L’avvento, a partire dalla metà degli anni Novanta, di opzioni terapeutiche basate sulla combinazione di farmaci antiretrovirali (Haart) ha ridotto drasticamente la mortalità per infezione da Hiv, trasformandola in una condizione potenzialmente cronica e modificando in modo radicale la prognosi e l’aspettativa di vita dei pazienti. Pazienti che oggi, e a maggior ragione in prospettiva futura, entrano a far parte della popolazione candidata a interventi di artroplastica richiesti dalla comune patologia degenerativa artrosica legata all’invecchiamento, oltre che dalla predisposizione specifica a sviluppare osteonecrosi.
La valutazione, attraverso i dati della letteratura, dell’esito di tali interventi nei soggetti sieropositivi è stato così l’obiettivo di una revisione sistematica realizzata da un team anglo-irlandese. «Il primo e più rilevante risultato emerso dai 19 lavori rispondenti ai criteri di inclusione da noi prefissati – casistiche di artroprotesi totali di anca o ginocchio comprendenti soggetti con infezione da Hiv e gruppi di controllo – è l’urgente necessità di studi prospettici di buona qualità, con adeguato controllo dei fattori confondenti e focalizzati su outcome clinici definiti in modo rigoroso e registrati secondo metodi standardizzati» dichiarano gli autori a commento dei loro riscontri. L’estrema eterogeneità degli studi selezionati relativamente agli aspetti metodologici e clinici e la scarsa qualità della maggior parte di essi (11 su 19) non ha infatti permesso, pur su un totale di quasi 6 milioni di procedure chirurgiche con circa 19.000 infezioni locali post-operatorie, di procedere a una metanalisi dei dati.
Nel complesso tassi di complicanze infettive superiori nei pazienti Hiv positivi sono stati rilevati in 13 studi, ma quattro hanno riportato esiti diametralmente opposti. Ugualmente discordanti sono risultati i dati sui tassi degli interventi di revisione (per qualsiasi causa) nei dieci lavori che li hanno registrati.
Un’analisi di sottogruppo è stata invece effettuata su quattro studi caratterizzati da buona qualità e discreta uniformità metodologica, condotti tutti in un periodo successivo all’introduzione della Haart e su coorti prive di soggetti con concomitante emofilia (presenti invece in molti degli altri campioni). Dalla casistica cumulativa di questi studi è emerso un rischio relativo sensibilmente superiore nei pazienti con Hiv sia per le infezioni post-operatorie (RR=3,31), sia per gli interventi di revisione (RR=2,35). «Date le caratteristiche dei lavori presenti in letteratura, i risultati relativi all’aumento di incidenza di alcune complicanze degli interventi di artroprotesi nei soggetti con infezione da Hiv sono da considerare con le dovute cautele – concludono i ricercatori –. Ma sicuramente rappresentano un’indicazione forte a cercarne, appropriatamente, le eventuali conferme».
Monica Oldani
Giornalista Tabloid di Ortopedia