
Alexander Kirienko
Il metodo Ilizarov spiegato da chi l’ha appreso direttamente dal suo inventore: Alexander Kirienko all’inizio della sua carriera ha lavorato in Siberia a fianco di Gavril Abramovich Ilizarov. Se ne parla al congresso Sife di Milano
Il congresso nazionale della Società italiana fissazione esterna (Sife) è in programma a Milano il 27 e 28 ottobre e si occuperà di rigenerazione ossea con tecniche di fissazione interna ed esterna e di prevenzione e trattamento delle infezioni ossee in traumatologia.
A presiedere la manifestazione scientifica è Alexander Kirienko. Nato in una cittadina nell’estremo oriente russo, ha lavorato come chirurgo nella divisione di Patologia della mano e del piede del Centro ortopedico e traumatologico a Kurgan, città della Siberia Occidentale. Il centro si associa a un personaggio avvolto nel mito, Gavril Abramovich Ilizarov, l’ideatore della tecnica di elongazione ossea che porta il suo nome, diffusa in tutto il mondo ma ancora ignorata da molti. In Italia da molti anni, oggi Alexander Kirienko dirige il Settore della fissazione esterna e allungamenti ossei dell’Ortho Center dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Milano).
«Al congresso Sife abbiamo scelto argomenti che sono al centro dell’interesse e dei dibattiti nell’ambito della ricostruzione ossea – ha spiegato –. Avremo ospiti di fama mondiale, come Dror Paley dagli Stati Uniti, e il fondatore dell’Associazione per lo studio e l’applicazione del metodo Ilizarov (Asami) Maurizio Catagni e anche José Carlos Bongiovanni dal Brasile, ex presidente di Asami International. Lasciamo molto spazio ai giovani, che possono presentare i loro abstract e le loro relazioni nelle sezioni di presentazioni libere. Le aziende che si occupano dei fissatori e delle moderne tecnologie di ricostruzione delle ossa ci mostreranno nuovi sviluppi tecnici e scientifici».
Dottor Kirienko, in quali casi è indicato il metodo Ilizarov?
Le indicazioni sono numerose.
In ortopedia pediatrica il metodo Ilizarov si applica per correggere dismetrie e malformazioni congenite di femore, gamba, braccio e avambraccio e per trattare diverse displasie ossee, come la malattia di Ollier, l’esostosi multipla eriditaria, la malattia di Blount, il rachitismo vitamina D-resistente, oltre a malformazioni vascolari e alla pseudoartrosi congenita. Molto noto è il suo impiego per aumentare la statura nei pazienti con acondroplasia e ipocondroplasia. Infine è particolare il trattamento delle deformità complesse dei piedi dei bambini con piede torto recidivante e altre patologie congenite, anche neurologiche.
Nei pazienti adulti, il trattamento viene effettuato in caso di fratture, specialmente se complesse ed esposte, in cui l’impiego dei mezzi di sintesi interni comporta un grosso rischio di infezione. La fissazione delle fratture “a ponte” permette di non avere dei corpi estranei, come placche e chiodi nel focolaio della frattura esposta, che per definizione è “sporca”. In questo modo, l’infezione può essere evitata in modo più sicuro, escludendo così le gravi conseguenze che si possono avere se l’infezione si propaga lungo i grossi segmenti ossei adiacenti alla frattura.
È ovviamente un metodo ideale per il trattamento delle fratture non guarite, delle pseudoartrosi settiche e dei difetti ossei. La tecnica del trasporto osseo garantisce l’eliminazione dell’osteomielite post-traumatica, il ripristino della continuità ossea e della lunghezza dell’arto leso.
Negli adulti, la metodica di Ilizarov viene utilizzata anche per la correzione delle deformità post-traumatiche o costituzionali, delle deviazioni o torsioni dell’asse dell’arto, che provocano un sovraccarico sulle articolazioni e successiva artrosi dell’anca, del ginocchio o della caviglia.
L’eliminazione delle dismetrie degli arti inferiori permette di evitare la comparsa del mal di schiena e dell’artrosi intervertebrale che si sviluppa nel corso degli anni per un abbassamento di una parte del bacino e l’inclinazione della colonna vertebrale.
Quando invece non è inidicato?
Le controindicazioni al metodo sono molto limitate, anzi il suo vantaggio è proprio la sua possibilità di utilizzo nei casi particolarmente difficili, in cui altre tecniche non possono essere applicate.
Ovviamente l’impiego del fissatore è più difficile nei casi di malattie croniche come diabete, malattie autoimmuni o problematiche vascolari. Nonostante questo, viene applicato con successo nel trattamento del piede diabetico di Charcot.
Come si esegue il metodo Ilizarov?
L’intervento inizia con l’applicazione del fissatore in una posizione che viene studiata in anticipo in planning preoperatorio e che dipende dalle indicazioni del trattamento. Anelli d’acciaio si posizionano esternamente all’arto, con fili (aghi di grande diametro) e barrette, perpendicolarmente a un segmento osseo; si applicano snodi a livello delle deformità e si unisce il tutto con aste filettate, che poi permettono di effettuare l’allungamento.
Una volta applicato il fissatore, viene effettuata una corticotomia, un’osteotomia poco traumatica con una piccola incisione per non alterare il circolo vascolare dell’osso e del periosteo, quello che garantisce una buona formazione del rigenerato in distrazione e il futuro allungamento.
È un metodo pienamente accettato dalla comunità ortopedica o ci sono ancora controversie sul suo utilizzo?
Generalmente il metodo viene oggi accettato dalla comunità ortopedica. Associazioni scientifiche della metodica di Ilizarov esistono in tutto il mondo e aiutano a curare le più difficili patologie sia nei paesi ricchi che, ancor di più, in quelli meno sviluppati.
Il metodo è complesso e di difficile esecuzione e non tutti gli ortopedici lo amano, anche se ne riconoscono i vantaggi, perché richiede una curva di apprendimento molto lunga, un lavoro faticoso e costante con i pazienti, un trattamento prolungato e laborioso.
Le controversie sorgono solo nei casi di trattamento non adeguato e non professionale, che comportano sofferenza nei pazienti, oppure alla cosiddetta intolleranza del fissatore, che tuttavia sono solo il risultato di un’applicazione non adeguata e di una cura non appropriata.
Come e dove lo si può apprendere?
Imparare da autodidatta è sconsigliabile, perché si può andare incontro a delusioni, complicanze e insoddisfazioni. Bisogna stare vicino a un esperto e vedere nella pratica quotidiana l’applicazione della metodica, durante interventi chirurgici e poi nelle visite successive dei pazienti in ambulatorio.
I centri che usano la metodica di Ilizarov non sono numerosi ma ci sono, e se un ortopedico giovane vuole apprendere il metodo, deve crescere in uno di questi centri pian piano, acquistando esperienza. Servono tempo e pazienza.
Il metodo Ilizarov viene oggi utilizzato in tutto il mondo. Il suo inventore era soddisfatto della sua applicazione?
Il suo inventore è morto nel 1992. Ilizarov era molto fiero che la conoscenza e l’utilizzo del suo metodo si erano estese a livello mondiale. Mostrava con orgoglio i successi nel trattamento dei pazienti difficili; le sue lezioni tenute nei viaggi all’estero avevano un enorme successo e la metodica determinò una rivoluzione nella storia e nella pratica dell’ortopedia e della traumatologia.
Nel Centro del professor Ilizarov in Siberia avete sperimentato indicazioni più ampie rispetto a quelle che si utilizzano nel resto del mondo?
In effetti a Kurgan avevamo – ed esiste ancora – un centro sperimentale, dove si effettuano studi su animali per poter poi applicare nuovi metodi sugli esseri umani.
La tecnica è stata studiata e applicata nella cura delle patologie della colonna vertebrale, nella sostituzione dei difetti del tetto cranico, nella cura dei monconi degli arti, nel miglioramento della circolazione periferica nei pazienti diabetici e con problemi di patologia vascolare periferica.
Quale futuro vede per il metodo di Ilizarov? È destinato a essere rimpiazzato da altri approcci o resterà una risorsa importante?
Il metodo rimane un pilastro sul quale si basano molti recenti sviluppi tecnologici in ortopedia. Per esempio, nonostante l’introduzione dei chiodi endomidollari per l’allungamento e dei moderni fissatori esapodalici, le basi teoriche e pratiche restano quelle studiate e approfondire dallo stesso Ilizarov.
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia
STUDIARE IL METODO ILIZAROV: LA BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
In letteratura scientifica esistono molte pubblicazioni che dimostrano l’efficacia del metodo di Ilizarov, ma per Alexander Kirienko bisogna sempre far riferimento al lavoro fondamentale dello stesso Gavril Ilizarov: Transosseous osteosynthesis: theoretical and clinical aspects of the regeneration and growth of tissue (ed. Springer), che è stato pubblicato per la prima volta nel 1992 e che riassume il lavoro clinico e sperimentale di tutta una vita.
Altro libro da studiare è Principles of deformity correction (ed. Springer) di Dror Paley, uscito nel 2002.
È infine fondamentale il volume del 2008 di Solomin Leonid, The basic principles of external skeletal fixation using the Ilizarov device (ed. Springer), alla cui stesura hanno partecipato molti autori, tra cui Alexander Kirienko.

La statua alla memoria di Gavril Ilizarov all’ingresso del Centro ortopedico di Kurgan, in Russia
LA STORIA DELL’OSTEOSINTESI ESTERNA DI ILIZAROV
Gavril Abramovich Ilizarov nacque nel 1921 in Polonia come sesto figlio da una famiglia povera di contadini ebrei, ma passò infanzia e adolescenza in Azerbaijan, dove viveva la famiglia della madre, facendo il pastore in montagna.
Le misere condizioni economiche gli impedirono di iniziare la scuola nei primi dieci anni, ma la sua volontà e facilità di apprendere gli permisero di recuperare rapidamente il tempo perduto fino a iscriversi, a 18 anni, alla facoltà di medicina della Crimea Medical School a Sinferòpoli. Una volta laureato gli venne assegnata come sede di lavoro un ospedale rurale a Dolgovka, nell’Oblast di Kurgan in Siberia, duemila chilometri a est di Mosca, perché era lo Stato a decidere per i primi tre anni la destinazione dei neolaureati. E fu là che, in totale isolamento, con gli scarsi mezzi a disposizione, si dedicò anche alla cura dei tanti soldati feriti e mutilati reduci dal fronte del conflitto mondiale. Ben presto, le lesioni scheletriche assorbirono maggiormente i suoi interessi. Dotato di un grande intuito, oltre che di una solida preparazione in fisiologia e biomeccanica, Ilizarov escogitò un apparato di fissazione esterna a configurazione circolare, che con semplici fili metallici incrociati era in grado di immobilizzare stabilmente l’osso, rispettandone pienamente la biologia; otteneva così consolidazioni più rapide di artrodesi, di fratture e di pseudoartrosi, anche correzioni di deformità. Aveva dovuto fare di necessità virtù, perché le risorse a sua disposizione erano molto limitate: quell’apparato, costruito con gli scarti di una fabbrica meccanica del luogo e con i raggi delle ruote di bicicletta, era forse l’unico mezzo di sintesi che poteva permettersi.
Gia nel 1952, Ilizarov descrisse, in un bollettino scientifico locale, l’allungamento di un arto di 12,3 cm con il suo apparecchio e nello stesso anno depositò il brevetto della sua invenzione. Inizialmente, il suo metodo venne fortemente criticato, ostacolato e non riconosciuto dal mondo accademico sovietico. Una svolta importante si ebbe nel 1968, quando Ilizarov curò con successo l’osteomielite post-traumatica alla tibia del campione olimpico sovietico di salto in alto Valerij Brumel, che nei tre anni precedenti, in seguito a un incidente motociclistico, aveva subito 37 interventi senza ottenere una guarigione. L’anno successivo, il ministro della Salute Sovietico dichiarò Kurgan un Centro di ricerca in ortopedia e traumatologia e nel 1970 ricevette finalmente l’approvazione degli ortopedici accademici russi.
Nel 1980 Ilizarov trattò con successo l’esploratore e scalatore italiano Carlo Mauri, che soffriva da anni di mancate consolidazioni tibiali infette. E proprio con l’aiuto di Mauri un gruppo di ortopedici italiani di Lecco si interessò al metodo Ilizarov e si recarono a Kurgan per impararlo. Nel giugno 1981, dopo un importante sforzo diplomatico per consentirne l’uscita dall’Unione Sovietica, Ilizarov era a Bellagio (Como) a parlare sul palco del XX Meeting del Club Italiano AO. Parlò per quasi tre ore davanti a duecento ortopedici. Il giorno dopo avrebbe eseguito all’ospedale di Lecco, su una bambina affetta da emimelia dell’arto inferiore, il primo impianto di un apparato di Ilizarov nel mondo occidentale.
Liberamente tratto da “Carlo Mauri alla scoperta di Ilizarov: il felice incontro voluto dal destino”. Di Nunzio Spina, Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia 2018;44:64-74.