
Jeffrey Wang, congress chair del Global Spine Congress 2017

Claudio Lamartina, local chair del Global Spine Congress 2017
Al Global Spine Congress di Milano gli esperti mondiali di chirurgia vertebrale fanno il punto sulle più complesse tecniche chirurgiche per la colonna. Intanto, sulla scia dell’esperienza dell’internazionale Spine Tango, si lavora alla costituzione di un registro italiano degli interventi di chirurgia vertebrale, che punta a coinvolgere sempre più strutture
Il Global Spine Congress dopo San Francisco, Barcellona, Hong Kong, Buenos Aires e Dubai, quest’anno si tiene in Italia, e precisamente a Milano, dal 3 al 6 maggio. A presiederlo saranno un chirurgo statunitense e uno italiano: il congress chair sarà infatti Jeffrey Wang, professore alla Keck School of Medicine della Usc, l’università della South California, dove è co-direttore dello Spine center, mentre il local chair sarà Claudio Lamartina, co-direttore della chirurgia vertebrale GSpine4 dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, docente presso l’Università di Milano e responsabile del Centro di riferimento per la chirurgia vertebrale per OASpine European Regions.
«Sarà una grande occasione – annuncia Lamartina – per vedere e ascoltare a casa nostra i migliori specialisti internazionali della chirurgia vertebrale. Si prevede quindi oltre che, come in passato, una grande partecipazione di chirurghi provenienti da tutto il mondo, anche la presenza di molti chirurghi italiani che non si lasceranno sfuggire questa grande opportunità».
Dottor Lamartina, anche in chirurgia vertebrale le differenze tra scuole chirurgiche dei diversi Paesi si stanno riducendo oppure ci sono ancora modi molto diversi di approcciarsi?
Le differenze tra le scuole chirurgiche dei diversi Paesi si vanno riducendo grazie alla facilità di comunicazione che oggi consente a un chirurgo di quasi tutto il mondo di conoscere i principi della moderna chirurgia spinale. È ovvio che esistono ancora oggi differenti capacità organizzative legate a differenti possibilità economiche che ciascun Paese e ciascun ospedale possiede.
Un esempio per tutti: la prevenzione delle infezioni chirurgiche è un problema di enorme impatto sui pazienti e anche su ospedali e sistemi sanitari. Un semplicissimo concetto è quello di “svuotare” le sale operatorie di tutto quel materiale che rimane negli armadi e sui carrelli e che non serve per l’intervento in corso. Pulire una sala operatoria praticamente vuota è evidentemente molto più facile. Accorgimenti come quelli di indossare correttamente mascherine e copricapo per tutto il personale, ridurre il numero di persone che entrano ed escono dalla sala operatoria, seguire le procedure “aeronautiche” per la sicurezza sono concetti ovvi ma spesso trascurati. E, analogamente, conoscere i principi del trattamento della scoliosi degenerativa degli adulti permette di migliorare i risultati chirurgici e non necessita di costose attrezzature: è “solo” legato all’aggiornamento continuo a cui ogni chirurgo deve sottoporsi.
I registri protesici sono ormai una realtà, a che punto siamo con quelli di chirurgia vertebrale?
Ne esistono più di uno. Spine Tango è un registro internazionale che ha una diffusione soprattutto europea.
Noi abbiamo sviluppato, presso l’Istituto ortopedico Galeazzi di Milano, un registro più completo, collegato allo Spine Tango, e che coinvolge altre istituzioni in Italia. Sono in corso contatti avanzati per un coinvolgimento anche degli Istituti Ortopedici Rizzoli di Bologna.
Ci sono problematiche specifiche che ne rendono più difficile una realizzazione per la chirurgia vertebrale?
Il problema principale è culturale oltre che organizzativo e di disponibilità di risorse. Indubbiamente tenere un registro necessita di una significativa mole di lavoro giornaliero, basti pensare ai necessari follow-up. Specificamente è intuitivo rendersi conto che è più facile un registro sulle protesi d’anca che uno di chirurgia vertebrale, nel quale vanno inserite varie patologie e diversi trattamenti.
Comunque è noto che nei Paesi scandinavi il registro è entrato nella pratica giornaliera necessaria per il chirurgo, l’ospedale e il sistema assistenziale e nessuno ne mette in dubbio la necessità. In Italia siamo indietro in questo campo.
Un suo recente articolo suggerisce che le osteotomie costituiscano la “tecnica del decennio”: quali sono le ragioni?
Le osteotomie vertebrali sono state proposte molti anni fa per specifiche patologie quali per esempio la spondilite anchilosante. Hanno quindi avuto relativa diffusione perché pochi chirurghi si occupavano di questi pazienti. Oggi sono alla ribalta principalmente perché il trattamento delle deformità degenerative degli adulti è sempre più diffuso, dato che sono stati chiariti e definiti i principi del corretto allineamento sagittale del rachide nell’adulto. Il numero dei casi in cui questi potenti mezzi correttivi possono essere utilizzati è notevolmente aumentato. Questo ha ovviamente da un lato consentito grandi vantaggi per i nostri pazienti, ma anche messo in evidenza quanto frequenti e gravi sono le complicazioni legate alle osteotomie nelle deformità degenerative dell’adulto.
Allo scopo di mantenere intatto l’obiettivo di ottenere un corretto allineamento sagittale e coronale del rachide e allo stesso tempo di ridurre le complicazioni, abbiamo sviluppato tecniche mininvasive che, grazie a spaziatori iperlordotici inseriti negli spazi intersomatici, consentono in molti casi di correggere le deformità come con le osteotomie, ma riducendo le complicazioni ad esse correlate. Ovviamente non è possibile utilizzare queste tecniche mininvasive in tutti i casi, ma comunque si tratta di un notevole progresso per quei pazienti con deformità altamente invalidanti.
Più in generale, quali sono i nuovi trend in chirurgia vertebrale in termini di trattamenti?
Bisogna ampliare il concetto di chirurgia mininvasiva: non soltanto incisioni più piccole con identici obiettivi rispetto alla chirurgia “aperta”, ma soprattutto chirurgia con meno complicazioni e chirurgia più sicura per i nostri pazienti.
La mininvasività è il futuro della chirurgia vertebrale e della chirurgia spinale, nella quale convergono le esperienze e competenze di ortopedici e neurochirurghi. In questa direzione devono andare la ricerca e le nuove offerte tecnologiche dell’industria.
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia