale» ha concluso il presidente Fnomceo.
Le motivazioni della sentenza
«La valutazione della vicenda relativa al presente giudizio – si legge nella sentenza – è legata al concetto di appropriatezza prescrittiva, oggetto di varie disposizioni normative che devono essere rispettose del principio, di rilevanza costituzionale, della tutela della salute e della garanzia di cure mediche gratuite agli indigenti. Nella giurisprudenza contabile – ribadiscono ancora i giudici – risulta ormai pacifico che, affinché il medico possa assistere il paziente al meglio delle sue capacità professionali, deve essere riconosciuto un margine di discrezionalità nella gestione della discrepanza che si può talora verificare fra le condizioni cliniche, la tollerabilità ai trattamenti e le potenziali interazioni farmacologiche secondo le caratteristiche del singolo paziente. Conseguentemente, non è illegittimo prescrivere farmaci anche in deroga apparente alle disposizioni vigenti, nei limiti della logica, della ragionevolezza e dei basilari approdi della letteratura scientifica». Pertanto, secondo i giudici della Corte dei Conti, il «criterio astratto del danno derivante dal superamento di medie ponderate non può essere seguito» e «l’esistenza e la quantificazione del danno non possono essere valutati sulla base del mero scostamento dalla media prescrittiva ma solo con una adeguata analisi delle singole prescrizioni effettuate in rapporto alle patologie da curare».
Andrea Peren
Giornalista Tabloid di Ortopedia