Uno studio finlandese, il Finnish Arthroscopy Controlled Trial (Fimpact), ha confrontato il trattamento chirurgico della sindrome da conflitto subacromiale della spalla con il placebo e ha riscontrato, dopo un follow-up di due anni, una riduzione simile del dolore, così come un’analoga soddisfazione dei pazienti riguardo alla situazione generale della loro spalla.
«Questi risultati mostrano che questo tipo di chirurgia non è una forma efficace di trattamento per questo disturbo, il più comune che si verifica alla spalla. Ci aspettiamo che un risultato così chiaro porti a importanti cambiamenti nelle attuali pratiche terapeutiche»: così ha affermato Mika Paavola, ortopedico all’ospedale universitario di Helsinki e principale autore dello studio.
Lo studio assume un valore significativo anche per il fatto che i problemi alla spalla sono molto comuni e comportano un onere significativo per il sistema sanitario. La diagnosi più frequente per il dolore alla spalla che richiede il trattamento è l’impingement e il trattamento chirurgico è la decompressione in artroscopia.
«Con quasi 21.000 interventi di decompressione effettuati nel Regno Unito ogni anno e dieci volte tanto negli Stati Uniti, l’impatto di questo studio è enorme», ha spiegato il Simo Taimela, direttore di ricerca del Centro finlandese per l’ortopedia basata sull’evidenza (Ficebo) dell’Università di Helsinki.
I risultati non sono del tutto sorprendenti: studi randomizzati precedenti avevano già mostrato che l’artroscopia di decompressione per la sindrome da conflitto subacromiale della spalla non allevia i sintomi dei pazienti in misura maggiore della fisioterapia. Paradossalmente, tuttavia, nonostante la carenza di evidenze scientifiche, il numero di interventi di decompressione è aumentato in modo significativo.
Lo studio Fimpact, che è stato pubblicato sul British Medical Journal, ha coinvolto 189 pazienti affetti da dolore alla spalla che durava da almeno tre mesi, nonostante avessero ricevuto trattamenti conservativi, con fisioterapia e iniezioni di steroidi. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere una delle tre diverse opzioni di trattamento: la chirurgia di decompressione subacromiale, la chirurgia placebo (artroscopia diagnostica, comprendente l’esame artroscopico dell’articolazione della spalla ma non procedure terapeutiche) o una terapia fisica supervisionata. Nessuno dei soggetti coinvolti nello studio – pazienti, operatori coinvolti nelle cure dopo l’intervento chirurgico, ricercatori che hanno analizzato i risultati – sapevano chi era nel gruppo di decompressione e chi nel gruppo placebo.
Due anni dopo l’inizio dello studio, i pazienti sono stati controllati riguardo alla loro esperienza e ai sintomi. Nel complesso, il dolore alla spalla è sostanzialmente migliorato in tutti e tre i gruppi; in particolare si è visto che la chirurgia di decompressione non ha prodotto maggior sollievo al dolore alla spalla rispetto alla chirurgia placebo, tanto che, in generale, i pazienti non sono riusciti a indovinare in quale gruppo erano stati inseriti.
«Sulla base di questi risultati – ha commentato il professore dell’Università di Helsinki Teppo Järvinen – dovremmo rimettere in discussione l’attuale linea di trattamento in base alla quale i pazienti con dolore alla spalla attribuito al conflitto sub-acromiale sono indirizzati alla chirurgia di decompressione; sembra chiaro che, invece di un intervento chirurgico, il trattamento di tali pazienti dovrebbe essere di tipo conservativo. Si eviterebbero così le centinaia di migliaia di interventi inutili che vengono eseguiti ogni anno nel mondo».
Giampiero Pilat
Giornalista Tabloid di Ortopedia