Le infezioni chirurgiche rappresentano il 4% di tutte le lesioni cutanee. Il processo di guarigione dura in media 12 mesi e nel 26% dei casi si superano addirittura i 24 mesi. Si guarda a terapia a pressione negativa e telemedicina
Le infezioni del sito chirurgico (Ssi) rappresentano il 4% di tutte le lesioni cutanee. Un evento che, quando compare, ritarda la riabilitazione oltre ad essere percepito dal paziente come un fallimento dell’intervento. Le conseguenze non riguardano solo aumento di costi e lunghi tempi di guarigione, ma viene messa in discussione anche la fiducia verso il chirurgo.
Farmaci di nuova generazione e dispositivi innovativi, come la terapia a pressione negativa (NPTW), e la telemedicina, cioè la gestione domiciliare in remoto e wireless del paziente affetto da lesione cronica della ferita, sembrano essere la chiave di volta per ridurre i costi e i tempi di guarigione. È quanto si è dibattuto al convegno “Le lesioni cutanee: una delle maggiori voci di spesa nella cura dei pazienti in assistenza domiciliare” organizzato presso la sede della Regione Lombardia da Fondazione Charta con il supporto non condizionato di Smith&Nephew, dove si sono confrontati per trovare la quadra, istituzioni, società scientifiche, economisti sanitari e associazioni di pazienti.
Insomma più che costituire un fallimento dell’intervento chirurgico in sé, l’Ssi è soprattutto un grande disagio per il paziente e la sua famiglia, che vivono l’infezione della ferita come un fallimento dell’intervento stesso che può mettere a rischio anche la fiducia nei confronti dell’ortopedico. Questo può comportare una riduzione della compliance e allungamento del tempo di riabilitazione che può avere ripercussioni sull’esito dell’intervento ortopedico.
Infezioni tra costi e disagi
Le cause di Ssi sono dovute alla presenza di compromissione vascolare, presenza di tessuto patologico oppure comorbidità Asa 3 (cardiovascolare, respiratoria e renale), diabete e patologie dismetaboliche, ma anche età avanzata, tabagismo e alcolismo, quando invece non dipendono dal paziente e quindi si parla di infezioni correlate all’assistenza (Ica). La conseguenza è l’infezione della cute e dei tessuti sottocutanei coinvolti dal processo di flogosi che provoca l’aumento della quantità di essudato fino a livelli disagevoli, causando infiammazione, dolore e odore.
Una situazione che può portare il paziente a cronicità, a ulteriori interventi chirurgici di detersione o escissione che nulla hanno a che fare con la causa primaria dell’intervento, cioè la malattia ortopedica. «Se pensiamo che le infezioni delle ferite chirurgiche sono più frequenti nei pazienti anziani e in presenza di comorbidità, si può immaginare il disagio per il malato e la famiglia. Infatti, in presenza di infezione della ferita chirurgica, i pazienti non vengono dimessi fino a quando la guarigione non è a buon punto, e qualsiasi ritardo nel processo di chiusura della ferita ha un impatto significativo sui costi, in termini di posti letto e personale infermieristico – spiega Giuseppe Nebbioso, presidente dell’Associazione per i diritti dei pazienti affetti da lesioni croniche cutanee (Simitu) –. Il processo di guarigione per i pazienti a rischio di infezione dura in media 12 mesi e superano i 24 nel 26% dei casi. Con costi stimati di circa 60 euro ad accesso ambulatoriale e 250 euro per ogni giorno in più di degenza ospedaliera, diventa necessario riorganizzare il sistema di gestione di questi pazienti per ridurre le voci di costo che oggi per il 50% riguardano l’ospedalizzazione del paziente, il 30-35% il personale infermieristico e il 15-20% i materiali».
Terapia a pressione negativa e telemedicina
Come ha dichiarato il professor Marco Romanelli, dell’Università di Pisa, presidente eletto della World Union of Wound Healing Society, la tecnologia wireless è il futuro per la gestione di questo tipo di malati. Con un progetto ambizioso che dovrebbe arrivare a conclusione a fine 2016, chiamato Swan-iCare, i pazienti saranno in grado di ricevere i benefici della terapia a pressione negativa, già dimostrati in letteratura, oltre al monitoraggio remoto di vari parametri della lesione attraverso una tecnologia wireless che mette in contatto il paziente, o i care givers, con gli operatori. Significa che il paziente con infezione della ferita chirurgica non sarà più costretto al disagio di spostarsi da casa più volte alla settimana per andare all’ambulatorio per le medicazioni, sarà più veloce la gestione di eventuali complicanze della ferita oltre a ridurre il processo burocratico legato all’appuntamento.
Anzi, grazie alla terapia a pressione negativa, il numero delle medicazioni settimanali e i tempi di guarigione si riducono insieme ai costi sanitari che oggi, secondo stime che si riferiscono al Nhs britannico, si aggirano intorno al 4% dei finanziamenti globali in sanità, la stessa percentuale usata per la gestione delle malattie correlate all’obesità (report Thin 2013 – The Health Improvement Network). «Tale percentuale è destinata ad aumentare a causa del progressivo invecchiamento della popolazione – spiega Davide Croce, responsabile scientifico del convegno e direttore del Centro di ricerca in economia e management in sanità e nel Sociale della Liuc –. Nel 2012 i cittadini definiti cronici a causa delle lesioni cutanee erano oltre il 30% e usavano circa l’80% delle risorse sanitarie. Una situazione non più sostenibile che necessita di una riforma del sistema, perché i pazienti cronici hanno bisogno di un’assistenza diversa, continua nel tempo, meno tecnica rispetto a un ospedale e più vicina a casa. La sfida della riforma della Regione Lombardia è spostare l’asse di cura dall’ospedale al territorio e in fine al domicilio con la telemedicina, potenziando anche il servizio socio-sanitario perché è evidente che con una popolazione che invecchia i bisogni sono più spesso socio-sanitari e non solo sanitari».
Liana Zorzi
Giornalista Tabloid di Ortopedia