Da ospedale monospecialistico, l’Istituto Ortopedico Galeazzi si è trasformato in questi mesi in ospedale Covid. E come hub regionale per la traumatologia ha gestito quasi 400 casi e operato le fratture di femore entro le 48h, anche durante la pandemia
L’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi è uno degli ospedali milanesi che ha fronteggiato in prima linea, sin dall’inizio della pandemia, l’emergenza Covid19; una sfida impegnativa e difficile che, da due mesi a questa parte, ha messo a dura prova il personale medico e sanitario, rivoluzionando completamente i ritmi e l’organizzazione dell’intera struttura.
All’inizio della pandemia, in un contesto di grande incertezza, dove il virus cominciava a diffondersi a macchia d’olio, il Galeazzi – così come altre strutture di Gruppo San Donato – ha dovuto fare i conti con una situazione nuova e inaspettata: il Covid19 era in una fase di crescita esponenziale e la struttura ha dovuto agire in un’ottica di riorganizzazione delle gestione del lavoro e delle risorse, in un clima di totale assenza di strategie chiare ed efficaci, senza conoscere per nulla le modalità di contagio e l’aggressività del “nemico invisibile”.
Adottando una rigorosa strategia di separazione dei percorsi attenta e accurata, che già esisteva ma che è stata successivamente potenziata, l’ospedale è diventato un importante centro di riferimento per i pazienti affetti da Covid19 che provenivano da altri ospedali, i quali, per problematiche gestionali, non potevano assicurare loro un’accoglienza e un trattamento adeguati.
L’ospedale si riorganizza
Per venire incontro all’emergenza, il Galeazzi ha così predisposto una terapia intensiva dedicata al quinto piano dell’edificio in grado di accogliere tutti i pazienti intubati (quasi 60 pazienti contagiati di cui 12 in terapia intensiva) e in gravi condizioni, al fine di garantire loro un’assistenza continua h24; tutto ciò supportato dalla presenza di percorsi separati, già ben definiti a inizio marzo anche a livello di Pronto Soccorso.
Al momento del triage, la distinzione tra quei pazienti che giungevano già con diagnosi da Coronavirus da altre strutture e coloro che arrivavano di default in PS senza essere testati per il Covid, ha permesso di applicare determinate procedure anche ai reparti “puliti” (Covid free) con risultati incoraggianti. Queste procedure sono state condivise, in particolare, con il dottor Paolo Perazzo, responsabile dell’Uunità operativa di Anestesia e Rianimazione del Galeazzi, figura centrale che ha combattuto in prima linea sin dall’inizio dell’epidemia, presidiando l’ospedale e la terapia intensiva tutto il giorno e tutti i giorni, per gestire al meglio l’emergenza di quei giorni.
Grazie anche all’impiego dei Dpi anche nei reparti No Covid, è stato possibile contingentare e regolamentare la gestione dei pazienti sani, sempre però, esposti a un potenziale rischio di contagio. Un’attenzione particolare per evitare che il paziente contagiasse il personale e viceversa. Queste procedure sono state quindi trasmesse sia al personale sanitario e alle caposala che si alternavano nei reparti, sia ai medici e agli specializzandi che seguivano direttamente la gestione dei pazienti.
Femore in 48h anche durante la pandemia
Oltre a Centro di riferimento per il trattamento dei pazienti Covid, verso la metà di marzo, il Galeazzi è stato identificato dalla Regione Lombardia e dall’Ats come uno dei due “hub” per la traumatologia minore (relativa agli arti), ovvero un centro in grado di accogliere tutta la traumatologia proveniente dalla zona metropolitana di Milano e hinterland, che non poteva essere gestita negli ospedali di riferimento.
«In una situazione in cui l’emergenza continuava a crescere e l’ospedale doveva offrire un servizio alla cittadinanza per accogliere la traumatologia minore come centro di riferimento, sono state adottate stringenti misure di prevenzione e di controllo della gestione dei pazienti in reparto, in modo da mantenere l’assenza di rischio di contagio in quei reparti» racconta il dottor Paolo Perazzo, responsabile della Terapia intensiva del Galeazzi.
