«Sana e robusta costituzione» addio: troppo generico. Al suo posto, lo scorso autunno, è arrivato un decreto legge con il quale il ministero della Salute ha cercato di fare ordine in una matassa più intricata di quello che potrebbe sembrare. Si tratta infatti di distinguere tra coloro che praticano sport a livello professionale dai cosiddetti dilettanti, o amatori, e chi occasionalmente si lascia convincere dai colleghi per una partitella occasionale; e naturalmente non tutte le attività sportive richiedono le medesime precauzioni. Dal punto di vista medico si intersecano poi diverse questioni; se l’obiettivo primario è quello di ridurre i rischi connessi a un’attività fisica non adatta al singolo individuo, la certificazione sportiva può costituire una preziosa occasione in termini di prevenzione e permettere di intercettare, ad esempio, problematiche cardiache asintomatiche che, una volta riconosciute, possono essere affrontate in modo adeguato.
È stato lo stesso ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, a indicare nella necessità di fare chiarezza una delle motivazioni delle linee guida, «volte a superare una serie di difficoltà interpretative che si sono nel tempo registrate da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, dei medici specialisti in medicina dello sport, nonché degli operatori che gestiscono le palestre, sull’ambito di applicazione delle disposizioni normative relative alla certificazione sanitaria per chi esercita attività sportiva».
Le categorie
Le certificazioni in ambito sportivo sono relative a cinque tipologie di attività: agonistica, non agonistica, ludico-motoria, a particolare ed elevato impegno cardiovascolare e agonistica per disabili. Le certificazioni sono obbligatorie in tutti questi casi tranne che per l’attività ludico motoria, ovvero quella praticata da soggetti non iscritti presso società sportive ed è finalizzata al raggiungimento o mantenimento del benessere psico-fisico della persona e non quindi a ottenere prestazioni sportive di particolare livello; inoltre l’aspetto competitivo è assente o poco rilevante. Alcuni esempi aiutano a capire meglio il concetto. L’Omceo di Firenze cita: «fare jogging al parco, fare fitness in palestra, fare danza, andare in piscina o altre attività similari. Anche fare calcetto o giocare a tennis con gli amici è attività ludico motoria amatoriale se l’attività viene svolta al di fuori di ogni contesto di gare o competizioni promosse da società sportive. Se invece queste stesse attività sono praticate da soggetti che le svolgono presso società sportive affiliate alle rispettive federazioni nazionali, allora si ricade nell’attività sportiva vera e propria, che può essere di tipo agonistico o non agonistico a seconda dell’impegno psico-fisico richiesto».
Siamo insomma nell’ambito in cui rientra la pratica sportiva più diffusa e che dovrebbe caratterizzare la vita di una fetta sempre più ampia di cittadini perché si tratta, insieme a una corretta alimentazione, di una tra le più efficaci forme di prevenzione di innumerevoli patologie, come confermano sempre più spesso le evidenze scientifiche.
Per l’attività ludico motoria, la legge 98/2013 (il cosiddetto «decreto del fare») ha soppresso l’obbligo di certificazione, con lo scopo dichiarato di salvaguardare la salute dei cittadini promuovendo la pratica sportiva e per non gravare cittadini e Servizio sanitario nazionale di ulteriori onerosi accertamenti e certificazioni. Come specifica la Federazione medico sportiva italiana (Fmsi), la certificazione è facoltativa e «può essere richiesta da palestre o altri impianti ai fini assicurativi; rimane un rapporto privato tra erogatore e utente e può essere effettuata da tutti i medici iscritti all’Ordine dei medici. La certificazione è rilasciata su apposito modello predefinito e può prevedere limitazioni (per esempio, attività solo isotonica o isometrica lieve, moderata, ecc.). I medici della Fmsi per indicazione della stessa hanno un indirizzo di effettuare un Ecg basale».
L’attività sportiva non agonistica ha caratteristiche differenti e normalmente comporta un impegno superiore: è quella svolta dagli alunni che partecipano ad attività organizzate dalle scuole nell’ambito delle attività parascolastiche, dagli studenti che partecipano ai Giochi della gioventù nelle fasi precedenti a quella nazionale e da tutti coloro che svolgono attività organizzate dal Coni (Comitato olimpico nazionale italiano), da società sportive affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni, che non siano tuttavia considerati atleti agonisti. In questo caso, il certificato è obbligatorio ed esiste in protocollo di visita che è stato definito a livello nazionale dal ministero della Salute nel 2014 (Linee-guida di indirizzo in materia di certificati medici per l’attività sportiva non agonistica). Sono previsti: l’anamnesi, l’esame clinico con misura della pressione arteriosa e un elettrocardiogramma. Per la precisione sono necessari un elettrocardiogramma a riposo, debitamente refertato, effettuato almeno una volta nella vita; un elettrocardiogramma basale debitamente refertato con periodicità annuale per coloro che hanno superato i 60 anni di età e che associano altri fattori di rischio cardiovascolare; un elettrocardiogramma basale debitamente refertato con periodicità annuale per coloro che, a prescindere dall’età, hanno patologie croniche conclamate, comportanti un aumentato rischio cardiovascolare.
La Fmsi, con il Collegio dei medici federali e il Coni hanno però concordato che l’Ecg basale venga effettuato con periodicità annuale in ogni caso e compreso nel protocollo e la Federazione medico sportiva italiana richiede espressamente ai propri soci che nell’effettuazione della visita medico sportiva effettuino contestualmente l’Ecg senza aumenti di costo. «La certificazione – si legge nella guida esplicativa della Fmsi – ha validità annuale, con decorrenza dalla data di rilascio. La visita non agonistica non è specifica per sport ma consente al soggetto tesserato o all’alunno a cui esclusivamente è rivolta di praticare tutte le discipline anche se il medico può consigliare al soggetto le migliori pratiche».
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia