V. di sesso maschile, nasce a 23+2 settimane di età gestazionale da parto vaginale spontaneo, da madre nullipara eptigravida (7 aborti), da gravidanza insorta spontaneamente, ovulazione indotta, normodecorsa. Test combinato durante la gravidanza nella norma. Parametri alla nascita: peso 730 gr (>97°ct), lunghezza 34 cm (>97° ct), COF 23,5 cm (97°ct). Apgar 1’=1, 5’=7. Alla nascita, per importante depressione cardio-respiratoria, veniva effettuato supporto ventilatorio invasivo in intubazione endotracheale.
Il bambino, che presenta per la sua prematurità il rischio di osteopenia tipica del suo stato, viene trasferito ad altro ospedale per la diagnosi di una problematica oculare (retinopatia); ivi, al quarto mese di vita, viene riscontrata ipomobilità dell’arto inferiore destro e fatta diagnosi di frattura medio-diafisaria del femore destro. Come da indicazione specialistica ortopedica, veniva effettuato intervento chirurgico con successivo posizionamento di divaricatore di Pavlick, rimosso poi dopo un mese, in seguito a radiografia di controllo che mostrava buoni processi riparativi dell’osso con buona formazione di callo osseo, senza difetti di rotazione, né dolorabilità, né limitazioni funzionali all’arto.
V. è tutt’ora seguito in follow-up neuroevolutivo in relazione alla grave prematurità e ad alcuni esiti ad essa annessi: alle visite periodiche eseguite in team multidisciplinare dal neonatologo, dal neurofisiatra e dal fisioterapista, pur nel contesto di esiti neurologici da sofferenza del sistema nervoso centrale in prematuro, non si è evidenziata alcuna problematica all’arto inferiore di destra.
All’ultima valutazione a novembre 2019, V. in particolare ha acquisito la capacità di alzarsi da solo aggrappandosi agli oggetti, mostra una buona tolleranza al carico sugli arti inferiori e non si evidenziano esiti motori riconducibili alla pregressa frattura. Anche il follow-up strumentale radiologico (comprensivo, tra l’altro, di ecografia anche e radiografia di bacino) ha confermato, oltre al già noto consolidamento della pregressa frattura, la normoconformazione del nucleo di accrescimento della testa femorale.
Una gestione ortopedica complessa
Dal punto di vista neonatologico, bisogna tener presente due fattori.
Il primo è l’estrema fragilità e anche l’estrema elasticità delle giunture e delle ossa ancora non sviluppate del neonato. Vale la pena di ricordare che molti neonati soffrono di osteopenia, in particolare quelli nati prematuramente, con un quadro simile all’osteoporosi.
Il secondo punto è l’attenzione che il personale deve costantemente tenere verso il piccolo paziente, e che talvolta viene riportata essere sub-ottimale; come è intuibile, è difficile calibrare le manovre di spostamento dei capi articolari durante procedure invasive quali ad esempio un intervento chirurgico o l’inserimento di un catetere venoso. Vista l’esigua dimensione delle parti da operare, il medico o l’infermiere sarà a rischio di spostarle troppo vigorosamente, potendo determinare lussazioni o fratture macroscopiche o microscopiche. Questo problema è accentuato dal fatto che il piccolo paziente non ha la forza e la modalità di esprimere il proprio dolore se sveglio o sotto analgesici o anestetizzato, e che viene riportata in letteratura la necessità di un continuo training del personale per non stressare troppo ossa o articolazioni durante le procedure invasive o assistenziali.
_____________________________________________________________________________
CONSIDERAZIONI MEDICO-LEGALI
Osteopenia della prematurità come causa della frattura: esclusa la responsabilità professionale
L’esame del caso non evidenzia elementi di responsabilità professionale in quanto, dato il riscontro oltre il quarto mese di vita, è escludibile una correlazione con le manovre ostetriche avvenute durante il parto. Si tratta, infatti, di una frattura medio-diafisaria del femore destro insorta circa al quarto mese di vita, verosimilmente in maniera “spontanea” o comunque per traumatismo minimo in un neonato prematuro (nato a 23+2 settimane gestazionali), affetto da grave osteopenia della prematurità. L’epoca della frattura può essere stimata valutando gli esami radiografici effettuati al momento della diagnosi.
Dato il quadro patologico di base, che giustifica ampiamente la genesi della lesione, e l’assenza di elementi d’allarme all’anamnesi (piccolo accudito dai genitori e regolarmente seguito presso la clinica universitaria) e all’esame obiettivo effettuato al momento della diagnosi della frattura (negativo per ulteriori fratture, contusioni o stato di incuria), può essere esclusa la possibilità di violenza domestica.
La frattura è stata prontamente riconosciuta e adeguatamente trattata, consentendo il consolidamento della stessa, il corretto accrescimento della testa del femore e in definitiva il pieno recupero funzionale.
Le fratture neonatali sono eventi piuttosto rari, che nella maggior parte dei casi insorgono in neonati con deficit neuro-osteo-muscolari e/o a seguito di manovre ostetriche forzate messe in atto durante parti “difficili”.
Da un punto di vista medico-legale risulta innanzitutto fondamentale individuare la causa e la modalità di produzione della frattura, valutando nel caso specifico la presenza di concause alla genesi della lesione. Spesso la diagnosi viene posta a distanza di qualche giorno dalla nascita e quindi dovrà anzitutto essere indagata la presenza di condizioni patologiche nel neonato (ad esempio neonato prematuro osteopenico, patologie neuromuscolari genetiche ecc.). Tramite accurata anamnesi familiare e approfondimenti specialistici mirati, potrà essere presa in considerazione l’eventualità di un danno causato da terzi. Si dovrà quindi valutare sia la possibilità di un danno iatrogeno realizzatosi durante il parto, sia l’eventualità di abusi subiti dal neonato nei primi giorni di vita.
_____________________________________________________________________________
APPROFONDIMENTO DIDATTICO
Le fratture neonatali: diagnosi difficile e spesso tardiva
Le fratture alla nascita non sono comuni: si verificano in meno dell’1% dei neonati vivi a termine. Rappresentano però la terza causa maggiore di non movimento di un arto (1, 2).
Le sedi principali di fratture neonatali sono rispettivamente la clavicola, l’omero e il femore.
In generale, all’esame obiettivo si evidenziano di solito tumefazione locale, dolorabilità alla palpazione e alla mobilizzazione dell’arto coinvolto. La diagnosi però non è sempre immediata, perché le fisi lunghe e l’incompleta ossificazione delle epifisi possono rendere difficoltosa la visualizzazione della frattura a questi livelli (2).
La radiografia generalmente conferma la diagnosi delle fratture che non interessano le fisi. Il callo osseo spesso è visibile già alla diagnosi della frattura. È dimostrato come la calcificazione intorno al sito di frattura fornisca una stima utile dell’età della frattura; in particolare Cumming dimostrava come la calcificazione poteva essere vista già 7 giorni dopo la nascita ed era assente fino a 11 giorni dopo la nascita. Pertanto la frattura in un sito insolito o l’assenza di calcificazione dopo 11 giorni dovrebbe avvisare il radiologo della possibilità di abuso post-natale (3).
Inoltre la maggior parte di tali fratture si verificano in neonati con problemi neuromuscolari.
Quando la radiografia è normale, l’ecografia si rivela estremamente utile per dimostrare fratture occulte, soprattutto quelle a livello dell’omero prossimale. L’ecografia, inoltre, può evidenziare versamento articolare o sub-periostale, segno di infezione.
Le fratture neonatali in genere guariscono rapidamente, molte di queste richiedono immobilizzazione per soli 7-10 giorni. La prognosi nel complesso è benigna. Sono infatti rare, dopo un trattamento adeguato, complicanze come la discrepanza di lunghezza tra gli arti o la deformità angolare (2).
Fattori di rischio
Tra i fattori di rischio coinvolti appare sicuramente il parto difficile/distocico. È noto come un parto difficile, che richiede cioè una notevole trazione con manovre ostetriche forzate, possa provocare fratture neonatali, lesioni dei tessuti molli e relative complicanze neonatali.
Uno dei fattori più coinvolti nel parto distocico è la presentazione podalica e storicamente la maggior parte delle fratture delle ossa lunghe è stata attribuita alle manovre di estrazione podalica al momento del parto vaginale (circa il 75%). È stato però dimostrato che il taglio cesareo riduce questa incidenza quasi a zero (4), soprattutto se elettivo (5, 6). Cambiano infatti i dati in letteratura se si considera il parto cesareo urgente: questo comporta un maggior rischio di frattura di ossa lunghe rispetto al parto vaginale (7).
Altro fattore di rischio è la manipolazione del neonato fatta senza tenere conto della necessità di non sottoporre articolazioni e ossa a un carico eccessivo.
Possibile causa di frattura di osso può essere la presenza di tumori ossei o di osteomieliti che, indebolendo la struttura dell’osso, possono renderlo particolarmente fragile e a rischio di fratture per manovre non eccessivamente gravose.
I neonati prematuri sono più esposti al rischio di frattura ossea se confrontati con i neonati a termine, per una serie di ragioni direttamente o indirettamente connesse con la prematurità (8). In letteratura l’incidenza delle fratture nei prematuri varia da 1,2% a 10,5%, con un aumento considerevole nei prematuri con basso peso alla nascita (9).
Frattura di femore
L’incidenza delle fratture del femore alla nascita varia tra 0,12 e 0,18 per 1.000 nati vivi (4, 10) e sono prevalentemente la conseguenza di un parto podalico. Neonati con ipotonia congenita sono ad aumentato rischio.
L’esame obiettivo di solito rivela una evidente deformità della coscia. Tuttavia, spesso, il gonfiore dei tessuti molli, la rigidità articolare, la diminuzione dei movimenti, la dolorabilità focale e l’irritabilità compaiono più tardi e possono spiegare il ritardo nella diagnosi: Morris et al. hanno infatti riscontrato che il tempo trascorso dal parto alla diagnosi delle fratture del femore è stato in media di 6,3 giorni (4). La diagnosi è confermata alla radiografia. La prognosi è in genere buona; infatti, in questa età, la frattura ha una rapida guarigione, con un tempo medio di circa 30 giorni senza complicanze importanti a lungo termine, né accorciamento degli arti.
I più comuni metodi di trattamento descritti in letteratura nei neonati e nei bambini sotto i due anni sono: splint posteriore, cast in flessione e abduzione (spica cast), gallows traction, Bryant traction, imbracatura Pavlik (7). I vantaggi dell’imbracatura di Pavlik confrontati con i tradizionali spica cast includono la facile applicazione, senza necessità di anestesia generale, efficiente riduzione della frattura, facilitazione della normale cura del neonato (2).
Il distacco epifisario femorale può essere erroneamente interpretato come l’evoluzione della displasia dell’anca, perché l’epifisi non è ossificata alla nascita. Il dolore e la tumefazione alla palpazione sono più frequenti con il distacco epifisario che con la dislocazione. La diagnosi è confermata dall’ecografia. La terapia include l’immobilizzazione degli arti da 10 a 14 giorni e la somministrazione di analgesici per il dolore.
Bibliografia
1. Dolivet E, Delesalle C, Morello R, et al. A case-control study about foetal trauma during caesarean delivery. J Gynecol Obstet Hum Reprod. 2018;47(7):325-329.
2. Sankar WN, Weiss J, Skaggs DL. Orthopaedic conditions in the newborn. J Am Acad Orthop Surg. 2009;17(2):112-122.
3. Cumming WA. Neonatal skeletal fractures. Birth trauma or child abuse?. J Can Assoc Radiol. 1979;30(1):30-33.
4. Morris S, Cassidy N, Stephens M, McCormack D, McManus F. Birth-associated femoral fractures: incidence and outcome. J Pediatr Orthop. 2002;22(1):27-30.
5. Cunningham F, Leveno K, Bloom S, Hauth J, Rouse D, Spong C. Williams Obstetrics. 23rd ed. New York, NY: McGraw Hill Professional; 2009.
6. Kotaska A, Menticoglou S, Gagnon R, et al. SOGC clinical practice guideline: Vaginal delivery of breech presentation: no. 226, June 2009. Int J Gynaecol Obstet. 2009;107(2):169-176.
7. Basha A, Amarin Z, Abu-Hassan F. Birth-associated long-bone fractures. Int J Gynaecol Obstet. 2013;123(2):127-130.
8. Carroll DM, Doria AS, Paul BS. Clinical-radiological features of fractures in premature infants–a review. J Perinat Med. 2007;35(5):366-375.
9. Awari BH, Al-Habdan I, Sadat-Ali M, Al-Mulhim A. Birth associated trauma. Saudi Med J. 2003;24(6):672-674.
10. Cheng JC, Ng BK, Ying SY, Lam PK. A 10-year study of the changes in the pattern and treatment of 6,493 fractures. J Pediatr Orthop. 1999;19(3):344-350.
Autori
Fabio Maria Donelli
Ortopedico e medico legale, Prof. a.c. presso la scuola di specializzazione in Ortopedia e Traumatologia dell’Università di Pisa
Mario Gabbrielli
Professore ordinario di medicina legale all’Università di Siena
Tommaso Candelori
Medicina legale, Università di Siena
Ilenia Fontanarosa
Medico specializzando in pediatria e neonatologia
all’Università di Siena, Ospedale Policlinico Le Scotte
Simone Ajello
Medico specializzando in pediatria e neonatologia
all’Università di Siena, Ospedale Policlinico Le Scotte
Giuseppe Buonocore
Responsabile UOC Terapia Intensiva Pediatrica Azienda Ospedaliera Universitaria Senese
Carlo Valerio Bellieni
Dirigente Medico UOC Terapia Intensiva Pediatrica Azienda Ospedaliera Universitaria Senese