Esperti a confronto all’Università di Milano sulla scelta dei tempi dell’intervento nel paziente anziano: va individualizzata attraverso una valutazione rischio/beneficio. E non sempre vi è correlazione fra timing chirurgico e prognosi
Il paziente anziano sovente è affetto da complessi quadri anatomo-clinici condizionati da patologie coesistenti, tra le quali l’osteoporosi, tali da determinare un precario equilibrio psico-fisico. In questi soggetti l’evento fratturativo rappresenta una delle problematiche cliniche più rilevanti, potendosi presentare in quasi tutti i segmenti scheletrici, con prevalenza negli arti, e la genesi del quadro fratturativo è spesso associata a comorbilità tali da determinare alterazioni sull’osso, con un aumentato rischio di complicanze. «In questo paziente gli specifici protocolli di fast-track, sia in chirurgia elettiva che in traumatologia, costituiscono un ambito di miglioramento clinico ma possono anche determinare rischi clinici da gestire e nuove problematiche su complicanze non sempre evitabili» avverte Fabio Maria Donelli, che presiede all’Università di Milano (Sala Napoleonica) insieme ad Alberto Corradi il convegno “L’anziano fragile: i rischi correlati al timing del fast-track”. Dopo l’emergenza virus, il convegno è stato riprogrammato e si terrà venerdì 5 giugno.
«Il timing nei processi assistenziali ha una notevolissima importanza: è uno degli elementi su cui si fonda la validità dei processi terapeutici ed è connotata da precisi aspetti medico-legali, in quanto si possono prospettare ipotesi di responsabilità degli operatori. Il convegno – spiegano Donelli e Corradi –, suddiviso in quattro sessioni, cercherà di puntualizzare prospettive e criticità di un approccio moderno al rischio in tale ambito, per poi simularne le possibili conseguenze a seguito di una richiesta risarcitoria in un caso complesso e chiudendo con una sessione dedicata a stigmatizzare gli elementi prevalenti in ambito di medicina legale». Dopo una disamina del rischio clinico e del rischio chirurgico, quindi, al convegno andrà in scena la simulazione di un processo, con tanto di contraddittorio e sentenza finale.
I rischi correlati al fast-track
In particolar modo nel paziente anziano, i percorsi fast-track di breve degenza ospedaliera hanno mostrato una serie di rischi che è fondamentale valutare prima di ogni intervento e su ogni singolo paziente. «Il rischio stima la probabilità che si verifichi l’evento lesivo nell’intervento; può essere dipendente dal paziente e/o dall’esecuzione tecnica chirurgica; in genere è prevedibile ma a volte non completamente prevenibile; in alcuni casi non è determinabile con certezza, in assenza dell’identificazione dei fattori a esso correlabili» spiegano gli esperti.
Nel paziente anziano l’aumento del rischio è legato alla coesistenza di malattie associate – respiratorie, cardiovascolari, renali e cerebrali – e il disturbo cognitivo è uno degli aspetti dell’invecchiamento che suscita maggiore preoccupazione. I fattori legati al rischio chirurgico sono la tipologia della frattura, le caratteristiche dell’intervento, il timing dell’intervento e la postura del paziente sul lettino operatorio. L’identificazione e la gradazione del rischio chirurgico sono date dalla procedura anestesiologica. «La stratificazione del rischio clinico permette di individuare i soggetti con quadro clinico a basso rischio, a rischio contenuto e a maggior rischio» spiegano Corradi e Donelli, che in ogni caso rilevano che «non sempre vi è correlazione fra timing chirurgico e prognosi».
Il paziente anziano con frattura di femore
I fattori che influenzano la morbilità e la mortalità post-chirurgica a seguito dell’intervento di frattura di femore sono dati dal quadro anatomo-clinico della frattura, dal timing di accesso al pronto soccorso e dall’età del soggetto, con l’anziano e il grande anziano che possono presentare un equilibrio molto labile.
Il primo passo è sempre una corretta gestione del paziente al ricovero. «Al ricovero è necessaria un’accurata valutazione pre-operatoria, che dovrebbe focalizzarsi sull’ottimizzazione del quadro clinico generale – spiega il professor Donelli, docente presso la scuola di specializzazione in Ortopedia e Traumatologia dell’Università di Pisa –. L’anziano dovrà essere sottoposto a idratazione, valutazione ematica e iconografica, visita cardiologica e valutazione del rischio emorragico per anestesiologia. Sarà anche importante un’anamnesi completa psichiatrica per escludere pregressi sintomi cerebro-vascolari. È noto, inoltre, che gli anziani sono più portati allo sviluppo di un delirio da stress per diverse ragioni: l’evento traumatico subito, l’ospedalizzazione, il precoce timing chirurgico, la perdita di funzionalità e il dolore post-operatorio».
Segue poi la valutazione del rischio peri-operatorio. «L’aumento del rischio è legato alla coesistenza dello stato anteriore di poli-patologia di cui è affetto il paziente anziano. Pertanto, dovrà essere fatta una valutazione rischio/beneficio per evitare anche la possibilità del verificarsi di complicanze e la scelta del timing dell’intervento dovrà essere specificatamente individualizzata» spiega Alberto Corradi, già direttore della scuola di specializzaizone in Ortopedia e Traumatologia dell’Università di Milano. Per l’esperto chirurgo, infatti, il timing ha indubbia rilevanza, ma «di fatto l’anziano non dovrà essere operato, se non prima stabilizzato o se in presenza di situazioni cliniche controindicanti un trattamento precoce».
Andrea Peren
Giornalista Tabloid di Ortopedia