Le patologie del rachide sono in aumento tra la popolazione anche per via di stili di vita sedentari. Al congresso Sicv&Gis si farà il punto sui principali interventi di chirurgia spinale con un doppio approccio: ortopedico e neurochirurgico
Il Palazzo dei Congressi di Firenze ospita da giovedì 5 a sabato 7 maggio il XXXIX congresso nazionale della Società italiana di chirurgia vertebrale (Sicv) e Gruppo italiano scoliosi (Gis) (per informazioni: www.sicvgis.it). Per la prima volta il congresso ha due presidenti, uno di estrazione neurochirurgica (Giancarlo Guizzardi) e l’altro di estrazione ortopedica (Giuseppe Calvosa). La presidenza onoraria è affidata al professor Alessandro Faldini, uno dei soci fondatori e promotori della società scientifica a Pisa nel 1977.
La tre giorni congressuale, caratterizzata da un ampio numero di relazioni che affronteranno a 360° le tematiche connesse alla chirurgia vertebrale, si aprirà con una tavola rotonda dedicata ai problemi medico legali che interessano la specialità. Ampio spazio sarà riservato alla discussione dei casi clinici a cui parteciperanno attivamente alcuni importanti chirurghi spinali europei. Si dibatterà, poi, a proposito dell’innovazione tecnologica in chirurgia vertebrale nel nostro Paese, la cui diffusione a livello regionale si presenta a macchia di leopardo.
Tabloid di Ortopedia ha raccolto i pareri dei due presidenti del congresso su alcuni temi clinici di attualità. Giuseppe Calvosa, direttore dell’unità operativa di ortopedia degli Spedali Riuniti Santa Maria Maddalena di Volterra, e Giancarlo Guizzardi, neurochirurgo presso l’azienda ospedaliero-universitaria Careggi di Firenze, ci hanno risposto alle stesse domande, seguendo ognuno la peculiare sensibilità del diverso percorso professionale.

Giancarlo Guizzardi
IL NEUROCHIRURGO
Dottor Guizzardi, tra aspettative e fallimenti cosa è cambiato negli ultimi anni a proposito degli approcci terapeutici in chirurgia spinale? Quali sono i moderni orientamenti?
La chirurgia spinale, sempre tenendo in considerazione le corrette indicazioni, si sta muovendo laddove possibile verso una chirurgia mininvasiva, rispettosa delle strutture muscolari e spesso della giovane età dei pazienti e soprattutto del loro futuro. Chirurgia mininvasiva però non deve essere confusa con una piccola incisione cutanea, ma con una chirurgia che con il minor costo possibile, non dal punto di vista economico, ma per quello del paziente, risolva il suo problema. Ben vengano pertanto le nuove tecnologie, non per moda, ma per aiutare il chirurgo a ottenere i migliori risultati possibili con il minor trauma per il paziente.
Ernia discale lombare recidiva: è sempre necessaria l’artrodesi? È dimostrabile inoltre una correlazione tra timing del trattamento e outcome clinico?
Personalmente non ritengo necessaria l’artrodesi nel trattamento di una recidiva di ernia discale lombare. L’artrodesi è a mio avviso indispensabile in tali circostanze solo quando vi sia una chiara instabilità che sicuramente aumenta la percentuale di nuovi problemi.
A proposito di correlazione temporale penso che questa debba essere considerata tra l’età del paziente e il suo outcome. Infatti un paziente operato per un’ernia del disco a 25 anni è un paziente in cui i processi degenerativi della colonna sono insorti più precocemente rispetto a un paziente operato a 50 anni. Pertanto in questa situazione vi è sicuramente una evolutività delle problematiche più rapida che determina un peggioramento dell’outcome.
A proposito della neuronavigazione spinale e dei relativi limiti nella stabilizzazione della colonna dorsale alta in pazienti con deformità traumatica, oncologica e malformativa, qual è il suo parere?
