
Giacomo Zanon
Le letteratura non fornisce indicazioni precise sulla scelta tra osteotomia e protesi e anche la scelta del tipo di osteotomia è fondamentale: in entrambi i casi dipende sempre dalle caratteristiche del ginocchio, dalla deformità e dal paziente
L’appuntamento per i chirurghi che si vogliono aggiornare sulle osteotomie di ginocchio è a Pavia, venerdì 15 settembre, con un corso teorico-pratico targato Sigascot.
«Sarà un corso molto pratico» ci ha detto il presidente del corso Giacomo Zanon, responsabile dell’Unità semplice di traumatologia dello sport del Policlinico San Matteo di Pavia. Presidente del comitato Sport di Sigascot, Zanon ha sviluppato negli anni una particolare esperienza nella medicina dello sport, in cui l’osteotomia ha un ruolo di rilievo, ed è stato consulente ortopedico delle squadre di calcio di Piacenza e Genoa. Oggi è consulente ortopedico dell’Atalanta.
Dottor Zanon, negli ultimi tempi c’è stata una grande attenzione alla protesica, ma ora sembra di assistere a un ritorno alle osteotomie di ginocchio rispetto al recente passato. Da cosa è determinato?
In realtà, per chi si occupa di ginocchio a 360 gradi l’osteotomia non è mai stata abbandonata. L’aumentata considerazione odierna nei confronti dell’osteotomia, a mio parere, è dovuta soprattutto all’aumento dell’artrosi precoce nel paziente giovane e nel giovane sportivo.
“Save the meniscus” è una filosofia scarsamente perseguita nel recente passato, quando troppi menischi venivano tolti con troppa leggerezza e pochi menischi suturati. Se è vero che la meniscectomia ha risultati a breve termine soddisfacenti, lo stesso non si può dire dei risultati a lungo termine: a un menisco tolto corrisponde spesso una degenerazione artrosica del comparto interessato.
Questo fenomeno ha portato alla generazione di una popolazione numerosa di giovani con artrosi precoce di ginocchio, che spesso hanno bisogno di un’osteotomia più o meno associata a un trattamento della patologia cartilaginea e a un trapianto di menisco. La protesi per questa popolazione sarebbe un overtreatment.
In che modo si sono evolute le tecniche chirurgiche?
La chirurgia mininvasiva ha abbracciato anche il mondo dell’osteotomia. Ad oggi strumentari precisi e placche tecnologicamente avanzate consentono di eseguire i più diversi tipi di osteotomia con grande risparmio dei tessuti molli e di tessuto osseo. Soprattutto per quanto riguarda le osteotomie di apertura di tibia, si possono utilizzare strumentari per chirurgia mininvasiva con grande risparmio dei tessuti mediali.
La stabilità dell’osteotomia si riflette su tempi di ricovero brevi e recuperi funzionali molto rapidi e può essere aumentata anche grazie a moderni sostituti dell’osso che, anche se un po’ cari, consentono di colmare il gap osseo.
Anche le indicazioni per le osteotomie sono cambiate rispetto al passato?
Le indicazioni non sono cambiate ma si sono casomai allargate. Abbiamo capito soprattutto che una parte delle instabilità di ginocchio e una parte dei fallimenti delle ricostruzioni legamentose sono legate ad alterazioni dello slope del piatto tibiale: in questi casi la correzione dello slope o dell’asse del ginocchio aiuta la ricostruzione legamentosa nella sua efficacia.
Tutte quelle ginocchia con recidive di lesioni del crociato anteriore andrebbero indagate con teleradiografie per capire se lo slope del piatto tibiale, soprattutto quello laterale, favorisce il cedimento del neo-Lca: così facendo siamo in grado di proteggere la nostra ricostruzione da ulteriori traumi.
È sempre chiaro quando è opportuno indirizzare un paziente verso l’osteotomia oppure verso la chirurgia protesica? Quali considerazioni sono alla base di questa decisione?
Le metanalisi della letteratura scientifica non favoriscono l’una o l’altra scelta. La scelta tra protesi e osteotomia è come un menù a la carte: le caratteristiche del ginocchio, l’età, le esigenze funzionali, le aspettative del soggetto e la confidenza del chirurgo con la tecnica sono tutti fattori da analizzare al fine di prendere la decisione più corretta e duratura per ogni singolo paziente.
Ciò che è vero, in ogni caso, è che protesizzare un ginocchio che ha subito in passato un’osteotomia risulta più complicato, poiché possono cambiare tutti i reperi chirurgici. D’altra parte però, se un paziente è giovane, attivo e con richieste di attività sportiva non agonistica, l’osteotomia è spesso molto utile.
Della stessa osteotomia esistono diversi tipi, ci può spiegare in che modo va effettuata la scelta?
La scelta del tipo di osteotomia è la chiave del successo: non esiste un’osteotomia più corretta di un’altra ma esiste l’osteotomia più corretta per quel tipo di deformità. L’osteotomia infatti è in grado non solo di correggere la deviazione sul piano frontale, varo o valgo, ma a seconda che sia in addizione o sottrazione, mono o biplanare, è in grado di influire sull’altezza della rotula o sullo slope del piatto tibiale. E non dimentichiamo che alcune deformità, soprattutto in valgo, vanno corrette a livello femorale anziché tibiale: il planning chirurgico è fondamentale e rappresenta metà del successo dell’intervento.
Osteotomia non significa quindi correzione agendo sulla tibia, ma bisogna anche considerare tutte quelle situazioni nelle quali la correzione può e deve avvenire a livello femorale.
Strumentari e sistemi di fissazione: quali sono le principali novità?
Come già accennato in precedenza, gli strumentari oggi consentono di eseguire osteotomie molto precise e molto stabili. Misuratori di correzione angolare facili da usare consentono di comprendere il grado di correzione che stiamo dando. Placche con viti a stabilità angolare e bassissimo profilo consentono di conferire all’osteotomia grande stabilità in modo da poter deambulare pressoché immediatamente nella maggior parte dei casi.
L’osteotomia però è un gesto che va correttamente pianificato, la manualità e l’esperienza del chirurgo sono fondamentali nella corretta esecuzione dell’intervento, lo strumentario aiuta ma non basta.
Ci può fare un confronto tra le osteotomie di addizione e di sottrazione, riguardo alle possibilità offerte e agli outcome clinici?
Gli outcome clinici sono sovrapponibili. L’osteotomia in chiusura possiede il vantaggio di mettere in compressione il focolaio di osteotomia consentendo una deambulazione a carico completo immediato, non esponendosi a casi di ritardi di consolidazione che si possono osservare, seppur rari, nelle osteotomie di apertura. D’altro canto, la contiguità del nervo sciatico rende l’osteotomia di chiusura esterna un pochino più rischiosa. Inoltre, bisogna porre attenzione alla possibilità di variazione dell’altezza della rotula, che può essere fonte di dolore e di insuccesso.
In che modo il corso servirà ad approfondire queste tematiche? Ce ne può fare una presentazione?
Il corso si articolerà in diverse sessioni: ginocchio varo, ginocchio valgo, gravi deformità, femoro-rotulea e un’ultima sessione dedicata a un argomento a me molto caro quale osteotomia e sport.
Sarà un corso molto pratico, con ospiti internazionali: a lezioni magistrali verranno intervallate diverse relive surgery e verrà lasciato molto spazio alla discussione. Si tratta di un corso all’insegna della praticità nel quale, in un’aula parallela, verranno lasciate diverse postazioni per programmazione dell’osteotomia con programmi computerizzati dedicati e la possibilità di eseguire da parte dei discenti osteotomie su sawbone con placche e fissatori esterni per tutta la giornata. Il tutto con il massimo della tecnologia possibile. L’aggiornamento mantiene vivo il sapere ortopedico.
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia