Portare a termine la regolamentazione della professione in Italia come negli altri stati europei è l’impegno dell’Associazione italiana chiropratici (Aic), che dal 1974 «tutela i pazienti contro il fenomeno dell’abusivismo, assicurando che i propri iscritti abbiano alle spalle un corso di laurea magistrale conseguito nelle università accreditate».
«Auspichiamo che il governo possa risolvere un nodo cruciale per la professione di dottori chiropratici e che finalmente la legislazione italiana possa conformarsi al più presto agli standard internazionali – spiega il presidente dell’Aic John Williams –. Soltanto attraverso la definizione del percorso di studi del dottore chiropratico, che richiede una laurea magistrale con un minimo di cinque anni di studi, anche l’Italia potrà adeguarsi alla situazione dei paesi più evoluti dal punto di vista dei sistemi sanitari. Al momento, insieme all’Italia, i fanalini di coda nel percorso del riconoscimento giuridico della professione sanitaria del chiropratico restano Spagna e Grecia, che confermano il gap dei paesi dell’area mediterranea, in netto contrasto con le norme europee che regolano e disciplinano il lavoro e la libera circolazione dei professionisti all’interno dell’Ue».
«I dottori chiropratici italiani attendono dal 2007 che il percorso di riconoscimento della professione venga a compimento con il riconoscimento del percorso di studi, che non può che essere la laurea magistrale – prosegue il presidente Aic –. I benefici della chiropratica in termini di minori costi per il sistema sanitario rispetto a minor impiego di farmaci e operazioni chirurgiche è ampiamente dimostrato in letteratura scientifica nei paesi dove la regolamentazione è compiuta. È inconcepibile, infatti, che una normativa così importante e vitale venga di continuo ignorata a discapito di un numero sempre crescente di pazienti che hanno il diritto di affidarsi a professionisti laureati e competenti, come avviene nel resto del mondo».
Chi sono e quanti sono i chiropratici italiani
Quella del chiropratico è stata riconosciuta professione sanitaria solo di recente, con la legge Lorenzin (legge 11 gennaio 2018, nr.3). In Italia manca però il percorso formativo universitario, in linea con gli standard internazionali (laurea magistrale a frequenza obbligatoria e praticantato clinico). Per questo ad oggi tutti i chiropratici hanno una laurea conseguita all’estero.
Secondo i dati diffusi dall’Associazione italiana chiropratici, nel 2022 in Italia erano attivi 356 studi professionali dove operano i dottori chiropratici laureati secondo gli standard internazionali. In Italia, dunque, c’è uno studio professionale ogni 366 mila abitanti, in netto contrasto con il dato Usa, dove sono in attività oltre 70 mila dottori chiropratici con un rapporto tra professionisti e popolazione pari a uno ogni 4.700 abitanti. In Italia la presenza di chiropratici è nettamente maggiore nelle regioni del centro-nord, con il primato della Lombardia, dove si contano ben 92 studi professionali.
Per l’Aic l’assenza di un adeguato percorso formativo apre la strada all’abusivismo, con «numerosi operatori non qualificati attualmente presenti sul territorio» pronti ad esibire «false lauree in chiropratica a nome di fantomatiche università estere non accreditate».