
Michele D’Arienzo
Al congresso Gisoos si fa il punto su terapia farmacologica, sintesi delle fratture da fragilità e ruolo della terapia riabilitativa, che se correttamente impostata può incidere sulla riduzione del rischio di frattura, del dolore e delle cadute nei pazienti anziani.
Da giovedì 30 giugno a sabato 2 luglio si tiene a Palermo il quarto Congresso nazionale del Gruppo italiano studio osteoporosi severa (Gisoos – www.gisoos.it) organizzato dal direttore della Clinica ortopedica dell’Università di Palermo Michele D’Arienzo e dalla direttrice dell’Uoc di riabilitazione dell’Aou Policlinico di Palermo Giulia Letizia Mauro.
Il titolo è “L’osteoporosi severa: nuove acquisizioni per l’appropriatezza diagnostica terapeutica” e saranno trattate nelle varie sessioni scientifiche e letture magistrali numerosi argomenti quali il ruolo della sclerostina nella fisiopatologia del metabolismo scheletrico, l’ipofosfatasia e altre malattie rare dell’osso, l’associazione tra osteoporosi e obesità, la guarigione dell’osso nell’osteoporosi severa. Di particolare interesse saranno quelle relative all’impiego dei nuovi farmaci e al confronto con quelli tradizionali ed è proprio da qui che iniziamo un approfondimento dei temi congressuali.
Professor D’Arienzo, quali sono le nuove acquisizioni in campo farmacologico per il trattamento dell’osteoporosi severa?
Lo scenario farmacologico per il trattamento dell’osteoporosi include numerosi farmaci fra cui gli antiriassorbitivi, gli osteoinduttori e i dual action, in associazione a calcio e vitamina D. Recenti acquisizioni nel campo della biologia cellulare e molecolare dell’osso hanno permesso di identificare nuovi target terapeutici che hanno consentito inoltre la semplificazione delle modalità di somministrazione, nel tentativo di superare il problema della scarsa aderenza ai farmaci antifratturativi.
La scoperta del sistema Rank-Rankl, come regolatore essenziale della differenziazione osteoclastica, ha permesso lo sviluppo di un anticorpo monoclonale, il denosumab, quale potente e specifico agente antiriassorbitivo. Il gruppo degli antiriassorbitivi comprende anche i bisfosfonati, efficaci in un ampio spettro di condizioni cliniche, sia in prevenzione primaria che secondaria.
Per i pazienti affetti da osteoporosi severa è indicata la terapia con il teriparatide, frammento attivo del Pth, che determina un aumento della densità minerale ossea mediante l’apposizione di nuovo osso sulle superfici trabecolari e corticali in seguito alla stimolazione preferenziale dell’attività osteoblastica, con un effetto anabolizzante sull’osso.
L’orizzonte terapeutico delle malattie demineralizzanti sembra quindi piuttosto incoraggiante e reso possibile dal progresso delle conoscenze di biologia del tessuto scheletrico e dalla messa a punto di nuove tecnologie bio-farmacologiche.
Fondamentale è l’importanza di un trattamento personalizzato, basato su un’attenta valutazione del rapporto rischi/benefici per l’impiego di una specifica molecola per ogni singolo paziente.
Una recente revisione della letteratura ha mostrato un’associazione dell’osteonecrosi dei mascellari con denosumab superiore rispetto ai bisfosfonati. Quali cautele sono opportune nell’utilizzo di questi farmaci?
La terapia con farmaci antiriassorbitivi per patologie maligne, come le metastasi ossee, a dosi decine di volte superiori a quelle utilizzate per la terapia dell’osteoporosi si associa a un aumentato rischio di sviluppo della sindrome definita osteonecrosi delle ossa del cavo orale (Onj). Questo effetto collaterale si verifica molto più raramente in pazienti in trattamento per l’osteoporosi, con un rischio aumentato in concomitanza a interventi sul cavo orale con esposizione del tessuto osseo. Una regolare igiene orale associata a terapia antibiotica corretta in questi soggetti è un’efficace e sufficiente misura di prevenzione dell’Onj.
Quali sono le nuove acquisizioni più importanti in ambito chirurgico?
Tra le novità in campo chirurgico delle “fratture da fragilità” tipiche dell’osteoporosi sottolineiamo l’impiego sempre più frequente di derivati ossei e paste ossee, che possono essere iniettate anche attraverso viti forate nel caso di fratture di collo femore in modo da raggiungere il focolaio di frattura e le zone più osteoporotiche per rinforzare e prevenire così nuove fratture.
Nel congresso di Palermo si parlerà anche di nuovi chiodi che hanno la possibilità di compattare la frattura e di placche a stabilità angolare che hanno permesso negli ultimi anni di operare, con migliori risultati, fratture nei pazienti con osteoporosi severa.
Infine in una tavola rotonda si discuterà della necessità di istituire, dove possibile, dei reparti di orto-geriatria per una corretta valutazione e preparazione del paziente dal punto di vista medico, in modo da operarlo il più velocemente possibile, entro le 48 ore, e permettere una successiva, precoce e corretta riabilitazione.
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia
LA TERAPIA RIABILITATIVA:
«L’ESERCIZIO HA UN’AZIONE
DIRETTA SULL’OSSO»
Quali risultati si possono ottenere attraverso la terapia riabilitativa nel paziente affetto da osteoporosi? «La terapia riabilitativa è fondamentale per ridurre il rischio di frattura e per ottimizzare la qualità di vita – ci ha risposto la professoressa Giulia Letizia Mauro, co-presidente del congresso Gisoos –. L’esercizio terapeutico ha un’azione diretta sull’osso migliorandone il trofismo e prevenendo la riduzione della massa ossea e un’azione indiretta sulla forza muscolare e sulla resistenza per prevenire le cadute. Importante è anche la sua efficacia sul controllo del dolore, sulla correzione di eventuali alterazioni posturali, sull’equilibrio statico e dinamico e sulla coordinazione». Come spiega la fisiatra, che dirige l’Uoc di riabilitazione dell’Aou Policlinico di Palermo, il programma riabilitativo comprende esercizi specifici per il singolo paziente, per uno o più obiettivi – densità ossea, forza muscolare, controllo posturale, funzionalità cardiopolmonare – e per la localizzazione anatomica – rachide, collo femore, polso ecc. Il carico meccanico per essere osteogenico dovrà essere applicato in compressione, in maniera dinamica e intermittente, eseguito a una certa velocità con numerose ripetizioni di breve durata ma con periodi di riposo fra le sessioni per evitare la desensibilizzazione. Inoltre dovrà essere superiore a una soglia minima efficace evitando un eccesso di sollecitazioni.
«All’interno del progetto riabilitativo per il paziente affetto da malattia osteoporotica è fondamentale l’elaborazione di un programma riabilitativo specifico per la prevenzione della cadute e per il miglioramento della deambulazione – sottolinea Letizia Mauro –. In sinergia con l’esercizio terapeutico, la terapia fisica ha un ruolo importante nella riduzione della sintomatologia algica e nel recupero del tono-trofismo muscolare. In particolare i campi magnetici pulsati migliorano l’osteogenesi stimolando l’effetto piezoelettrico dell’osso. Infine, la riabilitazione post-frattura da fragilità è indispensabile per il recupero dell’autosufficienza, per migliorare e mantenere la funzione residua e ridurre il rischio di disabilità e morte. In ogni caso – conclude l’esperta – il programma riabilitativo deve essere individualizzato e indirizzato ai fattori specifici di rischio del paziente».