Un settore dell’industria dei dispositivi indossabili avanzati si rivolge in particolare agli sportivi che esercitano sollecitazioni potenzialmente dannose all’organismo, come podisti, calciatori e giocatori di basket che sottopongono a carichi ripetitivi lo scheletro degli arti inferiori. Uno degli obiettivi è la prevenzione delle fratture da stress, che si manifestano con dolore persistente al piede o alla gamba che si può accompagnare a gonfiore e diventa sempre più intenso. Secondo uno studio comparso su Plos One, però, i dispositivi indossabili presenti sul mercato che si propongono di prevenire questi traumi misurano le forze sbagliate e sono quindi sostanzialmente inutili.
Lavorando in piccolo club di corsa e come consulente di associazioni sportive, Karl Zelik, professore di Ingegneria meccanica alla Vanderbilt University di Nashville, in Texas, ha scoperto che i sensori di questi dispositivi misurano soltanto l’impatto del piede sul terreno, ma la sua ricerca mostra che la maggior parte della forza esercitata sull’osso deriva invece dalla contrazione muscolare, fattore ampiamente trascurato dall’industria dei dispositivi indossabili e da molti studi scientifici. «Abbiamo esaminato la recente letteratura scientifica – ha dichiarato Zelik – e abbiamo scoperto che più di 50 studi vengono condotti ogni anno sulla base dell’assunto errato che la forza di reazione al suolo sia rappresentativa del carico esercitato sulle ossa e sui muscoli; misurare la forza di reazione a terra può essere comodo, ma dà un segnale fuorviante».
Il suo team ha analizzato la corsa di dieci atleti rilevando le forze esercitate sull’osso a seconda della velocità e dei diversi tipi di terreno. «Abbiamo utilizzato telecamere con sensore di movimento ad alta velocità che ci hanno permesso di rilevare il movimento dei corridori – ha spiegato Emily Matijevich, ingegnere meccanico che sta svolgendo il suo dottorato nel laboratorio di Zelik – e speciali tapis roulant in grado di registrare la forza di reazione al suolo sotto i loro piedi. Abbiamo quindi combinato questi segnali utilizzando algoritmi, realizzati sulla base delle nostre conoscenze di biomeccanica, per stimare la forza di compressione a cui è sottoposto l’osso della tibia. Abbiamo così scoperto che le forze di reazione al terreno non erano fortemente correlate con il carico osseo tibiale. Anzi, in diversi casi forze inferiori di reazione al suolo hanno comportato un maggiore stress osseo, un risultato opposto a ciò che la maggior parte degli atleti crede e all’idea che sta alla base del funzionamento della maggior parte dei dispositivi indossabili esistenti».
Gli autori stanno ora esplorando la possibilità di monitorare lo stress osseo in maniera diversa e non invasiva e di recente hanno presentato una domanda di brevetto per un sistema che fonde i dati di più sensori per stimare il carico sulla tibia esercitato sia dalle contrazioni muscolari che dalle forze di reazione al terreno. Ora stanno cercando partner commerciali per sviluppare questa nuova tecnologia indossabile ed esplorare applicazioni utili per chi pratica jogging a livello amatoriale e anche per gli atleti agonisti.
Renato Torlaschi