Ad altissima prevalenza tra gli atleti e soprattutto tra le donne, le lesioni del legamento crociato anteriore (Lca) restano ancora, dal punto di vista epidemiologico, un enigma.
L’eziologia è sicuramente multifattoriale e riconosce anche una serie di cause estrinseche, legate alle caratteristiche dello sport praticato, all’adeguatezza dell’attrezzatura, ai traumi da impatto e via dicendo. Ma alcuni elementi, e in particolare la discrepanza tra i due sessi, con le donne da due a cinque volte più a rischio degli uomini, obbligano a spostare il focus sui fattori individuali che possono essere alla base di un’instabilità intrinseca dell’articolazione.
In successivi studi diverse variabili anatomiche e biomeccaniche sono state di volta in volta candidate quali potenziali fattori di rischio, concentrando l’attenzione soprattutto sulle caratteristiche dei rapporti femoro-tibiali.
In questo filone di ricerca si colloca anche il lavoro condotto dai ricercatori del dipartimento di ortopedia e medicina dello sport dell’Università di Washington: una valutazione quali-quantitativa della geometria del comparto articolare laterale in 112 atleti con lesione del Lca e 61 controlli omogenei per tipologia di attività, effettuata tramite misurazione sul piano sagittale in immagini Mri T2/DP pesate dei raggi di curvatura del piatto tibiale e della superficie condiloidea femorale e delle lunghezze antero-posteriori massime delle due superfici articolari.
I risultati dello studio depongono a favore di una configurazione geometrica “a rischio” per la rottura del crociato anteriore caratterizzata da una lunghezza del piatto tibiale ridotta in relazione alla superficie del condilo femorale e da un’accentuata convessità di entrambe le facce articolari, che sarebbe all’origine dell’instabilità dell’articolazione rispetto ai movimenti di traslazione anteriore e di rotazione della tibia, considerata responsabile della rottura non traumatica del legamento.
Nel campione studiato tale configurazione anatomica è risultata prevalente negli atleti del gruppo con lesione del Lca e nelle atlete di entrambi i gruppi. A dimostrazione, secondo gli autori, che potrebbe trattarsi di un fattore predisponente di rilievo, in grado di spiegare da un lato la maggiore incidenza complessiva della rottura del Lca nel sesso femminile e dall’altro l’annullamento di tale differenza di genere che è stato osservato in alcuni follow up post-ricostruzione rispetto alle lesioni a carico dell’innesto.
Wahl CJ, Westermann RW, Blaisdell GY, Cizik AM. An association of lateral knee sagittal anatomic factors with non-contact ACL injury: sex or geometry? J Bone Joint Surg Am 2012;94:217-26.