Le fratture scomposte del collo del femore (Fscf) sono comuni in traumatologia e sono in continuo aumento. In Italia questo fenomeno è particolarmente marcato data l’alta aspettativa di vita e il generale invecchiamento della popolazione. Gli over 65 rappresentano infatti quasi il 23% della popolazione, mentre i grandi anziani (età maggiore di 85 anni) hanno ormai superato i 2,2 milioni (1) e raggiungeranno il 12% della popolazione entro il 2050 (2). Questi eventi traumatici, solitamente a seguito di cadute o traumi a bassa energia, riguardano nell’85% dei casi pazienti con età superiore a 75 anni (2) e si calcola che in Italia l’incidenza delle fratture prossimali del femore ogni 100.000 abitanti sia annualmente sopra i 300 casi nelle donne e oltre i 150 casi negli uomini (3).
Verso la doppia mobilità
Questo crescente numero di persone anziane però gode mediamente di uno stato generale di salute migliore, ed ha aspettative funzionali più alte rispetto al passato. Ciò rende il classico trattamento chirurgico delle Fscf con endoprotesi monopolari o bipolari sempre meno adeguato (4).
Per questi casi la tendenza è sempre di più quella di utilizzare coppe a doppia mobilità al posto della tradizionale endoprotesi. Il sistema acetabolare a doppia mobilità ha anche il vantaggio di ridurre di molto l’elevato rischio di lussazione post-operatoria che si riscontra in questo tipo di pazienti (5).
La doppia mobilità si è peraltro dimostrata sicura anche quando impiantata su pazienti con esiti di Fscf affetti da problemi neurologici o demenza (6). Nel nostro Centro abbiamo per questo da tempo esteso l’utilizzo della doppia mobilità a un gran numero di pazienti con esiti di Fscf.
Una delle problematiche relative al trattamento di pazienti di questo genere, ancorché relativamente attivi, è il doversi interfacciare con una scarsa qualità dell’osso. Le coppe a doppia mobilità non permettono, come avviene invece nel caso degli impianti acetabolari “standard”, l’utilizzo di viti per migliorare la fissazione primaria dell’impianto. Questo potrebbe rappresentare un fattore limitante all’estensione delle indicazioni per l’utilizzo di questo sistema anche alle gravi osteoporosi, molto comuni in questa categoria di pazienti.
La soluzione arriva dalla stampa 3D
Questa problematica può essere superata utilizzando coppe a doppia mobilità prodotte con tecnologia additiva. La stampa 3D permette infatti la realizzazione di superfici monolitiche, cioè costruite assieme al loro substrato, con porosità interconnessa e dotate di altissima rugosità, altrimenti impossibili da ottenere. Ciò permette di massimizzare la stabilità primaria dell’impianto anche in presenza di osso con pessime caratteristiche meccaniche. La completa interconnessione della porosità facilita inoltre l’integrazione ossea e la successiva stabilità secondaria dell’impianto.
Il primo impianto di questo tipo realizzato con stampa 3D in lega di CoCrMo è stato la coppa Fixa Duplex (Adler Ortho), da noi adottata pochi anni fa. Fra giugno 2017 e marzo 2021 sono stati ammessi al nostro reparto 577 pazienti con esiti di frattura prossimale del femore. In poco più della metà di questi pazienti, esistendo l’indicazione, abbiamo eseguito un’osteosintesi, mentre in 112 casi si è proceduto al rimpiazzo articolare con coppa a doppia mobilità Fixa Duplex e stelo femorale non cementato. L’età media di questo gruppo di pazienti era di 82 anni (min 75, max 92). La maggior parte di questi pazienti (65%) erano donne. 11 pazienti sono stati persi al follow-up, mentre i restanti 101 sono stati rivisti a un minimo follow-up di un anno.
Seguendo le linee guida Siot (7) abbiamo operato questi pazienti in media 45,1±19,4 ore dopo il trauma. Il tempo chirurgico medio è stato di 49,1±12,2 minuti, con una successiva durata media di ospedalizzazione di 11 giorni. Le complicanze post-chirurgiche riscontrate sono state: anenimizzazione in 24 casi; 2 casi di lussazione che hanno richiesto riduzione chirurgica; un caso di frattura periprotesica tipo Vancouver B2 post-traumatica a 30 giorni dall’impianto che ha richiesto il reimpianto dello stelo femorale. Non si è osservato alcun caso di infezione.
A un anno di follow-up 20 pazienti (20%) risultavano deceduti per motivi non legati all’impianto. Per tutti i restanti 81 pazienti è stato calcolato il Parker mobility score pre-operatorio e a un anno di follow-up, oltre allo score di Harris, sono state analizzate le radiografie a 1, 6 e 12 mesi cercando di valutare evidenze qualitative di integrazione ossea secondo i criteri di Engh (8).
L’Harris Hip Score a un anno è stato in media di 83,5±7,4, mentre il Parker score a un anno è stato di 5,3±2,5, molto vicino a quello precedente al trauma che era di 5,7±2,2. Si può quindi affermare che questo gruppo di pazienti non solo ha raggiunto una buona funzionalità dell’articolazione operata, ma ha anche recuperato lo stesso grado di mobilità pre-trauma.
In nessun caso si sono riscontrati segni di mobilizzazione asettica della coppa e tutte le radiografie a un anno mostravano avere almeno uno dei segni di osteointegrazione indicati da Engh.
In conclusione possiamo dire che, nella nostra esperienza, l’utilizzo della doppia mobilità in generale e in particolare della coppa stampata 3D Fixa Duplex ha dato risultati incoraggianti, anche in presenza di osso osteoporotico con scarse qualità meccaniche. Questa metodica permette una rapida e soddisfacente ripresa funzionale, limitando grandemente il rischio di lussazione.
Autori:
Danilo Chirillo (direttore), Glauco Loddo, Federico Bertolo, Roberta La China, Enrico Raspino
Struttura complessa di Ortopedia e traumatologia, Ospedale Santo Spirito, Casale Monferrato
Bibliografia
1. Istat. Annuario Statistico Italiano 2019.
2. Aging Clin Exp Res. 2020 Dec;32(12):2587-2593.
3. Osteoporos Int. 2012, 23:2239–2256.
4. Ann Med Surg (Lond). 2019 Jul 13;45:62-65.
5. J Am Acad Orthop Surg 2021;29:e618-e627.
6. Iorio R et al. Sicot-J 2019, 5, 38.
7. Siot. Linee guida fratture di femore 2021.
8. Clin Orthop Relat Res. 2006 Mar;444:176-83.