Rispetto agli italiani, tra i cittadini stranieri prevale una percezione più positiva del proprio stato di salute. L’accesso in ospedale spesso è in urgenza, sia per infortuni sul lavoro che per gravidanza o parto
Iniziamo a sfatare una leggenda metropolitana che si sente pronunciare spesso, quella secondo cui gli immigrati stranieri sono portatori di malattie. Ebbene, gli esperti della cosiddetta medicina delle migrazioni concordano nell’affermare che i migranti contraggono più malattie nel Paese di immigrazione (a causa della precarietà delle condizioni di vita nelle fasi iniziali di inserimento) rispetto a quelle che portano con sé dal Paese di emigrazione, da dove partono nella grande maggioranza dei casi giovani e sani.
Gli immigrati presentano profili di sofferenza sanitaria (malattie da disagio, infortunistica soprattutto sul lavoro, malattie infettive, ecc.) addebitabili quasi sempre a politiche di integrazione decisamente poco efficaci, difficoltà di accesso ai servizi e problematiche comunicative con gli operatori sanitari. Dunque, il pericolo per la salute pubblica nel Paese di immigrazione è causato proprio dalla mancanza di un’adeguata politica dell’accoglienza, a causa della quale l’immigrato da una parte viene esposto al rischio di malattia anche grave e infettiva e dall’altra gli nega o rende difficile l’accesso ai servizi sanitari di prevenzione e cura.
In tema di salute e di assistenza agli immigrati stranieri l’Italia presenta una normativa molto avanzata che prevede per coloro i quali sono provvisti di regolare permesso di soggiorno l’obbligo di iscrizione al Servizio sanitario nazionale e per quelli irregolari le cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o continuative, per malattia e infortunio, oltre alla possibilità di essere inseriti in programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva.
I dati Istat
In tema di numeri, facendo riferimento al censimento Istat 2011, risultano risiedere in Italia 4 milioni e 29.145 cittadini stranieri (il 6,8% del totale della popolazione residente), di cui il 53,3% costituito da donne. Gli immigrati provenienti dai Paesi a forte pressione migratoria rappresentano circa il 95% del totale degli stranieri residenti in Italia. Le Regioni in cui si registra la più cospicua presenza di stranieri sono quelle del nord Italia, con in testa la Lombardia, in cui risiede poco meno di un quarto di tutti gli stranieri presenti nel nostro Paese, seguita dal Veneto (11,4%) e dall’Emilia-Romagna (11,2%). I numeri decrescono al centro, con la percentuale più elevata nel Lazio (10,6%) seguito dalla Toscana (8,0%), per diradarsi al sud, con indici di presenze molto più limitati.
Negli anni 2011-2012 l’Istat ha condotto per la prima volta una rilevazione statistica sulla “Condizione e integrazione sociale dei cittadini stranieri”, attraverso la quale sono state ricavate informazioni su numerosi aspetti del processo di inserimento dei cittadini stranieri in Italia, tra cui quello relativo alle condizioni di salute.
Tra i cittadini stranieri prevale una percezione positiva del proprio stato di salute in misura maggiore rispetto agli italiani: per l’87,5% le proprie condizioni di salute sono buone o molto buone a fronte dell’83,5% degli italiani. A sentirsi in buona salute tra i cittadini dei Paesi Ue sono soprattutto i polacchi (88,4%), tra i non comunitari i cinesi e i filippini (90,2%) e gli indiani (88,8%). In fondo alla classifica si trovano gli ucraini (85,8%) e i marocchini (85,2%).
Le patologie più diffuse sono quelle dell’apparato respiratorio (65,4 stranieri ogni mille), dell’apparato digerente e dei denti (20,2 per mille), quelle del sistema nervoso (19,8) e quelle del sistema osteomuscolare (15,5).
I disturbi che interessano l’apparato muscolo-scheletrico da sovraccarico biomeccanico sono assai diffusi tra lavoratrici e lavoratori stranieri, per via delle attività logoranti esercitate, caratterizzate da sforzi continui e prolungati. Tali patologie, spesso molto invalidanti, interessano sia il rachide che gli arti superiori e inferiori. Va detto, a tal proposito, che i lavoratori stranieri sono generalmente esposti a maggiori rischi di infortunio rispetto agli autoctoni, e tali rischi sono soprattutto a carico dei lavoratori maschi impegnati in attività non qualificate e particolarmente pesanti: ad esempio nel settore edile il rischio di infortunarsi per un immigrato è oltre otto volte superiore rispetto a quello di un italiano.
Nel 2010 gli infortuni sul lavoro riconosciuti dall’Inail sono stati 536.258, di questi 78.368, pari al 14,6% del totale, hanno riguardato i lavoratori nati all’estero.
La maggior parte degli stranieri (a partire dai 18 anni) ha un peso corporeo adeguato (57,8%), soprattutto tra le donne (62,9%), quasi un terzo presenta condizioni di sovrappeso (30,9%), mentre l’obesità interessa il 7,8%. Quote simili si osservano nella popolazione italiana a parità di età (58,2% normopeso, 29,8% sovrappeso, 7,8% obeso).
