Facendo seguito al trend globale di continua espansione della chirurgia protesica, si moltiplicano gli studi volti a delineare il profilo di sicurezza ed efficacia delle diverse tecniche e scelte operative, sui due fronti sia della chirurgia primaria che di quella di revisione.
Così come le artroplastiche primarie, sono infatti in progressivo aumento anche gli interventi di revisione e di ri-revisione degli impianti protesici, sui cui esiti, tuttavia, la letteratura è ancora piuttosto limitata.
Tra i pochi lavori di un certo rilievo finora pubblicati vi è uno studio osservazionale norvegese che ha preso in esame 1.016 revisioni di protesi di ginocchio per causa asettica, valutandone i risultati in termini di tasso di sopravvivenza degli impianti e rischio relativo di ri-revisione per le varie cause di fallimento.
Il campione degli interventi di revisione è stato selezionato dagli autori a partire dai 41.499 casi di artroplastica totale di ginocchio protocollati nel registro nazionale dedicato (Norwegian Arthroplasty Register) tra il 1994 e il 2011.
Al fine di fornire un quadro esaustivo dei corrispondenti esiti, gli interventi di revisione sono stati raggruppati con rispetto alla modalità operativa in tre diverse tipologie a seconda che avessero comportato la sostituzione dell’intera protesi, di una sola delle due componenti articolari (femorale o tibiale) oppure del solo inserto tibiale, mentre le ri-revisioni conseguite sono state classificate in 14 categorie eziologiche, cioè in base ai motivi che le hanno rese necessarie.
Complessivamente, i tassi cumulativi di sopravvivenza degli impianti revisionati sono stati dell’85% a 5 anni, del 78% a 10 anni e del 71% a 15 anni, con outcome migliori per le revisioni totali rispetto a quelle parziali (risultate 1,7 volte più a rischio), ma senza differenze significative per i diversi metodi di fissaggio delle componenti protesiche (cementato, non cementato, ibrido) né per la marca degli impianti utilizzati.
Riguardo alle cause dei casi di fallimento delle revisioni (145 su 1.016), che hanno quindi richiesto interventi di ri-revisione, le principali sono state le infezioni profonde (nel 28% dei casi), l’instabilità (26%), la mobilizzazione della componente tibiale (17%), la sintomatologia dolorosa al netto dell’obiettività clinica (10%) e la mobilizzazione della componente femorale (9%).
Tra i fattori di rischio individuali indipendenti figurano anche in questo studio, come già riscontrato in altri, il sesso e l’età dei pazienti, con gli uomini e i più giovani ( A commento dei risultati ottenuti, i ricercatori norvegesi invitano comunque a tenere conto del fatto che, data la natura dei dati disponibili nel registro, dalla loro analisi possono essere rimasti esclusi casi di artroplastiche primarie/revisioni con esiti soggettivi o oggettivi non soddisfacenti, che però, per vari motivi (età dei pazienti, comorbidità, ecc), non sono stati sottoposti a revisione/ri-revisione, sottolineando quindi la necessità di approfondire l’argomento con ulteriori studi.
Monica Oldani
Giornalista Tabloid di Ortopedia