Come affrontare la chirurgia ortopedica elettiva ai tempi del Covid19? Il tema è stato discusso da cinque specialisti in un webinar organizzato da Efort, la Federazione delle associazioni nazionali di ortopedia e traumatologia che, pur essendo stata costretta dalle circostanze a posporre al prossimo anno il suo congresso annuale, rimane estremamente attiva nella sua opera di informazione e aggiornamento. Il webinar è ora disponibile gratuitamente in modalità re-live sulla piattaforma Efort e-Science (https://efortnet.conference2web.com).
Chirurgia riparte con criteri di priorità
Come ha fatto notare Antonio Cartucho dell’Hospital Cuf Descobertas di Lisbona, è oggi impossibile prevedere quando si arriverà a ricondurre i servizi ortopedici a una situazione di normalità. Dipenderà da molte variabili: dall’indice dei contagi, dal numero di nuovi casi, ma i parametri più significativi da tener d’occhio sono, secondo l’ortopedico portoghese, i decessi, le ospedalizzazioni e l’occupazione delle unità di terapia intensiva.
«Il lockdown – ha affermato Francesco Benazzo, direttore della Clinica ortopedica e traumatologica dell’Ospedale policlinico San Matteo di Pavia – ha obbligato a rinunciare a quasi tutti gli interventi di chirurgia elettiva per limitare la diffusione dei contagi e per dirottare le risorse verso il trattamento dei pazienti affetti da Covid19. Ma ora i “trascurati” pazienti ortopedici sono di nuovo in gioco e deve essere delineata una strada per riaprire in modo sicuro ed efficace i reparti di ortopedia». Si pone così il problema di decidere quali pazienti operare e di stabilire dei criteri di priorità, ricordando che in questa scelta «dovrebbero prevalere le considerazioni etiche e non quelle economiche».
Le variabili per la scelta
Bisognerà tener conto di diverse variabili, tra cui: l’entità del dolore e della disabilità, il desiderio del paziente di esser operato immediatamente, la distanza della sua residenza dall’ospedale e l’incidenza dell’infezione nella sua area di origine.
Ma occorrerà anche valutare elementi più strettamente legati al tipo di chirurgia: sarà penalizzato chi necessita, per la presenza di comorbilità, di un complesso screening preoperatorio, di tempi chirurgici più lunghi, di unità di terapia intensiva, di trasfusioni di sangue, di una riabilitazione post-operatoria ospedaliera.
«In base a tutto questo – ha detto Benazzo – dovremmo stratificare il rischio e rimandare quando possibile le chirurgie di pazienti con più di 75 anni, obesi, con diabete, ipertensione non controllata, malattia polmonare cronica, apnea ostruttiva del sonno, patologie cardiache croniche, immunodepressi, con cancro attivo e in trattamento chemioterapico o radioterapico».
Il fast track dovrebbe essere preferito, per poter dimettere rapidamente i pazienti e ottimizzare l’occupazione dei letti e dei servizi ospedalieri in un periodo di disponibilità limitata. Insomma, sarà opportuno dare la precedenza a pazienti con bisogni reali e casistiche non troppo complesse.
Solo in reparti Covid-free
«Una volta deciso l’intervento, la priorità sarà la sicurezza del paziente» ha sostenuto Jean-Noel Argenson, del Centro ospedaliero universitario di Marsiglia. Dovrebbe essere considerato il rischio che il paziente si infetti di Covid19 durante il periodo perioperatorio, e anche se l’infezione avviene dopo l’intervento, gli esiti clinici sono peggiori. Occorre disporre di reparti totalmente Covid-free – ha sottolineato il professore – e prendere tutte le precauzione a partire dall’uso delle mascherine, ma gli stessi pazienti devono essere coscienti del rischio che corrono entrando in ospedale: coloro a cui era stato cancellato l’intervento dovranno scegliere se vogliono comunque farlo subito, se preferiscono rimandarlo di qualche mese o cancellarlo».
Riabilitazione a domicilio
Inoltre, in ortopedia il percorso del paziente solitamente non si conclude con l’intervento e la pandemia pone difficoltà anche per la riabilitazione post-operatoria. Secondo Martin Thaler, dell’Università medica di Innsbruck, è difficile dare raccomandazioni generali perché ci sono ampie differenze nella diffusione del Covid e negli approcci adottati nei diversi Paesi. L’ortopedico rileva però l’importanza di non stancarsi di educare la popolazione e gli stessi operatori sanitari e di minimizzare in ogni occasione l’esposizione a possibili contagi. «Per esempio sarebbe opportuno evitare di far passare i pazienti nelle Post Anaesthesia Care Unit (Pacu) e, dopo l’intervento, trasferirli direttamente nella propria stanza o nelle Intensive Care Unit (Icu); bisognerebbe inoltre limitare il più possibile gli esami post-operatori di routine».
L’esperto austriaco ricorda che, dopo una sostituzione primaria di anca o di ginocchio, la riabilitazione eseguita al proprio domicilio è efficace, con risultati simili a quelli che si ottengono nella terapia fisica convenzionale. È però essenziale scegliere questa modalità con pazienti in grado di garantire un’adeguata compliance e che avevano una buona funzionalità pre-operatoria.
Telemedicina per proteggere i chirurghi
In questo modo, oltre alla sicurezza dei pazienti stessi, si aumenterà quella degli operatori sanitari che, come ha ribadito Klaus-Peter Günther, co-direttore del Centro di ortopedia dell’Ospedale universitario di Dresda, si sono dimostrati a particolare rischio, infettandosi di Covid19 tre volte più spesso della popolazione generale.
In questo contesto, assume una particolare importanza la telemedicina, a cui si ricorre sempre più spesso. I vantaggi sono numerosi, limitando l’esposizione non necessaria al virus e garantendo outcome clinici paragonabili a quelli che si ottengono con le visite in ambulatorio, con una speciale utilità per i pazienti che risiedono in aree rurali.
Ovviamente bisogna essere consapevoli dei limiti: in alcuni casi l’esame fisico non è sostituibile; inoltre la sicurezza di dati sensibili potrebbe essere a rischio e gli esperti suggeriscono di ricorrere, quando possibile, a piattaforme dedicate e sicure.
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia