Ricercatori, medici e industria ancora non hanno definito uno standard sulle preparazioni del Prp: c’è pieno consenso sulle concentrazioni, meno sulle dosi. Nel futuro della rigenerativa ci saranno nuove terapie cellulari
Infiltrazioni di concentrati piastrinici e derivati del tessuto adiposo che stimolano la rigenerazione e il ripristino delle condizioni fisiologiche dei tessuti interessati da patologie, traumi e invecchiamento. Sono gli strumenti della medicina rigenerativa, che viene sempre più spesso utilizzata per il trattamento di diverse patologie, come artrosi, tendinopatie dell’Achilleo, della cuffia dei rotatori, del rotuleo e quadricipitale, lesioni muscolari, lesioni osteocondrali.
Queste tecniche trovano un’applicazione importante anche in ambito sportivo, sia professionistico che amatoriale, grazie alle potenzialità antinfiammatorie nei disturbi articolari e, appunto, rigenerative dei tessuti. Per capire l’efficacia dei diversi trattamenti abbiamo parlato con Alberto Ventura e Claudio Legnani, specialisti in ortopedia e traumatologia ed esperti in medicina rigenerativa, che operano presso l’Istituto Clinico San Siro di Milano.
Medicina rigenerativa per le patologie dello sportivo: cosa è cambiato negli ultimi anni?
In questi ultimi anni la medicina rigenerativa è stata sicuramente avvantaggiata dal numero sempre maggiore di ricercatori che operano in questo campo. Il risultato degli studi scientifici ha portato a sensibili miglioramenti nel trattamento di patologie dell’apparato muscolo-scheletrico. In particolare gli sportivi, che soprattutto a livello professionistico hanno bisogno della perfetta efficienza fisica, sono quelli che ne hanno giovato maggiormente.
Ultimamente non vi sono state, contrariamente agli anni passati, delle innovazioni rivoluzionarie. Ci sono stati però dei cambiamenti sostanziali nella preparazione dei prodotti che hanno permesso di ottenere dei risultati terapeutici migliori.
Quali sono le tecniche ancora poco diffuse ma che dai primi studi appaiono promettenti?
Vi sono diversi tipi di emoderivati per uso non trasfusionale e di terapie cellulari che, nonostante siano comparsi nel panorama dell’ortobiologia e della medicina rigenerativa già da qualche anno, non si sono ancora molto diffusi.
Tra questi i trattamenti che prevedono l’utilizzo dei cosiddetti preparati di monociti (cellule mononucleate): si parte da un prelievo di sangue e si isola la componente monocitaria e linfocitaria. Sebbene i dati di ricerca di base pubblicati portano a ipotizzare che tale metodica possa essere molto promettente, la reale efficacia clinica non è ancora supportata da sufficienti dati scientifici.
Le terapie cellulari quindi hanno o avranno in futuro un ruolo nella medicina rigenerativa del sistema muscolo-scheletrico dello sportivo?
In ambito sportivo le evidenze attuali non supportano la terapia cellulare intesa come l’impiego dei concentrati cellulari minimamente manipolati (tessuto adiposo microframmentato, frazione stromale vascolare, midollo osseo concentrato).
Vi sono invece alcune evidenze circa il ruolo fondamentale dei monociti e macrofagi – presenti nel circolo sanguigno – che, per quanto riguarda ad esempio le lesioni muscolari tipiche dello sportivo, già nei primi giorni sembrerebbero in grado di infiltrare la sede della lesione, a cui seguirebbe un ulteriore incremento nei giorni successivi. Il ruolo di queste cellule è essenziale, in quanto oltre alla fagocitosi di tessuti necrotici, svolgono anche la funzione di incentivare la produzione di fattori di crescita che vanno a stimolare le cellule satellite residenti nel tessuto muscolare, ovvero cellule staminali quiescenti.
I preparati di monociti contengono già di per sé numerosi fattori di crescita di derivazione plasmatica e piastrinica, tipici anche del Prp, e questo abbinamento potrebbe avere un vantaggio terapeutico. È infatti ben noto il ruolo di quest’ultimo nella rigenerazione muscolare fin dai primi giorni del traumatismo: il Prp è in grado di migliorare le capacità rigenerative tissutali andando a incrementare la stimolazione delle cellule satellite.
Insomma il trattamento infiltrativo con concentrati di monociti è una tecnica recente, non ancora supportata da sufficienti dati scientifici, ma sicuramente potrà avere un ruolo nel futuro della medicina rigenerativa del sistema muscolo-scheletrico.
Il Prp nella medicina dello sport: in quali situazioni trova impiego? Ha ormai pienamente dimostrato la sua efficacia o siamo ancora in una fase di studio?
L’utilizzo del Prp in medicina dello sport avviene da molto più tempo di quello che si pensa. Molti calciatori professionisti di alto livello vengono trattati con infiltrazioni di Prp da almeno quindici anni. La nostra prima pubblicazione sull’utilizzo del Prp nelle ricostruzioni del legamento crociato anteriore negli sportivi è del 2005. Il fatto che questi atleti facciano migliaia di chilometri per sottoporsi a questi trattamenti fa pensare che effettivamente siano efficaci. Anche la nostra esperienza clinica sulla ricostruzione dell’Lca più applicazione di Prp ha prodotto risultati positivi. Molte pubblicazioni riportano ottimi risultati nelle tendinopatie.
Purtroppo però la letteratura scientifica non conferma in modo univoco questi risultati, in quanto gli studi pubblicati riportano risultati discordanti. Quello che viene sottolineato è la mancanza di una standardizzazione e di una classificazione delle tecniche di preparazione, mentre vi è consenso sulle dosi e sulla concentrazione minima. Questo può persino far pensare che coloro che ottengono risultati soddisfacenti abbiano trovato quasi casualmente la soluzione.
Attualmente la ricerca scientifica, le industrie che producono i device e i medici che utilizzano il Prp viaggiano su binari paralleli ma con poche connessioni tra loro, e questo non è dovuto alla mancanza di volontà reciproca di confrontarsi ma al fatto che parlano lingue diverse. Non sarà facile, anche in futuro, trovare una soluzione.
C’è una differenza nelle esigenze, e quindi nei trattamenti, di sportivi amatoriali e sportivi professionisti?
La differenza la rileviamo tra ricreazionali e agonisti (dilettanti e professionisti), in quanto gli amatoriali negli ultimi anni sono spesso paragonabili agli agonisti.
Lo sportivo ricreazionale si fa curare seguendo i consigli e quindi è possibile utilizzare le procedure più idonee e con i tempi corretti di guarigione. All’agonista interessa esclusivamente tornare il prima possibile alla competizione in piena efficienza fisica. In questi casi è spesso difficile, se non impossibile, applicare le soluzioni terapeutiche migliori e spesso ci si accontenta della risoluzione dei sintomi come il dolore, ad esempio attraverso infiltrazioni con Prp, in attesa del periodo di riposo dalle competizioni, in cui è possibile intervenire più efficacemente.
La medicina rigenerativa nello sport ha solo un ruolo terapeutico o anche preventivo?
La nostra opinione è che debba avere solo un ruolo terapeutico.
Non esistono dati in letteratura che supportino un ruolo preventivo della medicina rigenerativa.
Cosa si sa riguardo gli effetti dell’integrazione con vitamina D negli sportivi?
Negli ultimi dieci anni l’interesse scientifico sul ruolo della vitamina D nella popolazione è cresciuto esponenzialmente ma ancora di più nei riguardi dell’attività sportiva. La vitamina D possiede importanti effetti a livello muscolo-scheletrico, polmonare, cardiaco, nervoso e del sistema immunonologico. Una supplementazione di vitamina D potrebbe quindi agire nel migliorare le performance dell’atleta.
Sono stati condotti diversi studi su runner, giocatori di basket, di hockey e ginnasti. Alcuni hanno mostrato che la supplementazione aumenta la forza muscolare e potrebbe ridurre gli infortuni. Altri concludono che non ci sono le prove per sostenere l’efficacia della supplementazione.
Il problema principale è che non si conosce ancora il dosaggio corretto di vitamina D per la popolazione non sportiva e soprattutto per una supplementazione nell’atleta, e il rischio di un sovradosaggio lo espone a rischi non accettabili. Si ritiene pertanto che una supplementazione della vitamina D negli atleti sia auspicabile, ma a dosi contenute.
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia
DATI REGAIN: LE PRIME SENTENZE SUGLI ORTOBIOLOGICI_L’attività clinica in medicina rigenerativa portata avanti da Alberto Ventura e Claudio Legnani presso la Clinica San Siro di Milano contribuisce ad alimentare la banca dati di Regain, il Centro di terapie di medicina rigenerativa dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano.
«Le metodiche utilizzate presso Regain – spiegano Ventura e Legnani – sono fondate su decenni di ricerca e sperimentazione clinica nell’ambito della medicina rigenerativa. A circa tre anni dall’avvio del progetto Regain, i risultati hanno confermato come i trattamenti con Prp e concentrati cellulari da tessuto adiposo o midollo osseo migliorino funzionalità e sintomatologia in presenza di tendinopatie e lesioni cartilaginee».
Ma quali sono i dati disponibili attualmente? «I dati raccolti dai pazienti trattati presso Regain mostrano che i trattamenti con fattori di crescita e cellule staminali mesenchimali migliorano la funzionalità e il dolore nei casi di degenerazione articolare su base artrosica nel 70% dei pazienti, apportando un incremento medio del 50% rispetto ai valori pre-trattamento. Ciò significa che nel 70% dei casi è stato possibile constatare che il trattamento ha contribuito a un miglioramento clinico-funzionale nella vita quotidiana del paziente. Nel restante 30% dei casi, i pazienti hanno riferito di non aver riportato benefici significativi dal trattamento ricevuto, benché la maggior parte di essi si dichiari comunque soddisfatta. Lo scopo della raccolta dei dati in corso è quello di stabilire con precisione perché su questa porzione di pazienti il trattamento non sia stato efficace, mediante la ricerca di eventuali fattori predisponenti che possano in qualche modo ridurre l’efficacia del trattamento».