
Oriano Mercante
46° CONGRESSO SIMFER_Il Piano nazionale della cronicità e il position paper della Simfer sono i documenti di riferimento per chi si occupa di riabilitazione della cronicità. Prevale il modello bio-psico-sociale orientato alla presa in carico e all’integrazione dei percorsi assistenziali
«L’attenzione alle nuove tecnologie è evidente, e direi inevitabile, nell’impostazione del congresso, ma il taglio proposto è orientato alla gestione della cronicità, vera emergenza degli anni futuri in una società che invecchia sempre più». Così Oriano Mercante, direttore della struttura complessa di medicina fisica e riabilitativa dell’Inrca (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) di Ancona, presenta il 46° Congresso nazionale della Società italiana di medicina fisica e riabilitativa (Simfer) di cui è presidente, e che si svolge nel capoluogo marchigiano dal 20 al 23 settembre.
Il congresso ha per titolo “Centralità e opportunità della riabilitazione nei sistemi sanitari” e prevede robuste sessioni sulla continuità socio-assistenziale, appropriatezza e sostenibilità in riabilitazione, che costituiranno il primo pilastro del congresso, mentre il secondo pilastro riguarderà robotica e bioingegneria.
«Se una persona con patologia cronica – continua Mercante – è per definizione una persona affetta da una malattia di lunga durata, tendenzialmente lunga quanto la vita del soggetto, è chiaro che la cronicità è destinata ad assorbire progressivamente sempre maggiori risorse economiche ma è anche l’oggetto di sempre maggiori ricerche che inevitabilmente svilupperanno, in una positiva ottimistica visione razionale, soluzioni tecnologiche sempre più avanzate ed efficaci. Accanto alla tecnologia non dimentichiamo però l’aspetto più umano della cronicità, declinato nella ricerca di soluzioni sociali per il miglioramento e ampliamento della capacità adattiva e della qualità della vita, mirando al benessere bio-psico-sociale».
Dottor Mercante, quali sono i riferimenti utili per i professionisti nella gestione delle cronicità?
La gestione della cronicità è un problema complesso che può essere affrontato solo “facendo squadra”. Per questo la Società italiana di medicina fisica e riabilitativa, a cui mi onoro di appartenere, ha approvato nel settembre del 2015 un position paper sulla riabilitazione delle persone in condizioni di cronicità e disabilità che, nella sua versione estesa, è indirizzata prevalentemente ai professionisti del settore.
La Simfer ha voluto in tal modo portare il proprio contributo di riflessione su questo tema e il documento è stato diffuso e portato all’attenzione di tutti i soggetti coinvolti in questi problemi: fruitori e fornitori dei servizi, programmatori e decisori. Ma è anche rivolto ai singoli cittadini, attraverso una versione in plain language, cioè in un linguaggio comprensibile ai non addetti ai lavori.
Come si sono attivate le autorità politico-sanitarie del nostro Paese?
Nel dibattito sempre attuale di come garantire nel nostro Paese, in situazione di risorse sempre più ridotte, i livelli essenziali di assistenza ai cittadini, non si può non considerare il tema della cronicità. Oggi le malattie croniche sono sempre più diffuse in Italia, le persone che ne sono affette sono spesso portatrici di più malattie e con diverse forme di disabilità, le loro famiglie sono in difficoltà per il carico che comportano, e i servizi sanitari sono messi alla prova perché le risposte che forniscono sono quasi sempre frammentarie e scollegate fra loro.
Si tratta di un tema rilevante per il Servizio sanitario nazionale, tanto che il Patto per la salute 2014-16 ha indicato la necessità di definire un comune disegno strategico per le politiche sanitarie nel settore, che si è sostanziato in un “Piano nazionale della cronicità” approvato come accordo tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano il 15 settembre 2016.
Questi due documenti, il position paper Simfer e il Piano nazionale della cronicità, sono i due documenti di riferimento per chiunque voglia occuparsi di riabilitazione della cronicità.
A livello internazionale, già il Global Disability Action Plan 2014-21 dell’Oms aveva sottolineato la connessione fra cronicità e disabilità affermando, tra l’altro, che ci sono nel mondo oltre un miliardo di persone con disabilità e che la prevalenza della disabilità è in aumento a causa dell’incremento globale delle condizioni di malattia cronica. Lo stesso documento indicava nei servizi e nelle attività di riabilitazione lo strumento essenziale per contrastare le conseguenze funzionali delle patologie disabilitanti ad andamento cronico.
Cosa si intende, in questo ambito, con cronicità?
La condizione di cronicità viene definita come uno stato di alterazione della salute che si protrae nel tempo, dovuta a una o più situazioni morbose. La caratteristica più frequente associata alla presenza di patologie croniche è la limitazione funzionale, che si traduce in disabilità di entità variabile. È proprio lo stretto legame fra cronicità e disabilità che fa di questo un tema centrale per la medicina fisica e riabilitativa. In questa prospettiva, la persona in condizioni di cronicità e disabilità (Ccd) si caratterizza per una particolare tipologia di bisogno, e in particolare per la necessità di interventi riabilitativi volti a favorire il recupero o il mantenimento dell’autonomia e del massimo livello di partecipazione sociale.
In questo ambito, il position paper Simfer chiarisce innanzi tutto due aspetti: il primo è che la Ccd non è condizione solo delle persone anziane. In realtà molte malattie croniche colpiscono persone in età adulta o addirittura giovani. Il secondo è che occorre superare i modelli abituali di approccio alle cronicità in cui, dato che il malato cronico è spesso affetto da più malattie disabilitanti (comorbidità interagente), si cerca di affrontarla tentando di gestire in modo separato ciascuna delle singole condizioni morbose che la determinano.
