
Pierluigi Tos
Consentono al nostro corpo di muovere gli arti superiori e inferiori, ci fanno percepire attraverso la pelle gli impulsi sensoriali: sono i nervi, strutture importantissime che permettono la connessione tra il cervello e il midollo spinale e i muscoli e la cute. La lesione dei nervi può quindi causare la paralisi degli arti oppure la perdita di sensibilità. Come spiega Pierluigi Tos, direttore della Chirurgia della mano e microchirurgia ricostruttiva dell’Asst Gaetano Pini-Cto, questo tipo di lesioni, nella maggior parte dei casi, sono di tipo traumatico (incidenti stradali, domestici, sul lavoro o legati a procedure chirurgiche); in moltissimi casi sono lesioni compressive che interessano i canali osteofibrosi (per esempio nella sindrome del tunnel carpale); in alcuni casi sono la conseguenza di patologie oncologiche dove sono necessarie ampie asportazioni chirurgiche. «All’ambulatorio dedicato alle lesioni del nervo periferico del Gaetano Pini-Cto di Milano, arrivano pazienti con ogni tipologia di lesione perché il nostro ospedale è tra i pochi in Italia a poter adottare un approccio multidisciplinare al problema, grazie alla numerosità e all’eterogeneità dei nostri professionisti, neurologi, fisiatri, fisoterapisti, radiologi, terpisti del dolore oltre ovviamente i chirurghi» ha detto Tos.
La diagnosi
Formicolio, movimenti non completi o difficili da eseguire, dolore sono tutti sintomi di una possibile lesione dei nervi periferici. «La diagnosi viene confermata dall’esecuzione di una elettromiografia ed elettroneurografia, un esame non invasivo che consente di studiare la funzionalità del nervo periferico – spiega l’esperto –. A seconda poi del tipo dei lesione che si sospetta, sottoponiamo i pazienti anche all’ecografia e questo è diventato un esame molto frequente, che sta cambiando l’inquadramento di queste lesioni permettendo diagnosi raffinate; se invece siamo in presenza di una paralisi del plesso brachiale diventa fondamentale l’impiego della risonanza magnetica del rachide cervicale, in quanto i nervi possono aver subito uno “strappo” a partire dal midollo».
L’opzione chirurgica
In base a quanto emerso dall’indagine strumentale, il chirurgo decide se intervenire oppure no: «L’operazione non sempre è necessaria – afferma Tos – in quanto, se è stato riscontrato che la lesione è frutto di uno stiramento, il paziente, seguito nel tempo, potrebbe recuperare in autonomia, aiutato dalla fisioterapia, eventualmente da elettrostimolazione e dall’uso di tutori». Diverso è il caso delle sindromi compressive dove spesso è necessario “aprire” i canali osteofribrosi oppure per le lesioni nervose di tipo traumatico/oncologico su cui il chirurgo deve intervenire: «in questi casi l’intervento deve essere tempestivo, prima che si sviluppi una atrofia muscolare, di norma entro sei mesi/un anno dalla lesione; è necessario riparare i nervi adottando una tecnica microchirurgica che prevede l’utilizzo del microscopio operatorio o mezzi ottici d’ingrandimento per allineare e suturare correttamente le strutture nervose. Il recupero è lento perché i nervi crescono un millimetro al giorno e può essere parziale, soprattutto se c’è stato un ritardo nella diagnosi o vi è una lesione molto grave, prossimale, come quelle del plesso brachiale. Più è precoce il trattamento, più possibilità si avranno di recuperare le funzionalità perse».
Qualora invece il paziente non riuscisse a recuperare, può essere sottoposto a un intervento cosiddetto palliativo: muscoli funzionanti vengono trasferiti (trasferimenti tendinei) per sostituire una funzione compromessa da una lesione di un nervo periferico. «Questa tipologia di intervento può essere programmata nel tempo e può essere eseguita sia agli arti superiori sia inferiori. Più di frequente si interviene sul nervo radiale con i muscoli flessori-pronatori dell’avambraccio per restituire la funzionalità estensoria alla mano o sul nervo peroneale con il muscolo tibiale posteriore per recuperare dalla patologia del cosiddetto “piede cadente” e tornare a camminare» spiega Pierluigi Tos. Gli interventi palliativi possono essere eseguiti anche nei casi di lesioni dei nervi del sistema nervoso centrale che prevedono la lesione del midollo spinale causando paraplegia o tetraplegia: «Lavoriamo a stretto contatto anche con il reparto di Riabilitazione milolesi presente al Cto perché questa tipologia di intervento migliora notevolmente la qualità della vita dei pazienti in carrozzina» ha detto il microchirurgo.
La paralisi ostetrica
Prima di intervenire sulle lesioni dei nervi e dopo la chirurgia è fondamentale la riabilitazione: «Soprattutto a seguito delle paralisi dovute alla lesione, la fisioterapia, la terapia occupazione e l’elettrostimolazione sono fondamentali per prevenire contratture e rigidità che possono impedire l’indicazione chirurgica o il corretto recupero funzionale».
Sono più di 100 i casi ogni anno con lesione dei nervi periferici di tipo traumatico trattati presso l’Asst Gaetano Pini-Cto e tra questi ci sono anche bambini appena nati: «Durante il parto, per fortuna di rado, può verificarsi la cosiddetta paralisi ostetrica, ovvero il bambino subisce un danno durante le manovre del parto, e questo provoca uno stiramento del plesso brachiale. In questi, molto spesso vi è un recupero spontaneo, ma se nei primi 3-4 mesi di vita non vi è un recupero autonomo sarà necessario l’intervento chirurgico ai nervi del collo oppure successivamente possono essere eseguiti, anche in questo caso, interventi palliativi» ha spiegato Pierluigi Tos.