
Pierantonio Gardelin
Un’errata interpretazione delle linee di radiolucenza osservabili nelle radiografie delle protesi monocompartimentali cementate può indurre il chirurgo a optare per un intervento di revisione in realtà non necessario. Un rischio ridotto dalle protesi non cementate
Maggiore difficoltà tecnica, minor longevità e aumento delle percentuali di revisione, sembrano essere i “lati oscuri” della protesi monocompartimentale. L’esperienza del chirurgo però sembra essere un fattore importante per ottenere il massimo dalla protesi monocompartimentali di ginocchio non cementate, che hanno il vantaggio di ridurre sensibilmente il rischio di radiolucenza tipico delle cementate.
Ne abbiamo parlato con Pierantonio Gardelin, ortopedico dell’Istituto Clinico San Siro e direttore sanitario di Washington Medical Clinic a Milano, che ha iniziato da tempo a utilizzare una protesi monocompartimentale di ginocchio non cementata Oxford. «Come rilevano i registri di Nuova Zelanda e UK NJR, la Oxford non cementata dimezza il tasso di revisione rispetto alla Oxford cementata e riduce di un terzo il ricorso alla revisione rispetto a protesi simili diverse da Oxford» riporta il chirurgo.
Dottor Gardelin, quali sono le principali cause di revisione?
Le principali cause di revisione di artroprotesi monocompartimentale di ginocchio sono mobilizzazione e dolore. L’uso del cemento induce, nel 75% dei casi, un fenomeno radiografico chiamato “linee di radiolucenza” che, in caso di protesi dolorosa, può essere interpretato come mobilizzazione di protesi.
Usare una protesi non cementata abbatte il rischio di radiolucenza di almeno dieci volte. In questo modo si riduce anche il rischio di sottoporre il paziente a un intervento di revisione di cui, in realtà, potrebbe non aver bisogno.
Come comportarsi di fronte a questi fenomeni radiografici?
Le linee di radiolucenza sono linee sottili e ben evidenti che, alla radiografia, si osservano comunemente nell’interfaccia ossea della componente tibiale della protesi monocompartimentale di ginocchio.
Sebbene spesso ci si riferisca alla radiolucenza come “fisiologica”, tuttavia è importante distinguerla dalla radiolucenza “patologica”, che invece ha linee radiografiche ampie e scarsamente definite, spesso associate a mobilizzazione o infezione di protesi, o comunque a mal posizionamento di protesi.

Revisionare o non revisionare? Nella foto a sinistra, il fenomeno radiografico delle linee di radiolucenza potrebbe portare a un intervento di revisione, in realtà non necessario. Intervento che invece è da programmare dopo aver visionato la radiografia a destra
Quali sono i vantaggi di usare protesi monocompartimentali non cementate?
Innanzitutto è bene sottolineare che questo tipo di protesi riduce le possibili problematiche associate alla cementazione. Usare un cemento di scarsa qualità oppure non essere un “bravo cementatore”, infatti, può portare a mobilizzazione di protesi anche quando il chirurgo ha esperienza. Inoltre, come dimostrato da diversi studi, le linee di radiolucenza lasciate dalle protesi cementate, sebbene non siano sempre da imputare a un problema, talvolta inducono il chirurgo a revisionare la protesi anche quando non è necessario.
Le protesi monocompartimentali non cementate, invece, in particolare la Oxford Knee, lasciano linee di radiolucenza nell’8,9% dei casi rispetto al 75% di quelle cementate, e non vengono revisionate nel quasi 99% dei casi entro cinque anni dal primo intervento, come dimostra uno studio condotto su 238 pazienti recentemente pubblicato su The Bone & Joint Journal (1).
Un altro studio multicentrico realizzato su 1.000 protesi Oxford monocompartimentali non cementate, ha evidenziato a 6 anni una sopravvivenza dell’impianto pari al 97,2%. Di queste, solo 19 ginocchia richiesero una revisione, di cui 3 furono causate dalla frattura di piatto tibiale. Ecco perché è importante l’esperienza del chirurgo.
Infine, tra i diversi vantaggi, c’è anche la riduzione dei tempi chirurgici e l’indicazione per quei pazienti giovani in cui si richiedono tempi di fissazione più lunghi.
Qual è la sua esperienza con le non cementate?
Ho iniziato a usare protesi monocompartimentale Oxford non cementata da quasi un anno su oltre 50 pazienti, e devo dire che non ho avuto casi di revisione, i risultati sono ottimi.
In termini di dolore post-operatorio ho riscontrato però che, specie in pazienti donne, con osso più fragile, il dolore dura più a lungo rispetto alla protesi cementata. Infatti, se da un lato il cemento favorisce una osteointegrazione e osteoprotesi immediata grazie alla polimerizzazione del cemento stesso, con conseguente minor dolore post-operatorio, dall’altro la protesi non cementata, e quindi a fissazione biologica, richiede qualche settimana perché avvenga l’osteointegrazione. Infine, in caso di revisione, la protesi monocompartimentale non cementata può essere meno bone sparing rispetto a quella cementata.
Liana Zorzi
Giornalista Tabloid di Ortopedia