
Lorenzo Drago
Al Laboratorio analisi del Galeazzi di Milano e in soli altri due centri europei è partita la sperimentazione di un test sul liquido sinoviale per ottenere una diagnosi in tempi brevi di infezione osteoarticolare, con anche indicazioni quantitative
Anche in chirurgia protesica sono tra le complicanze più temute: le infezioni diagnosticate in Italia aumentano ogni anno, anche grazie a metodiche sempre più sofisticate. E la diagnosi corretta di infezione ostearticolare o periprotesica è un prerequisito essenziale per orientare nel modo migliore le misure chirurgiche e terapeutiche. Anche se la percentuale di infezioni degli impianti protesici si attesta intorno all’1-2%, si sale fino al 15-20% negli interventi di revisione: ne sono responsabili non solo i noti Stafilococcus aureus e Stafilococcus epidermidis, ma in letteratura si sta sempre più spesso documentando la presenza di altri microrganismi mai incontrati prima oppure che erano ritenuti caratteristici di altri tipi di infezione.
Una nuova tecnologia per la diagnosi in tempo reale
Sulla diagnosi delle infezioni al Laboratorio di analisi chimico cliniche e microbiologiche dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano guidato dal professor Lorenzo Drago si svolge un’importante attività di ricerca e soprattutto di supporto alla clinica. Negli ultimi mesi, il Galeazzi è stato individuato come uno dei tre centri europei (gli altri sono a Manchester e ad Amburgo) per sperimentare una tecnologia innovativa, messa a punto da un’azienda statunitense, che consente di determinare le infezioni con una precisione molto maggiore rispetto alle tecniche finora disponibili, a partire dall’analisi del liquido sinoviale. Non si tratta di una questione banale perché le infezioni osteoarticolari e protesiche non sono affatto semplici da diagnosticare con certezza: sono determinate da un gran numero di microrganismi sempre più vari e i test oggi disponibili possono dare un elevato numero di falsi, positivi o negativi.
Un falso positivo comporta un aumento dei costi e un utilizzo improprio degli antibiotici, ma la situazione è ancora più complessa nel caso di un falso negativo: si può produrre un danno persino irreparabile per il paziente, a causa di un deterioramento dell’osso o parte di esso, senza considerare le conseguenze sul piano psicologico e il rapporto di fiducia con il medico che ne verrebbe probabilmente compromesso. Talvolta un’infezione non prontamente diagnosticata può portare a rimodellamenti ossei tali da rendere problematico l’impianto futuro di una protesi.
In questa situazione si moltiplicano gli sforzi alla ricerca di parametri che possano segnalare la presenza di un’infezione e vadano a rendere più affidabile e preciso un processo diagnostico che si avvale dell’integrazione di diversi approcci e indagini cliniche, di laboratorio e di microbiologia.
«Il nuovo dispositivo recentemente acquisito e il nuovo algoritmo diagnostico – spiega il professor Drago – consentono di rilevare diversi marcatori di infezione presenti nel liquido sinoviale, a partire dalla già consolidata esterasi fino alla promettente alfa-defensina, oggetto di grande attenzione dalle ultime ricerche. Si tratta di un marker immunologico prodotto dai globuli bianchi del liquido sinoviale in reazione a un’infezione batterica. I dati in letteratura raccolti sulla validità dell’alfa-defensina dimostrano che tale parametro è molto utile sia nella fase pre-operatoria che operatoria. La metodica prevede l’utilizzo di una strumentazione con lettore ELISA la cui procedura, testata e validata nei laboratori americani e condivisa con l’Irccs Galeazzi, permette il dosaggio di questo marker in maniera quantitativa e precisa».
Cosa cambia nella diagnosi
La possibilità di fornire una misura quantitativa del marcatore comporta un salto di qualità rispetto ai test one-spot per l’alfa-defensina attualmente in commercio, che si limitano a un risultato positivo o negativo. La valutazione in termini quantitativi permette di determinare anche il grado di infezione e proprio presso il Galeazzi sono stati recentemente avviati degli studi per verificare il valore di positività nelle cosiddette “low-grade infection”, cioè quelle infezioni causate da microrganismi a bassa infettività, talvolta difficili da coltivare. Si tratta in sostanza di infezioni sub-acute non facilmente rilevabili né dal punto di vista clinico né con i comuni mezzi diagnostici.
«La misurazione di alfa-defensina, esterasi e altri marcatori biologici – dice Drago – si presta all’utilizzo in diverse situazioni cliniche in cui si sospetta un’infezione, ad esempio nelle artriti settiche oppure quando un paziente protesizzato lamenta dolore e i sintomi fanno pensare alla possibilità di una mobilizzazione settica. In questo caso, invece di indirizzare immediatamente il paziente a un intervento di revisione, si può intervenire in fase pre-operatoria, qualche giorno prima. La scoperta di un’infezione comporta infatti una rivalutazione più mirata delle procedure chirurgiche e permette di fare un piano di intervento con importanti informazioni in più, in seguito alle quali l’ortopedico può decidere di ricorrere a un coating antimicrobico oppure di utilizzare un determinato antibiotico».
All’Istituto Galeazzi è stato istituito appositamente un nuovo ambulatorio dedicato alle artrocentesi, in cui operano ortopedici esperti e dedicati al prelievo del liquido sinoviale dalle articolazioni di ginocchio e d’anca; in quest’ultimo caso l’operazione non è sempre semplice ma è prevista l’adozione di un sistema ecoguidato per facilitare il prelievo.
«L’altra possibilità di utilizzo della metodologia di cui ci siamo dotati è non solo in fase pre-operatoria, ma anche intraoperatoria; siamo in grado – chiarisce lo specialista in microbiologia e virologia – di rilevare l’esterasi in pochi minuti e l’alfa-defensina in qualche ora. In queste fasi il tempo di risposta del test è un fattore estremamente importante».
Acquisita ufficialmente a luglio del 2015 dall’Istituto a scopo sperimentale, la strumentazione è stata introdotta per la diagnosi routinaria intorno alla metà di ottobre, ma insieme ad essa vengono testate anche altre metodologie a scopo sperimentale e diagnostico.
«Utilizziamo un algoritmo – specifica Drago – che stiamo cercando di validare non solo in Italia ma anche in tutto il mondo e che prevede due livelli di esami del prezioso campione di liquido sinoviale. Si inizia con una ricerca dei marker biologici, che attestano la presenza di un’infezione senza però dirci nulla sulla tipologia di microrganismi implicati; nella fase successiva, a fronte di una positività, si procede con test colturali e di biologia molecolare. Le nuove metodologie di diagnostica molecolare potrebbero dare, se i risultati saranno quelli sperati, una finestra di identificazione per alcuni microrganismi in pochissime ore e sarà poi lo stesso algoritmo a suggerirci l’antibiotico più adatto».
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia