Per l’ortopedico Stefano Congia l’ecografia condotta direttamente dallo specialista potrebbe diventare il quinto tempo dell’esame obiettivo, successivo a ispezione, palpazione, percussione e auscultazione, per un iter diagnostico di tipo induttivo
Lucia entra, saluta, mi allunga una cartellina e mi guarda, in piedi.
Mi hanno sempre detto che si inizia dall’anamnesi. Si mette a proprio agio il paziente, si chiede per quale motivo ha deciso di fare una visita con l’ortopedico. Questo perché la clinica è sovrana, tutto il resto viene dopo.
Vuoi un po’ per la stanchezza, vuoi perché non sono riuscito a prendere in mano la situazione, apro la cartellina e leggo.
“Ecografia spalla sinistra: sia nelle scansioni in statica che in quelle in dinamica si osserva la presenza di alterata ecostruttura in senso marcatamente ipoecogeno e disomogeneo dei tendini della cuffia dei rotatori con rallentato scorrimento nel movimento in rotazione della spalla come per sindrome da conflitto in tendinite di terzo grado del sovraspinato e del sottospinato con forte componente flogistico edematosa; senza che ecograficamente si configuri la presenza di lesioni evidenti”.
Mi dimentico anche di invitarla ad accomodarsi, le chiedo perché ha fatto questo esame e mi dice che le faceva male la spalla, e ora no. “Perché è venuta se ora non le fa più male” me lo legge negli occhi, e senza che io apra bocca mi dice: «vede tutto quello che ho, c’è scritto tutto».
Modi e strumenti per fare diagnosi
La diagnostica deduttiva consiste nella pura analisi dell’immagine, alla ricerca di quante più informazioni possibili vi sono al suo interno. La conferma delle deduzioni si cerca nella clinica. La diagnostica deduttiva ha una alta sensibilità e una bassa specificità: l’occhio vede ciò che la mente conosce, e di quello si cerca il riscontro pratico.
La diagnostica induttiva invece si fonda sull’esperienza sensibile diretta, si parte dalla clinica e si arriva alla conferma di essa nell’immagine. La diagnostica induttiva ha una bassa sensibilità e un’alta specificità; si diventa controllo di se stessi e delle proprie ipotesi.
Entrambe le metodologie presentano punti di forza e debolezze e solo una integrazione tra le due può minimizzare gli errori diagnostici.
Durante la specializzazione in ortopedia mi sono innamorato dell’ecografia muscolo scheletrica. Ho fatto pratica, frequentato in centri dedicati, conseguito attestazioni. Una volta specialista, ho deciso di eseguire le mie prime visite ortopediche utilizzando l’ecografo come completamento della mia valutazione, solo quando necessario. In alcuni casi l’indagine strumentale non ha aggiunto nulla al mio sospetto diagnostico, in altri sì. Non ho mai provato alcuna vergogna a chiedere ulteriori accertamenti strumentali, se la metodica, nelle mie mani, non poteva essere di aiuto.
Quando negli anni di formazione ho parlato con i colleghi più grandi di me riguardo l’ecografia muscolo scheletrica, ho ricevuto opinioni diverse. Un freddo e sospettoso cenno con il capo da parte di alcuni, spesso il traumatologo ospedaliero, tutt’altro entusiasmo da altri, spesso di chi si occupa della libera professione, seguito dal «sarebbe piaciuto anche a me ma non ho mai trovato il tempo».
E io a chiedermi ogni giorno se questo strumento che amo serva davvero a qualcosa nella pratica dell’ortopedico. Può essere una reale risorsa, anche in pronto soccorso traumatologico, o rappresenta una futile forzatura dalla scarsa costo-efficacia?
Ecografia per l’esame obiettivo
Mi sono fatto un’idea e non escludo affatto che possa cambiare negli anni.
L’ecografia muscolo scheletrica può essere vicina tanto all’apparecchio radiologico quanto al fonendoscopio. Non sono un detrattore dell’indagine sistematica classica deduttiva, la cui lunghezza del referto, tuttavia, può diventare inversamente proporzionale alla sua utilità, se al termine non si scrivono delle lapidarie e inequivocabili conclusioni.
Credo però che, nelle mani dell’ortopedico, l’ecografia muscolo scheletrica possa diventare il quinto tempo dell’esame obiettivo, successivo a ispezione, palpazione, percussione e auscultazione, seguendo un iter diagnostico di tipo induttivo. Mi riferisco quindi a un’indagine aggiuntiva, pratica e mirata, che sia eseguita solo se necessario, con spirito pragmatico, a completamento della clinica, anzi, facente parte essa stessa della clinica. La sonda lineare si prende con pollice e indice, il quinto dito deve essere sempre bene a contatto con la cute del paziente, questo per orientarsi, ma anche per non perdere mai l’intima relazione tra lo strumento e l’esame obiettivo in corso.
La presenza dell’ecografo può inoltre semplificare i test diagnostici con anestetico locale e avere una rilevanza terapeutica nelle infiltrazioni eco-guidate o eco-assistite.
Ecografia muscolo scheletrica come metodica induttiva nelle mani dell’ortopedico traumatologo, quindi. Potrei terminare esclamando che sarà la pratica del futuro, ma sarebbe una delle tante sparate a vuoto che si scrivono nelle conclusioni. Sarà quel fenomeno ciclico che, come il rasoio di Occam, elimina tutto il superfluo della medicina moderna, a dirci quale ruolo avrà questa metodica nell’ortopedia del domani.
Dott. Stefano Congia