In assenza di disturbi o sintomi va dal medico il 57,5% degli stranieri, di più le donne (59,6% contro il 53,9% degli uomini) e i giovani under 14 (62,9%), di meno i cinesi (44,1%). Inoltre il 13,8% degli stranieri (da 14 anni in su) mostra difficoltà a spiegare in italiano i disturbi al medico e il 14,9% a comprendere ciò che il medico dice. Lo svantaggio è maggiore per le donne, per gli over 54, per chi ha un titolo di studio basso e per le comunità cinesi, indiane, filippine e marocchine.
I ricoveri ospedalieri
A livello nazionale, ancora oggi, la fonte più attendibile ed esaustiva sulla salute degli immigrati stranieri è quella che fa riferimento alle schede di dimissione ospedaliera.
Secondo il progetto nazionale di indagine messo a punto da ministero della Salute in collaborazione con l’Agenas “La salute della popolazione immigrata: il monitoraggio da parte dei Sistemi sanitari regionali”, nel 2010, su oltre 10 milioni di ricoveri totali avvenuti nelle strutture italiane la proporzione dei ricoveri degli immigrati stranieri provenienti dai Paesi a forte pressione migratoria (Pfpm) residenti è risultata pari al 4,4%. L’analisi dei ricoveri ordinari dei residenti per sesso evidenzia, sia a livello delle Regioni che a livello nazionale, un maggior ricorso del genere femminile, soprattutto nella categoria dei Pfpm. A livello nazionale la proporzione dei ricoveri delle donne dei Pfpm è del 68,5%, mentre per quelle dei Paesi a sviluppo avanzato (Psa) tale proporzione è del 52,5% (anno 2010).
La maggior frequenza di ricoveri tra gli uomini del gruppo Pfpm si verifica tra i 18-49 anni, mentre per le donne più della metà dei ricoveri si concentra nella classe 18-34 anni.
Per gli uomini e le donne dei Psa la maggiore proporzione di ricoveri, come era da attendersi, è a carico delle classi di età anziane (maggiori di 64 anni).
In Italia, nel 2010, si sono registrati 172 ricoveri totali ogni 1.000 individui appartenenti ai Psa residenti e 103 ogni 1.000 dei Pfpm residenti: la popolazione dei Pfpm, dunque, ricorre al ricovero meno di quanto non avvenga per quella dei Psa, verosimilmente perché si tratta di una popolazione giovane e quindi con minori bisogni assistenziali. A livello nazionale (anno 2010), le principali cause di ricovero delle donne dei Pfpm di tutte le età sono legate alla gravidanza, parto e puerperio (51%), seguite dalle malattie dell’apparato digerente (6%) e del sistema genito-urinario (6%). Per quelle dei Psa i motivi principali sono riconducibili a gravidanza, parto e puerperio (17%), a malattie del sistema circolatorio (15%) e ai tumori (10%).
Alta incidenza di ricoveri per traumi da lavoro
Le principali cause di ricovero negli uomini dei Pfpm, invece, sono rappresentate da «traumatismi e avvelenamenti» (15%), legati agli infortuni sul lavoro e a varie tipologie di incidenti, seguite dalle malattie dell’apparato digerente (12%) e di quello respiratorio (12%), mentre per quelli dei Psa prevalgono le malattie del sistema circolatorio (21%) e i tumori (11%). Questi dati non evidenziano specifiche criticità sanitarie se non l’elevata frequenza di ricoveri per traumatismi negli uomini (da imputare in genere all’elevato numero di incidenti lavorativi in particolare se il lavoro è in nero), e un rischio maggiore per le malattie infettive (quasi il doppio rispetto ai residenti autoctoni), seppur con un trend in diminuzione. La maggior parte delle malattie infettive riscontrate sono espressione di una fragilità sociale dovuta, spesso, a promiscuità abitativa, difficoltà di accesso ai servizi, scarsa igiene negli ambienti di vita e lavoro e poca attenzione alla prevenzione.
A livello nazionale per l’anno 2010, la proporzione dei ricoveri ordinari in urgenza è stata del 54,1% nella categoria dei Psa, del 64,1% in quella dei Pfpm residenti e del 74,5% tra i non residenti. La distribuzione dei ricoveri in urgenza evidenzia che la maggiore frequenza di accesso con tale modalità per gli appartenenti ai Pfpm si verifica in tutte le classi di età, tranne quelle estreme (inferiori a 4 anni e superiori a 64 anni). Ciò suggerisce, anche in considerazione delle principali cause di ricovero, che per gli uomini l’urgenza è condizionata da traumi e incidenti, mentre le donne utilizzano la modalità dell’urgenza anche per gravidanza/parto, a causa di scarsa conoscenza/utilizzo dei servizi territoriali e della medicina generale, oltre a una difficoltà ad essere prese in carico da questi. Il pronto soccorso dunque risulta essere la principale modalità di accesso alle cure a cui gli immigrati dei Pfpm fanno ricorso.
Vincenzo Marra
Giornalista Tabloid di Ortopedia