I pazienti in età pediatrica sono particolarmente vulnerabili alle radiazioni a cui si espongono quando vengono sottoposti a test di diagnostica per immagini e gli ortopedici si trovano spesso nella posizione di decidere la prescrizione di questi esami, dovendo tener conto della necessità clinica immediata ma anche dell’aumentato rischio di future neoplasie. Ad aiutarli c’è ora una nuova ricerca, coordinata da David H. Godfried, professore di chirurgia ortopedica e pediatria e direttore del Centro pediatrico presso il NYU Langone Hospital for Joint Diseases di New York.
Gli autori hanno analizzato le evidenze scientifiche pubblicate finora sull’argomento e hanno presentato i risultati al meeting annuale della American Academy of Orthopaedic Surgeons (Aaos) lo scorso marzo a San Diego, corredandoli con una serie di raccomandazioni per i colleghi, finalizzate a ottimizzare il processo decisionale e a ridurre l’esposizione non necessaria alle radiazioni. Godfried fa l’esempio della Tac: «in certi casi può essere assolutamente necessaria per un bambino; ma quando ci sono più opzioni i medici dovrebbero cercare di ottenere le informazioni in un altro modo».
Un altro esempio portato dai ricercatori americani è quello dei bambini affetti da displasia: se devono essere operati vengono sottoposti a diverse Tac e ricevono tipicamente una dose doppia di raggi X rispetto ai piccoli pazienti non chirurgici; questo comporta un aumento del rischio complessivo di decesso per cancro e di difetti genetici; è un rischio inferiore all’1%, ma è statisticamente significativo. Un risultato analogo riguarda la scoliosi nel sesso femminile, in cui le pazienti sottoposte a chirurgia si espongono al doppio delle radiazioni rispetto a quelle non operate e hanno un rischio aumentato di oltre il 2% di contrarre nella loro vita un tumore al seno e anche una piccola probabilità in più di morire di leucemia.
Elenchiamo qui le best practice che gli autori dello studio suggeriscono ai chirurghi ortopedici per ridurre l’esposizione alle radiazioni a carico dei loro piccoli pazienti.
– Seguire il principio Alara (as low as reasonably achievable – il più basso ragionevolmente raggiungibile) limitando l’esposizione alle parti del corpo che è assolutamente essenziale indagare per formulare la diagnosi.
– Eliminare le esposizioni ripetute dovute a errori tecnici.
– Usare i collimatori per limitare il campo di visione allo stretto necessario.
– Limitare la fluoroscopia a brevi lampi, secondo necessità.
– Adottare protocolli di Tac a dose ridotta, adattata al peso corporeo del paziente.
– Limitare le Tac a spina dorsale e bacino nei pazienti pediatrici.
– Le pazienti sono più suscettibili a effetti avversi rispetto ai maschi.
– Nei pazienti con scoliosi, le radiografie di controllo dovrebbero essere limitate.
– Negli studi su pazienti con dismetrie degli arti inferiori, scoliosi o displasia dell’anca si dovrebbe per quando possibile ricorrere alla tecnologia Eos in sostituzione dei tradizionali raggi X.
– I raggi X sono uno strumento diagnostico accettabile per le estremità (come polso, caviglia, ecc.)
– Le Tac sono uno strumento diagnostico accettabile per le fratture del triplane.
Diverse di queste pratiche sono state messe in atto nello stesso ospedale NYU Langone e diventeranno protocolli da rispettare. Per esempio, nei bambini con scoliosi o in cui si sospettano problemi vertebrali, vengono ormai utilizzate di routine le apparecchiature Eos, che forniscono informazioni utili e comportano circa un decimo delle radiazioni emesse da una convenzionale radiografia spinale o da una Tac.
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia