La Nota 96 emessa pochi mesi fa dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), e formalmente in vigore dal 5 novembre 2019, ha alimentato alcune controversie perché si riferisce a uno dei più classici trattamenti prescritti alle numerose persone che in Italia soffrono di osteopenia e osteoporosi: i farmaci contenenti vitamina D. «La nuova Nota 96 – dichiara per esempio la Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg) – ci sta creando diverse difficoltà di interpretazione per la complessità dei casi previsti». E Federfarma, la Federazione nazionale dei titolari di farmacie, aveva avviato un’interlocuzione con il ministero della Salute, sollecitando un chiarimento della situazione sulla questione della riclassificazione delle specialità medicinali coinvolte nella Nota 96, che ha modificato i criteri regolatori per la rimborsabilità a carico del Ssn dei farmaci classificati in fascia A a base di colecalciferolo, colecalciferolo/sali di calcio e calcifediolo.
Eppure, le intenzioni di Aifa erano di emettere un provvedimento semplice e di facile lettura, come ha ribadito in un successivo comunicato. «In virtù del principio della semplificazione – vi si leggeva – l’Agenzia ha stabilito di emanare un unico provvedimento di carattere generale (Determinazione 1533/2019) senza rilevare la necessità di procedere con ulteriori provvedimenti di riclassificazione, ritenendo che non si tratterebbe di una vera e propria riclassificazione dei farmaci, in quanto le limitazioni introdotte attraverso la Nota si riferiscono esclusivamente alla prevenzione e al trattamento della carenza di vitamina D nella popolazione adulta».
Comunque, prendendo atto delle «segnalazioni pervenute all’Aifa da alcuni operatori del settore e per fornire chiarezza sulle modalità applicative della Nota 96», l’Agenzia regolatoria ha disposto la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di un’integrazione in cui viene indicato in modo più esplicito che i farmaci in oggetto sono rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale secondo le limitazioni previste dalla Nota nella popolazione adulta (età maggiore di 18 anni), con conferma delle modalità prescrittive a carico del Servizio sanitario nazionale per la popolazione pediatrica, cui non si applica la Nota.
Del resto, come ha rilevato Simg in un suo comunicato, «bisogna chiarire, come è noto a molti, che la mission di Aifa non è quella di promulgare linee guida, ma di definire i criteri di accesso ai farmaci nell’ottica del mantenimento dell’equilibrio economico di sistema con rispetto dei tetti di spesa».
Il parere della Siot
Ovviamente, la Nota 96 è stata ampiamente discussa al congresso nazionale della Società italiana di ortopedia e traumatologia (Siot) che si è svolto a Roma, dal 7 al 10 novembre, quindi immediatamente dopo la sua entrata in vigore.
«La Nota 96 – ha spiegato Umberto Tarantino, coordinatore della commissione Osteoporosi della Siot – provvederà a regolamentare la rimborsabilità con il chiaro obiettivo di contenere la spesa a carico del Servizio sanitario nazionale. Questa posizione, comprensibile, deve essere letta, a nostro parere, non come un attacco alla terapia di supplementazione con Vitamina D, di cui infatti viene ribadita e precisata l’utilità e l’efficacia, ma come un tentativo di razionalizzarne l’uso da parte dei medici».
La Nota Aifa suddivide i pazienti ammessi alla rimborsabilità in diverse categorie e qualche difficoltà, secondo gli esperti, potrebbe sorgere per coloro che, per accedere al rimborso, devono dimostrare con un’analisi del sangue di avere un carenza di vitamina D. «Dal nostro punto di vista è più che corretto che tutte le persone che hanno tali bassi valori di dosaggio ematico possano avere accesso alla terapia rimborsata – ha detto Giovanni Iolascon della Siot –. Va invece sottolineato come nel tentativo di rendere più appropriata e adeguata la prescrizione di vitamina D, la subordinazione dell’accesso alla terapia alla determinazione dei livelli potrebbe potenzialmente, nel medio-lungo periodo, aprire il fronte di un incremento della spesa per gli esami di laboratorio necessari ad effettuare il dosaggio della vitamina D. Per questo motivo riteniamo che sarà molto importante poter valutare nel tempo quale sarà il reale impatto clinico ed economico della Nota».
Cosa prevede la Nota 96
I farmaci inclusi nella Nota Aifa sono colecalciferolo, calcifediolo e colecalciferolo/sali di calcio e la loro rimborsabilità da parte del Servizio sanitario nazionale con indicazione «prevenzione e trattamento della carenza di vitamina D» si riferisce a soggetti adulti ed è limitata a condizioni ben specificate.
Il dosaggio della 25(OH)D (anche nota come calcifediolo) circolante è il parametro unanimemente riconosciuto come indicatore affidabile dello status vitaminico. In alcuni casi, la determinazione della 25(OH)D non è richiesta: per le persone istituzionalizzate, per le donne in gravidanza o in allattamento e per le persone affette da osteoporosi da qualsiasi causa o osteopatie accertate non candidate a terapia remineralizzante.
Il dosaggio dovrebbe invece essere eseguito quando esiste almeno un sintomo persistente suggestivo di carenza di vitamina D: sintomi di osteomalacia come dolenzia in sedi ossee o dolore (anche pulsante) lombosacrale, pelvico o agli arti inferiori; senso di impedimento fisico; dolori o debolezza muscolare (anche di grado elevato) soprattutto ai quadricipiti e ai glutei con difficoltà ad alzarsi da seduto o andatura ondeggiante; dolore diffuso di lunga durata; propensione alle cadute immotivate. Il dosaggio è richiesto anche quando è prevista una terapia di lunga durata con farmaci interferenti col metabolismo della vitamina D (antiepilettici, glucocorticoidi, anti-retrovirali, anti-micotici, colestiramina, orlistat) oppure quando esiste una condizione di malassorbimento. Analogamente, Aifa prevede la valutazione dei livelli di 25(OH)D in presenza di un problema osseo accertato (osteoporosi, osteomalacia o malattia di Paget), che può beneficiare del trattamento con vitamina D o che necessita di terapia remineralizzante e quando esiste un riscontro di paratormone (PTH) elevato con livelli di calcio ematico normali o bassi.
Com’è ovvio – e Aifa lo sottolinea in un suo comunicato – il dosaggio della vitamina D esteso alla popolazione generale è inappropriato.
Gianpiero Pilat
Giornalista Tabloid di Ortopedia

QUANDO PRESCRIVERE LA VITAMINA D_L’Agenzia italiana del farmaco ricorda che l’intervallo di valori di 25(OH)D compresi tra 20 e 40 ng/mL viene considerato come il «range desiderabile». Infatti, per valori superiori ai 20 ng/mL si considera garantita l’efficacia per gli esiti scheletrici e per valori inferiori ai 40 ng/mL si considera garantita la sicurezza, non essendovi rischi aggiuntivi.
Invece, valori di 25(OH)D inferiori a 20 ng/mL indicano una carenza di vitamina D e giustificano l’inizio di una supplementazione, come indicato nel diagramma di flusso allegato alla Nota 96 e applicabile a persone con età maggiore di 18 anni (vedi tabella). L’eccezione sono i quadri clinici di patologie ossee riconosciute, per i quali la supplementazione con vitamina D può essere indicata anche in presenza di valori superiori a 20 ng/mL e per i quali è prevista la rimborsabilità da parte del Ssn. In caso di patologie ossee riconosciute, quindi, si può contare sulla rimborsabilità del farmaco da parte del Ssn a prescindere dai valori ematici di 25(OH)D.
Sempre secondo il diagramma di flusso allegato alla Nota 96, la terapia di supplementazione con vitamina D prevede una verifica dei livelli a tre mesi, alla quale segue, nei diversi casi:
– l’interruzione del trattamento a correzione avvenuta dei sintomi da carenza, salvo ricomparsa degli stessi;
– la prosecuzione per tutta la durata delle terapie remineralizzanti;
– la prosecuzione per la durata delle terapie interferenti col metabolismo della vitamina D (antiepilettici ecc.);
– la prosecuzione in caso di osteomalacia, osteoporosi e malattia di Paget.
La Nota indica che l’approccio più fisiologico della supplementazione con vitamina D è quello giornaliero, con il quale sono stati realizzati i principali studi che ne documentano l’efficacia; tuttavia, al fine di migliorare l’aderenza al trattamento, il ricorso a dosi equivalenti settimanali o mensili è giustificato da un punto di vista farmacologico. «In fase iniziale di terapia, qualora si ritenga opportuno ricorrere alla somministrazione di dosi elevate (boli), si raccomanda che queste non superino le 100.000 UI, perché per dosi superiori si è osservato un aumento degli indici di riassorbimento osseo e anche un aumento paradosso delle fratture e delle cadute» precisa il documento di Aifa. Infine, una volta verificato il raggiungimento di valori di normalità, questi possono essere mantenuti con dosi inferiori, eventualmente anche in schemi di somministrazione intervallati con una pausa estiva. Il controllo sistematico dei livelli di 25(OH)D non è raccomandato, a meno che cambino le condizioni cliniche.
E a proposito delle molecole? La Nota Aifa è esplicita: «le principali prove di efficacia antifratturativa sono state conseguite utilizzando colecalciferolo, che risulta essere la molecola di riferimento per tale indicazione», mentre «la documentazione clinica in questa area di impiego per gli analoghi idrossilati è molto limitata e mostra per il calcitriolo un rischio di ipercalcemia non trascurabile».

Andrea Peren
Giornalista Tabloid di Ortopedia