Dopo un intervento di sostituzione protesica di anca o di ginocchio, risulta che le donne siano a maggior rischio di complicazioni: le ragioni non sono del tutto chiare ma sembra che uno dei fattori sia una più diffusa ipersensibilità ai metalli contenuti negli impianti. A suggerirlo è uno studio pubblicato su The Journal of Bone & Joint Surgery.
Nadim J. Hallab e i suoi colleghi del Rush University Medical Center di Chicago scrivono che «i risultati ottenuti spiegano, almeno in parte, le differenze di outcome clinici in base al genere che si riscontrano in certi casi di artroprotesi totale».
Gli autori hanno riesaminato 2.613 pazienti che erano già stati visitati per dolori inspiegabili dopo una sostituzione protesica d’anca o di ginocchio avvenuta mediamente tre anni prima; avevano un’età media di 62 anni e nel 60% dei casi erano donne. Tutti loro avevano parti metalliche impiantate durante l’intervento e nessuno aveva segni di infezione, infiammazione o di altre possibili cause che potessero spiegare il dolore che avvertivano; su una scala di misurazione del dolore da zero a dieci, le donne presentavano punteggi medi superiori agli uomini: 6,8 contro 6,1.
A tutti i partecipanti è stato fatto, su campioni di sangue, il test di trasformazione linfocitaria (Ltt), che rileva l’attivazione di linfociti T specifici al contatto con certe sostanze, in particolari metalli, evidenziando in tal modo il fatto che il paziente ha sviluppato un’ipersensibilità. I test effettuati dai ricercatori americani hanno riscontrato ipersensibilità a cobalto, cromo e nichel, presenti negli impianti, nel 49% delle donne esaminate e nel 38% degli uomini. La differenza si è mantenuta anche dopo aver adottato una definizione di sensibilizzazione più restrittiva, scendendo rispettivamente al 25% e al 18%. In aggiunta, tra i pazienti positivi al test di trasformazione linfocitaria, la gravità della sensibilità al metallo è risultata maggiore nelle donne. In alcuni casi, i pazienti erano già consapevoli della loro condizione: il 29% delle donne e il 4% degli uomini esaminati, già prima di sottoporsi al test avevano dichiarato di avere avuto reazioni cutanee al contatto con i metalli.
«Il nostro studio conferma osservazioni precedenti in cui le donne avevano mostrato una maggior frequenza di complicazioni dopo le sostituzioni protesiche con parti metalliche», affermano gli autori, e ipotizzano che possano agire fattori immunologici specifici ancora da individuare, forse legati ad aspetti ormonali. Ciò che lo studio non chiarisce è se l’ipersensibilità ai metalli era una condizione preesistente all’intervento oppure se è stata indotta dal contatto continuo con i metalli degli impianti protesici.
Il test di trasformazione linfocitaria non è particolarmente utilizzato nella medicina, per lo meno in quella “ufficiale”, ma questi risultati (e gli autori lo sottolineano) ne aumentano la credibilità, in quanto fornisce esiti congruenti con le osservazioni mediche e la sintomatologia dei pazienti, e ne suggerisce un’utilità diagnostica in ortopedia protesica.
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia