Indicazioni essenziali per un iter diagnostico e terapeutico omogeneo e condiviso: è questo il contenuto di un documento elaborato da una commissione di esperti di alcune delle società scientifiche che si occupano dei pazienti con osteoporosi
La diagnosi e la terapia dei pazienti affetti da osteoporosi presenta in Italia alcune problematiche. In alcuni casi non è del tutto corretta la diagnosi, in altri la terapia. Gli indirizzi seguiti sono spesso poco omogenei.
Per superare questi problemi alcune società scientifiche hanno promosso un documento comune con indicazioni diagnostiche e terapeutiche. Hanno partecipato alla stesura del documento la Società italiana di endocrinologia (Sie), la Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg), la Società italiana di medicina interna (Simi), la Società italiana di medicina fisica e riabilitativa (Simfer), la Società italiana dell’osteoporosi, del metabolismo minerale e delle malattie dello scheletro (Siommms), la Società italiana di ortopedia (Siot) e la Società italiana di reumatologia (Sir). Il documento si divide in due sezioni: diagnosi e la terapia.
La diagnosi di osteoporosi
Rispetto alla diagnosi il documento esprime con forza la necessità di individuare i soggetti ad alto rischio di frattura. A questo proposito il documento richiama la nota Aifa 79. Lo scorso anno, infatti, l’Agenzia italiana del farmaco ha aggiornato la precedente nota del 2011. Il documento stilato dalle società scientifiche raccomanda il ricorso al trattamento con farmaci per i casi inclusi nella nota. Per i casi non inclusi, occorre valutare il rischio di frattura assoluto tramite gli algoritmi Frax o Defra, inserendo anche la valutazione densitometrica.
Nei soggetti a rischio elevato di frattura bisogna anche evidenziare l’eventuale presenza di malattie causa di osteoporosi secondaria, che presentano prognosi e modalità di trattamento diverse dall’osteoporosi primitiva. Le malattie causa di osteoporosi secondaria possono essere divise in quattro gruppi. Un primo gruppo è quello delle malattie endocrine e metaboliche: iperparatiroidismo primitivo e secondario, ipogonadismo, tireotossicosi, ipercorticosurrenalismo, diabete di tipo I e II, anoressia nervosa, ipofosfatasia. Un secondo gruppo è quello delle patologie da farmaci, quali glucocorticoidi, L-tiroxina a dosi soppressive, anticoagulanti, anticonvulsivanti, inibitori dell’aromatasi, antagonisti del GnRH. Un terzo gruppo è formato dalle alterazioni nutrizionali: malassorbimento intestinale, celiachia, gastrectomia, insufficiente apporto alimentare di calcio, alcolismo, malattie infiammatorie intestinali. Il quarto gruppo è composto da osteogenesi imperfetta, artrite reumatoide e altre connettiviti, mieloma multiplo, Hiv e trapianti d’organo.
«In particolare, è sempre necessario eseguire gli esami di laboratorio di primo livello, riservando l’esecuzione degli esami di secondo livello in presenza di specifici sospetti clinici o in caso di osteoporosi particolarmente grave in relazione all’età: Z-score < -2 alla scansione Dxa e/o fratture da fragilità con caratteristiche non comuni per numero o gravità» riporta il documento.
La terapia dell’osteoporosi
La seconda parte del documento è dedicata alla terapia dell’osteoporosi. Il capitolo è suddiviso in tre sezioni: approcci non farmacologici, la supplementazione con calcio e vitamina D e i farmaci.
Rispetto agli approcci non farmacologici, secondo gli esperti, l’adozione dei comportamenti corretti è importante non solo per i pazienti ad alto rischio fratturativo, ma anche nel resto della popolazione e sin dall’età infantile. Alcuni aspetti importanti sono la cessazione del fumo e la moderazione nel consumo di alcolici. Anche l’alimentazione è importante: «un’adeguata introduzione con la dieta di nutrienti essenziali (proteine, calcio, altri minerali) durante tutte le fasi della vita è indispensabile per mantenere l’osso resistente» scrivono gli esperti. Viene raccomandato anche un buon livello di attività fisica a ogni età. Così scrivono gli esperti delle società scientifiche: «l’attività fisica, che va promossa ad ogni età, negli adolescenti e nei giovani adulti include esercizi di rinforzo, esercizi in carico e di impatto, mentre negli anziani sono indicati esercizi di rinforzo e sono importanti gli esercizi per l’equilibrio che concorrono alla riduzione del rischio di caduta». Nelle persone anziane occorre ridurre il rischio di caduta sia con l’esercizio fisico sia con adattamenti ambientali, la revisione della terapia farmacologica e quanto necessario per ridurre i rischi. Riguardo al trattamento della frattura vertebrale, il documento raccomanda riposo, busti o corsetti, analgesici minori e maggiori.
Come dosare il calcio
Un paragrafo del documento sulla terapia è dedicato alla supplementazione con calcio e vitamina D, spesso prevista insieme alla somministrazione dei farmaci per la prevenzione delle fratture. A questo riguardo il documento ricorda i rischi potenziali dell’impiego indiscriminato di supplementi di calcio e fornisce alcune indicazioni da seguire: 1) stimare sempre l’apporto alimentare mediante breve questionario prima di qualunque prescrizione; 2) tentare sempre di garantire un apporto adeguato di calcio con la sola dieta; 3) ricorrere ai supplementi solo quando la correzione dietetica non sia sufficiente, indicandone l’assunzione ai pasti e per la dose minima necessaria a soddisfare il fabbisogno, eventualmente suddividendola in più somministrazioni per ridurre la comparsa di effetti indesiderati.
Rispetto alla carenza di vitamina D, il documento ricorda che la carenza «è talmente comune in Italia nella popolazione anziana in generale e nei soggetti a rischio di frattura da fragilità che può essere considerata di regola presente, anche se non si dispone di un dosaggio plasmatico di 25 OH D». Si dovrebbe correggere la carenza con la dieta o con un’adeguata e non rischiosa esposizione alla luce solare. Se non è possibile, si deve ricorrere a supplementi di colecalciferolo. Il documento fornisce alcune indicazioni su questo punto.
Infine, riguardo ai farmaci, il documento richiama ancora una volta la nota 79 dell’Aifa, che elenca i farmaci per i pazienti ad alto rischio di frattura. La divisione in fasce «non soltanto disciplina le condizioni di erogazione dei farmaci da parte del Servizio sanitario nazionale, ma rappresenta anche in termini clinici una guida molto ragionevole per l’indicazione all’uso di quello più appropriato».
Claudia Grisanti
Giornalista Tabloid di Ortopedia