«Partendo dalla nostra esperienza di trattamento della traumatologia minore – spiega il dottor Riccardo Accetta, responsabile dell’unità operativa di Traumatologia e Pronto Soccorso – il Galeazzi è stato identificato anche come hub di riferimento dell’area metropolitana di Milano, il che comportava la necessità di attrezzarci a venire incontro a un aumento importante dei pazienti della traumatologia nel nostro istituto, per poterli operare in sicurezza e in tempi brevi. Per questo ci siamo attivati in modo da garantire un triage di una giornata in cui il paziente, proveniente da altre sedi senza un tampone o direttamente dal proprio domicilio, venisse ricoverato temporaneamente in un reparto “ibrido” e sottoposto a test specifico (con esito nelle successive 6-8 ore).
Se positivo, veniva immediatamente trasferito nel reparto Covid per poi essere operato nelle due sale destinate ai soggetti contagiati; se negativo, veniva portato direttamente nei reparti di ricovero puliti o direttamente in sala operatoria, se c’era la possibilità di operarlo già in giornata. L’obiettivo che è sempre stato mantenuto in questi mesi – continua Accetta – è stato quello di operare fratture di femore entro massimo le 48 ore dall’ammissione in ospedale. Questo è un risultato molto importante raggiunto anche grazie al supporto e alla collaborazione con altre unità operative del Galeazzi che, attraverso turnazioni, hanno garantito un’attività costante e sostenuta. Tra queste Chirurga dell’Anca I (diretta dal prof. Luigi Zagra), Euorr – Équipe universitaria di ortopedia rigenerativa e ricostruttiva (diretta dal prof. Giuseppe Peretti) e Oraco – Ortopedia ricostruttiva articolare della clinica ortopedica (diretta dal dott. Michele Ulivi)».
Traumatologia durante la pandemia: gestiti quasi 400 casi
Con il tempo, i reparti Covid free sono passati da 2 a 5, sintomo del buon funzionamento organizzativo e gestionale improntato alla struttura.
«Come coordinatore dei reparti – spiega il dottor Marco Brayda-Bruno, responsabile dell’Unità di Chirurgia Vertebrale III – ho riscontrato, nel personale, una grande sinergia e un incredibile spirito di squadra. Nessuno si è mai tirato indietro, tutti si sono adoperati sempre con impegno e professionalità lodevoli al fine di mantenere in atto le disposizioni fornite dall’inizio dell’emergenza, controllando tutti i giorni la condizione dei pazienti e accertandosi che non si verificassero puntate febbrili anomale rispetto a quello che poteva essere il normale decorso clinico post-operatorio. Ciò ha consentito di monitorare tutti i singoli casi che potevano essere a rischio di contagio o potenzialmente infetti. Inoltre, abbiamo svolto un’azione costante dei tamponi oro-faringei, da sempre eseguiti dalla terza giornata post-operatoria fino alle dimissioni, effettuandoli all’incirca a intervalli di 5 giorni l’uno dall’altro, in modo che il trasferimento dei pazienti al domicilio oppure alle strutture avvenisse disponendo di un tampone recente negativo».
In questi mesi con una media di circa 6-7 interventi di traumatologia al giorno, compresi sabato e domenica, per 60 giorni, i casi di traumi degli arti operati in questa fase sono stati quasi 400. Di tutti questi pazienti, nessuno ha mai sviluppato una positività dopo il triage e dopo il ricovero. «Per noi è un grande risultato – sottolinea Brayda – perché vuol dire che ora siamo pronti e siamo in grado di gestire un reparto con queste caratteristiche, in un contesto di grande emergenza sanitaria. Nel pieno della Fase 2, dove si può pensare di ricominciare a eseguire la chirurgia elettiva, dobbiamo essere sicuri di poter garantire al paziente che giungerà da noi un ospedale pulito e sanificato, articolato da percorsi efficienti, e in grado di offrire il miglior trattamento possibile».
Anche l’ingegner Elena Bottinelli, amministratore delegato dell’Irccs Galeazzi, ha voluto sottolineare l’importanza di saper gestire anche pazienti non Covid in un periodo di emergenza come quello attuale: «Il Galeazzi è un evidente esempio di come anche un ospedale cosiddetto monospecialistico possa giocare un ruolo strategico nella rete regionale dell’emergenza Coronavirus: la creazione di team multidisciplinari con fisiatri, ortopedici, anestesisti e cardiologi ha consentito di gestire al meglio i pazienti Covid non ortopedici, mentre l’esperienza e il modello organizzativo della traumatologia ha mantenuto il livello di risposta del periodo ante Covid».
Marco Brayda-Bruno
Responsabile U.O. Chirurgia Vertebrale III
Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano (Gruppo San Donato)