Le infezioni dopo intervento per la sostituzione totale del ginocchio sono responsabili di ingenti costi sanitari. Secondo alcuni esperti al congresso Efort di Praga, contrariamente alla teoria più affermata, l’intervento di revisione in un unico tempo non mostrerebbe, di fatto, svantaggi sensibili rispetto alle procedure a due tempi. I nuovi rivestimenti antibatterici e l’aumentato impiego di biomarcatori aprono la strada a progressi chiave in materia di prevenzione e di diagnostica delle infezioni periprotesiche del ginocchio.
«Nel Regno Unito l’aggravio totale causato dalle infezioni negli ultimi cinque anni è aumentato del 92% ed è destinato a salire in modo esponenziale. Il trattamento delle infezioni nelle protesi totali del ginocchio può costare fino a 70.000 sterline in ciascun caso, esponendo il sistema sanitario del Regno Unito a costi di circa 160 milioni di sterline o a 200 milioni di euro l’anno» ha fatto presente il dottor William Jackson (Oxford University Hospitals NHS Trust) al 16° Congresso Efort.
Secondo gli esperti i tassi di infezione relativi alle procedure di protesi totale del ginocchio costituiscono un problema in crescita. Questa situazione è la combinazione di più fattori, tra cui un numero crescente di interventi di protesi di anca e ginocchio eseguiti, un tasso di obesità nella popolazione generale in crescita, una più lunga aspettativa di vita e una costante diminuzione dell’età dei pazienti che ricevono il trattamento.
Debridement, antibiotici e cemento antibiotato come opzioni di trattamento
In caso di infezione di un elemento della protesi di ginocchio, in molti casi l’unico modo sicuro di debellare completamente l’infezione è la rimozione totale di tutto il materiale protesico. Questo solitamente richiede un intervento di revisione in due tempi che «avviene con un ingente costo economico e spesso con limitazioni funzionali per il paziente» spiega Jackson.
Da molti anni a Oxford gli specialisti utilizzano un altro approccio allo scopo di preservare il più possibile le componenti protesiche. Continua il dottor Jackson: «Questo approccio ci ha permesso di ottenere nuovi livelli di controllo dell’infezione, un 80% del tasso di sopravvivenza sui componenti dopo otto anni e il risultato funzionale simile a quello della chirurgia protesica senza complicanze». L’esperto insomma sollecita i colleghi chirurghi a prendere in considerazione debridement chirurgico, antibiotici e mantenimento dell’impianto come potenziali opzioni di trattamento anche in caso di infezione cronica, in situazioni in cui gli impianti sono ben fissati e funzionali.
Un recente studio statunitense presentato a Praga ha dimostrato che l’aggiunta di antibiotici al cemento osseo è un modo efficace per contrastare l’infezione della protesi. Secondo i risultati dello studio il cemento osseo antibiotato riduce di circa il 45% il rischio di revisione degli interventi di protesi del ginocchio.
I vantaggi della revisione in un unico tempo
L’ultimo capitolo del lungo dibattito sui vantaggi relativi degli interventi di revisione a uno o due tempi – presentato al Congresso Efort di quest’anno – pone nuovi dubbi sulla visione dell’approccio chirurgico in due tempi come standard migliore. «La differenza nei tassi di infezione tra le procedure a uno o due tempi è minore di quanto si riteneva in precedenza. Tre anni fa credevamo ancora che la protezione dalle infezioni fosse di circa il 10% maggiore nell’approccio a due tempi», ha detto il professor Carlo Romanò, past president della Società europea delle infezioni ossee e articolari (Ebjis) e docente all’Università di Milano. Tuttavia una nuova analisi, contenente i risultati di studi completati fino a marzo 2015 e valutati da un gruppo di esperti diretto da Romanò e dal professor Fares Haddad di Londra, ha mostrato che la reale differenza è solo del 4%.
La revisione in un unico tempo può tagliare i costi
Questi risultati sottolineano lo stato della revisione in un unico tempo come opzione nella chirurgia di ginocchio. «Questo approccio riduce il tempo di ospedalizzazione e riduce il carico economico sul sistema sanitario. Inoltre la disponibilità di rivestimenti antibatterici come Dac hydrogel enfatizza l’impiego di impianti senza cemento nella revisione in un unico tempo in quanto gli impianti possono essere rimossi più facilmente rispetto a una revisione di impianti a stelo lungo in caso di cattivo funzionamento, che fino a ora si erano resi necessari nelle revisioni in un unico tempo» ha spiegato Carlo Romanò.
