Non eseguire risonanza magnetica del rachide lombosacrale in caso di lombalgia nelle prime sei settimane in assenza di segni/sintomi di allarme (red flags) e non eseguire di routine risonanza magnetica del ginocchio in caso di dolore acuto da trauma o di dolore cronico: sono due delle cinque procedure “inutili” o dannose identificate dagli esperti della Società italiana di radiologia medica (Sirm), che ha aderito al progetto “Fare di più non significa fare meglio” dell’italiana Slow Medicine, in analogia all’iniziativa Choosing Wisely americana.
Due indicazioni, di fatto, rivolte a medici di famiglia e a chirurghi ortopedici e vertebrali.
Riguardo alla prima indicazione, i radiologi scivono che «L’esame viene prescritto abitualmente al primo mal di schiena o sciatalgia, spesso in assenza di un trattamento conservativo fisico e medico. Se non sono presenti gravi sintomi di tipo neurologico o sistemico, la risonanza lombosacrale in caso di lombalgia e sciatalgia sia acuta sia cronica non è indicata di routine, ma deve essere presa in considerazione solo in caso di sintomi resistenti a terapia fisica e medica per almeno sei settimane. In caso di negatività – spiegano gli esperti – non deve essere ripetuta prima di 24 mesi. In assenza di segni/sintomi di allarme per lesione o compressione midollare (semafori rossi o red flags) rilevati dalla storia clinica e/o dall’esame obiettivo, l’utilizzo di risonanza magnetica e di altre tecniche di diagnostica per immagini almeno nelle prime sei settimane non modifica l’approccio terapeutico, ma può portare alla scoperta di reperti incidentali, a ulteriori esami e a interventi chirurgici non necessari, espone a radiazioni ionizzanti il paziente e rappresenta un costo elevato per la collettività».
E la risonanza magnetica del ginocchio? «L’esame è comunemente prescritto anche prima di una visita ortopedica che formuli un quesito clinico e ad ogni età, anche se dall’esame non deriva una decisione terapeutica» dice la Sirm, facendo presente che la maggior parte delle patologie può essere diagnosticata dalla storia clinica e dall’esame obiettivo ed eventualmente da una radiografia tradizionale e risponderà al trattamento conservativo fisico e medico. «In assenza di segni clinici di allarme l’utilizzo di routine di risonanza magnetica del ginocchio, nelle prime 4-6 settimane nel dolore acuto da trauma o nei primi mesi nel dolore cronico, non modifica l’approccio terapeutico, ma può portare alla scoperta di reperti incidentali, a ulteriori esami e a interventi chirurgici non necessari e rappresenta un costo elevato per la collettività. La sua effettuazione può essere considerata solo quando volta a orientare la scelta tra efficaci alternative terapeutiche, ritenute ragionevoli in base ai dati clinici» concludono i radiologi.
Le altre procedure sconsigliate dal documento redatto da Sirm nell’ambito del progetto di Slow Medicine sono quelle di non eseguire risonanza magnetica dell’encefalo per cefalea non traumatica in assenza di segni clinici di allarme, di non eseguire radiografie del torace preoperatorie in assenza di sintomi e segni clinici che facciano sospettare patologie capaci di influire sull’esito dell’intervento e di non eseguire di routine radiografia del cranio nel trauma cranico lieve.
Andrea Peren
Giornalista Tabloid di Ortopedia
Fonte: Società italiana di radiologia medica