La messaggistica istantanea facilita lo scambio di informazioni tra medico e paziente, ma può diventare troppo invadente. Per questo è indispensabile educare il paziente a un uso responsabile di WhatsApp, fissando regole per la comunicazione online
È ormai pratica comune tra chirurghi e medici di ogni specialità usare WhatsApp per semplificare la propria attività e ridurre il numero di visite e telefonate superflue da parte dei pazienti. Secondo un’indagine condotta da CelloHealthInsight nel 2015 (1), il 61% dei medici italiani usa abitualmente WhatsApp per comunicare con i propri pazienti, rispetto all’87% in Brasile, ma solo al 2% in UK e al 4% in Usa. In Italia, si stima che ogni utente effettui circa 95 ricerche on-line all’anno su temi salute di cui il 55% riguardano il proprio stato di salute, per un totale di quasi 4 miliardi di ricerche. Si tratta di un traffico digitale enorme, con un trend di crescita annuo del 14%, in cui l’e-patient, il paziente digitale, cerca le informazioni che gli servono. Dai sintomi all’azione, il percorso dell’e-patient è in genere questo:
1) da Dr. Google riceve la “diagnosi digitale”;
2) sui social media (Instagram e Facebook) cerca e trova il medico che gli interessa;
3) nei “gruppi social” tematici a cui si iscrive trova o chiede le esperienze di altri pazienti sul chirurgo in termini di visita, relazione, risultati chirurgici, tempi di attesa, eventuali ritardi, disponibilità a rispondere;
4) una volta convinto, invia un messaggio allo specialista e fissa un appuntamento.
Ottenere il contatto personale di un chirurgo all’interno di un gruppo social è facile tanto quanto chiederlo a un amico che è già stato paziente di quello specialista. Alcuni, ottenuto il numero di telefono, chiedono l’autorizzazione al medico prima di contattarlo su WhatsApp; altri, in rapporto alla pari con il medico, scrivono e basta, considerando la comunicazione via WhatsApp esattamente come scrivere alla email sul sito del chirurgo oppure chiamare la segreteria.
Non c’è dubbio che oggi questo strumento di messaggistica istantanea che permette anche lo scambio di foto in buona risoluzione, video e documenti allegati, sia sempre più utilizzato da medici e pazienti. Se da una parte, però, l’uso di WhatsApp da parte del medico era (forse) nato con l’intento di agevolare la propria attività e risparmiare tempo, oggi il numero di contatti e richieste da parte dei pazienti, anche in momenti dedicati ad altre attività, è aumentato così tanto che spesso il chirurgo non ha più il tempo per rispondere a tutti.
Nel bene e nel male
Semplicità, diffusione, gratuità e rapidità di invio e ricezione hanno contribuito a rendere WhatsApp il mezzo più usato per facilitare, rafforzare e mantenere nel tempo il rapporto medico-paziente, specie nelle patologie croniche e in chirurgia. L’invio di un video in cui il paziente documenta un problema dopo un intervento, la foto della ferita che “sembra strana”, il referto di indagini diagnostiche o esami richiesti permettono al chirurgo di intervenire o rassicurare in modo tempestivo il paziente (che poi racconterà sui social media la sua esperienza positiva di relazione con il chirurgo). Il rischio però che al paziente sfugga di mano cosa significhi un uso proprio del mezzo di comunicazione, è alto. Accade quindi che il paziente utilizzi WhatsApp in modo eccessivo e inappropriato, diventando per il chirurgo un elemento di disturbo durante l’attività quotidiana o la vita privata, o un mezzo per ottenere un consulto digitale gratuito.
Infine, il lavoro di revisione su 80 studi sull’utilità di WhatsApp e social media nella pratica clinica, condotto dall’Alexander Graham Bell Centre for Digital Health dell’Università delle Highlands e Islands (Uk) in collaborazione con l’Università di British Columbia (Canada) e l’Università di Plymouth (Uk) ha messo in evidenza alcuni ambiti di preoccupazione – e di rischio – nell’uso clinico di WhatsApp. Per esempio, la disparità nell’urgenza, ridotta comunicazione verbale, essere online h24, la difficoltà di registrare eventuali documenti/referti/immagini nella cartella del paziente, specie se non si usa WhatsApp Web o ci si trova in situazioni che non permettono l’accesso al proprio computer di lavoro. Inoltre, può capitare di non ricordare quel particolare paziente e il suo caso, e quindi non riuscire a rispondere alle sue richieste online, oppure perdere il telefono o avere un breakdown del sistema (è raro, ma è capitato).
Quindi, cosa fare in attesa che l’uso di un mezzo così diffuso di comunicazione venga regolamentato nella pratica clinica, incluso il problema della privacy e della sicurezza dei dati sensibili, dal momento che non è chiaro né se il medico abbia l’obbligo legale di rispondere al messaggio di un paziente su WhatsApp, nè in quali tempi?
Educare il paziente
Per non subire o accogliere con rassegnazione l’ennesimo “dottore, la contatto su WhatsApp”, informare ed educare il paziente all’uso responsabile di WhatsApp è un modo per autoregolamentare la comunicazione con il paziente. Infatti, WhatsApp è un mezzo che non sostituisce l’interazione medico-paziente che avviene in ambulatorio.
Se avessimo bisogno di pubblicazioni a confermarlo, ecco i risultati di uno studio comparativo tra l’efficacia terapeutica dell’interazione via WhatsApp e face-to-face (2): sebbene il mezzo di comunicazione sia flessibile e veloce nel ricevere e inviare feedback, l’efficacia terapeutica è superiore quando la relazione è offline, anche nell’era digitale.
Nell’educare il paziente all’uso responsabile della messaggistica istantanea, inoltre, è importante spiegare che WhatsApp non si sostituisce alla visita medica, la risposta potrebbe non essere istantanea, sebbene si tratti di un sistema di messaggistica istantanea, e in caso di urgenza indicare dove e a chi rivolgersi. Questo per evitare ricadute sia sul piano professionale del medico che nell’ambito della responsabilità medico-legale.
Liana Zorzi
Giornalista Tabloid di Ortopedia
1. Cello Health Insight 2015. The digital health debate: a report on how doctors engage with digital technology in the workplace.
2. Muntaner-Mas A et al. Effects of a Whatsapp-delivered physical activity intervention to enhance health-related physical fitness components and cardiovascular disease risk factors in older adults. J Sports Med Phys Fitness. 2017 Jan-Feb;57(1-2):90-102.
3. Giordano V et al. WhatsApp Messenger is useful and reproducible in the assessment of tibial plateau fractures: inter- and intra-observer agreement study. Int J Med Inform. 2015 Feb;84(2):141-8.
4. Kamel Boulos M et al. Instagram and WhatsApp in health and healthcare: an overview. Future Internet. 2016; 8. 37. 10.3390/fi8030037.