Ritengo che l’unico limite a volte sia solo quello temporale nella patologia traumatica, qualora si necessiti di un intervento in urgenza. In tutti gli altri casi la programmazione chirurgica permette un buon uso di questi sistemi.
Quali raccomandazioni si sente di rivolgere ai giovani professionisti che si apprestano a cimentarsi con la chirurgia vertebrale?
Ebbene, questo congresso lo abbiamo costruito cercando di coinvolgerli il più possibile, rendendoli partecipi delle nostre consapevolezze. Un solo piccolo consiglio mi sento di dare ai giovani professionisti: non mettete mai la tecnologia al primo posto, poiché questo spetta sempre alla persona che vi sta davanti; ascoltate approfonditamente i suoi problemi e valutate bene prima di prendere qualsiasi decisione sul trattamento da eseguire. Infine pensate sempre se fareste su di voi quello che proponete al paziente.
Per concludere mi piace ricordare una frase che uno dei più grandi neurochirurghi della storia, il professor Yasargil, che fra l’altro ha descritto per primo insieme al dottor Caspar la tecnica microchirurgica per il trattamento dell’ernia discale lombare: «Per un chirurgo è molto più facile dire ad un paziente ti opero che non prospettare un atteggiamento al momento conservativo».

Giuseppe Calvosa
L’ORTOPEDICO
Dottor Calvosa, tra aspettative e fallimenti cosa è cambiato negli ultimi anni a proposito degli approcci terapeutici in chirurgia spinale? Quali sono i moderni orientamenti?
Le aspettative di questa chirurgia sono sempre maggiori sia per la richiesta dei pazienti, sia per la scarsa attenzione da parte di noi chirurghi nel presentare l’intervento senza far nascere aspettative eccessive nei risultati. Oggi i moderni approcci alla chirurgia vertebrale prevedono un bisogno sempre maggiore di mininvasività e con interventi minimali o addirittura percutanei risulta complesso ottenere risultati ottimali e duraturi.
Ernia discale lombare recidiva: è sempre necessaria l’artrodesi? È dimostrabile inoltre una correlazione tra timing del trattamento e outcome clinico?
Personalmente quando si parla di recidiva, e quindi di insuccesso di una prima chirurgia, per ernia del disco preferisco l’artrodesi con stabilizzazione attraverso viti. Una soluzione, però, non sempre necessaria. Ma il trattamento, va ribadito, si decide sempre con il paziente, il quale deve dare un consenso informato e dunque ogni caso fa storia a sé. Certamente intervenire prima dà, in ogni caso, una chance migliore al paziente e al chirurgo: le ernie trascurate che diventano spondilo artrosi e stenosi sono più difficili da operare e il risultato sul dolore radicolare, anche per la presenza di tessuto cicatriziale, non è sempre ottimale.
A proposito della neuronavigazione spinale e dei relativi limiti nella stabilizzazione della colonna dorsale alta in pazienti con deformità traumatica, oncologica e malformativa, qual è il suo parere?
La neuronavigazione vertebrale ha una indicazione elettiva per i casi più difficili, a partire da deformità congenite come la scoliosi, per i traumi vertebrali e del distretto dorsale, oltre che per i tumori.
Personalmente ne ho potuto constatare l’assoluta validità in termini di stabilizzazione e decompressione neurologica nei reinterventi, in cui le alterazioni dell’anatomia e le grandi aree di cicatrizzazione e di artrodesi vengono facilmente smascherate da questa nuova tecnologia, e di conseguenza gestite più facilmente.
Quali raccomandazioni si sente di rivolgere ai giovani professionisti che si apprestano a cimentarsi con la chirurgia vertebrale?
Di avere l’umiltà nell’ascoltare, di osservare con attenzione, di imparare e confrontarsi, di non ragionare per preconcetti ma di aprirsi al nuovo sempre, anche se criticamente. Nella consapevolezza delle enormi possibilità di sviluppo che interesseranno la chirurgia vertebrale, grazie alle nuove tecnologie e alla ricerca continua.
Vincenzo Marra
Giornalista Tabloid di Ortopedia