Come si possono tradurre questi principi nella pratica clinica?
Un esempio di questo tipo di approccio è quello dello sviluppo di Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (Pdta) per specifiche patologie. In quale percorso viene inserito un malato cronico complesso? In quale percorso (o percorsi) va inserita la persona che presenta limitazioni del funzionamento dovute a una patologia artrosica cronica, morbo di Parkinson, diabete, cardiopatia ischemica o broncopneumopatia cronica ostruttiva? Condizioni come queste non sono infrequenti. Come è possibile garantire l’integrazione dei diversi interventi e percorsi, e soprattutto quali sono i professionisti di riferimento per il paziente che possano dargli la percezione di una presa in carico coerente e di una relazione affidabile con la rete dei servizi?
È ragionevole pensare che la segmentazione dei percorsi assistenziali per ogni singola patologia, secondo un approccio “biologico” alla complessità, porti a una frammentazione degli interventi, se essi non vengono ricomposti in una cornice di approccio tecnico alla condizione di salute e organizzativa unitaria. Ciò non dà risposta alla persona e spreca risorse.
Qual è dunque l’approccio più indicato?
Oggi è necessario tenere conto di tutti i fattori e i determinanti di malattia, da quelli biologici a quelli funzionali, da quelli personali a quelli ambientali: tutti concorrono alla genesi dello stato di salute in Ccd. La letteratura indica come più appropriato un approccio orientato alla persona che tenga conto della complessità individuale, il modello bio-psico-sociale. Facendo riferimento a questo modello innovativo, cosiddetto comprehensive, è possibile ritarare la modalità di valutazione clinica, la risposta terapeutica e l’organizzazione dei servizi.
I principi, i modelli organizzativi e le modalità operative proprie della medicina fisica e riabilitativa sono del tutto coerenti rispetto a tali recenti prospettive e in molti casi ne hanno rappresentato un’anticipazione. In tale contesto, gli strumenti in grado di dare risposta alla cronicità-complessità-disabilità sono l’uso di indicatori clinici standardizzati per la valutazione multidimensionale e la valutazione della complessità; il Progetto riabilitativo individuale e il lavoro in team riabilitativo; i modelli organizzativi in rete di servizi di tipo dipartimentale.
Tutti i setting di cura e i livelli assistenziali e organizzativi della riabilitazione sono coinvolti nella gestione dei problemi della persona in Ccd, ma in modo particolare l’area dell’assistenza territoriale e la comunità in generale.
A conclusione del suo position paper, la Simfer sintetizza le azioni proposte per le persone in Ccd: passaggio da una logica prestazionale a una logica di presa in carico, integrazione dei percorsi ospedale-postacuzie-territorio e collegamento fra reti locali territoriali di servizi, sviluppo di modelli innovativi di gestione della disabilità in condizioni di cronicità centrati sul territorio e sull’ottimizzazione delle risorse, contributo alla formazione e addestramento del paziente e dei caregiver.
È chiaro che la gestione della cronicità deve essere una gestione socio-sanitaria, poiché questi due aspetti sono inscindibilmente connessi. Sicuramente la sempre più evidente carenza di risorse per il supporto sociale non facilità questa integrazione poiché sposta spesso verso una risposta sanitaria, con inappropriatezza dell’uso delle risorse, una quota di utenti che in realtà dovrebbe trovare risposte prevalentemente assistenziali e non prevalentemente sanitarie. Purtuttavia si fanno sempre maggiori passi avanti, almeno nelle regioni più virtuose e più ricche, di solito quelle del Centro-Nord, verso Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali e verso le dimissioni protette, cioè verso una gestione integrata del paziente in uscita dall’ambito sanitario.
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia
LA CRONICITÀ NEL MONDO_Dal punto di vista epidemiologico si stima che circa il 70-80% delle risorse sanitarie a livello mondiale sia oggi speso per la gestione delle malattie croniche; il dato diviene ancora più preoccupante alla luce delle più recenti proiezioni epidemiologiche, secondo cui nel 2020 esse rappresenteranno l’80% di tutte le patologie nel mondo.
Nella regione europea dell’Oms, malattie come lo scompenso cardiaco, l’insufficienza respiratoria, i disturbi del sonno, il diabete, l’obesità, la depressione, la demenza, l’ipertensione, colpiscono l’80% delle persone oltre i 65 anni e spesso si verificano contemporaneamente nello stesso individuo. E, entro il 2060, si prevede che il numero di europei con età superiore a 65 anni aumenti da 88 a 152 milioni, con una popolazione anziana doppia di quella sotto i 15 anni.
I dati indicano inoltre come, all’avanzare dell’età, le malattie croniche diventino la principale causa di morbilità, disabilità e mortalità, e gran parte delle cure e dell’assistenza si concentra negli ultimi anni di vita. Inoltre si è osservato che le disuguaglianze sociali sono uno dei fattori più importanti nel determinare le condizioni di salute. Tuttavia per molte di esse può essere utile un’attività di prevenzione che agisca sui fattori di rischio comuni: uso di tabacco e alcol, cattiva alimentazione e inattività fisica.
La cronicità, infine, è associata al declino di aspetti della vita come l’autonomia, la mobilità, la capacità funzionale e la vita di relazione con conseguente aumento di stress psicologico, ospedalizzazioni, uso di risorse (sanitarie, sociali, assistenziali) e mortalità. Secondo dati Istat, due milioni 600 mila persone vivono in condizione di disabilità in Italia (4,8 % della popolazione totale, 44,5 % nella fascia di età superiore a 80 anni) e ciò testimonia una trasformazione radicale nell’epidemiologia del nostro Paese.