Tuttavia in determinate circostanze deve essere data la precedenza alle revisioni. Con questo approccio prima viene rimossa la protesi infetta, poi viene impiantato uno spacer. Il reimpianto viene eseguito in un secondo intervento, dopo parecchie settimane. Il professor Romanò ha aggiunto: «Questo approccio può essere ancora preferibile quando non si conosce il patogeno o in presenza di infezioni diffuse e di lungo corso, poiché una doppia procedura può essere più adatta per la rimozione del tessuto infetto».
Infezione è la causa principale dei fallimeti protesici
Le infezioni periprotesiche del ginocchio si manifestano in circa il 2% dei pazienti con endoprotesi.
«Queste sono tra le cause principali di complicanza nell’endoprotesi di ginocchio. Nei pazienti a elevato rischio, principalmente affetti da diabete, insufficienza renale e vascolopatia periferica, l’incidenza delle complicanze è notevolmente più elevata e aumenta ancora quando sono presenti i fattori di rischio» ha spiegato Romanò. È da rilevare che «un’importante quota di perdita asettica degli impianti è imputabile alle infezioni di basso grado, difficili da diagnosticare e generate da microrganismi a lenta crescita. Alla luce di questo è essenziale che tutte le strutture mediche coinvolte nella chirurgia di revisione introducano elevati standard microbiologici di laboratorio e sottopongano gli impianti a un’attenta analisi microbiologica dopo la rimozione» ha concluso l’esperto italiano.
Nuovi rivestimenti con carica antibatterica
In termini di prevenzione delle infezioni periprotesiche di ginocchio, gli specialisti nutrono grandi speranze nei confronti dei nuovi rivestimenti antibatterici. «Questi possono ridurre la proliferazione batterica sull’impianto di oltre il 90%. Dac hydrogel, a rapido riassorbimento, è disponibile in Europa da più di un anno. È destinato a essere caricato con antibiotici durante l’intervento e a essere applicato alla superficie delle artroprotesi senza cemento o materiale di osteosintesi. L’utilizzo di hydrogel è stato approvato perché sicuro e non causa problemi di osteointegrazione dell’impianto. Studi in vivo dimostrano la sua efficacia nella riduzione dell’infezione relativa all’impianto anche in modelli animali con elevata contaminazione batterica» ha confermato Romanò.
Si devono prevedere anche progressi nella diagnostica: l’utilizzo di biomarcatori nei liquidi articolari in associazione a esterasi e al monitoraggio dei leucociti permetterebbe una diagnosi molto accurata delle infezioni periprotesiche del ginocchio. «Inoltre i nuovi agenti antibiofilm impiegati per eliminare gli impianti di batteri hanno il potenziale di modificare completamente le nostre attività di campionamento e le procedure sulle protesi mal funzionanti. Questa tecnologia è al centro di microDTTect, un nuovo dispositivo medico basato su un composto antibiofilm – ditiotreitolo, DTT – che presto sarà disponibile in Europa» ha detto Carlo Romanò.
Richiesta di un processo di certificazione paneuropeo
Sotto un profilo socio-economico, le infezioni periprotesiche pongono inoltre un importante problema e Romanò stima che i costi diretti per la chirurgia ortopedica nella sola Europa ammontino a circa 2 miliardi di euro. Difficili da quantificare sono i costi indiretti e gli effetti medici e legali, ma «è necessario iniziare con un valore approssimativo doppio rispetto a quel dato».
Una delle priorità principali del direttivo della Ebjis è di promuovere con il sostegno di Efort l’introduzione di un processo di certificazione paneuropeo per le strutture mediche che si focalizzi sul trattamento delle infezioni periprotesiche. Il professor Romanò ha concluso dicendo che «Poiché il trattamento chirurgico delle infezioni periprotesiche è molto complesso e piuttosto costoso, richiede esperti medici particolarmente formati e strutture dedicate. Attualmente non esistono standard europei e gli interventi sono spesso eseguiti da chirurghi che incontrano soltanto uno o due casi all’anno di questo tipo. Questo innalza il rischio di diagnosi e trattamenti non corretti che, per contro, genera costi aggiuntivi associati a complicanze gestionali».
Efort Congress 2015. Symposium “Infected TKR”
Efort Congress 2015. Abstract Bini et al. Antibiotic cement decreases re-revision risk by 45% in 1.154 aseptic revision total knee arthroplasties