
Raffaele Vitiello

Marco Galli
L’eziologia delle ulcere infette è luogo-dipendente: ogni Regione seleziona con frequenza differente i vari microrganismi, così come accade nei diversi ospedali. E anche la prevalenza di batteri antibiotico-resistenti è legata al territorio
Il diabete è la prima causa di amputazione non traumatica del piede. Le lesioni più gravi, infatti, sono predisposte a infezioni cutanee, sottocutanee e ossee e richiedono un intervento specialistico. Analizzare i microrganismi che colonizzano le ulcere infette del piede diabetico, valutarne la resistenza e sensibilità antibiotica è un passo fondamentale per un trattamento efficace.
Allo studio di questa problematica, un team multidisciplinare del Policlinico Gemelli di Roma ha dedicato uno studio osservazionale di cinque anni: ci hanno lavorato tra gli altri Raffaele Vitiello (primo autore), specializzando di ortopedia e traumatologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e Marco Galli, ricercatore confermato presso il medesimo ateneo, entrambi operativi presso il Policlinico Gemelli.
Dottor Vitiello e professor Galli, come vengono classificate le lesioni caratteristiche del piede diabetico in funzione del livello di gravità e in che modo questo aiuta a effettuare le scelte terapeutiche più adeguate?
In letteratura scientifica esistono diversi sistemi di classificazione a punteggio che permettono di valutare la gravità di una lesione nel piede diabetico. Quelli più frequentemente utilizzati sono quello di Wagner, più semplice e rapido, e quello del Texas (Texas Wound Classification System). Quest’ultima è una stadiazione che prende in considerazione non solo la gravità clinica della lesione, ma anche la coesistenza di altri fattori che concorrono ad aggravare il rischio prognostico.
Inserire adeguatamente la gravità della lesione nel contesto clinico generale permette di impostare la terapia più corretta con la giusta tempestività, sia essa conservativa o chirurgica, attuabile a livello domiciliare o ospedaliero.
In che modo i microrganismi coinvolti nell’eziologia del piede diabetico dipendono dal tipo di lesione infetta?
Le lesioni infette del paziente diabetico sono generalmente sostenute da una flora batterica polimicrobica.
È chiaro che la flora presenti anche i germi specifici del tipo di lesione che si manifesta clinicamente. In una lesione di tipo gangrenoso si troveranno dei germi anaerobi che non sono presenti in ulcere profonde associate a osteomieliti croniche.
E in che modo i patogeni dipendono dalle caratteristiche specifiche del paziente?
Ogni paziente è un caso distinto.
Esiste una moltitudine di fattori che possono influenzare il germe che viene isolato. Primo tra tutti è la località geografica di residenza, ogni zona ha un suo pattern di frequenza; altri fattori riguardano lo stato di immunodepressione del paziente, se ha avuto altre infezioni negli ultimi mesi, per una possibile contaminazione ematogena, o se è stato ospedalizzato.
In particolar modo in quest’ultimo caso dobbiamo sempre prendere in considerazione la possibilità che il patogeno che isoleremo sia un “multi-drug resistent”, cioè batteri con multiple resistenze antibiotiche di difficile eradicazione.
Quali sono i segni clinici caratteristici delle ferite infette nei piedi dei pazienti con diabete e quali indagini vanno fatte per perfezionare la diagnosi?
Si tratta dei segni classici di infiammazione e infezione: presenza di secrezioni, eventualmente anche pus, arrossamento, tumefazione. Spesso si tratta di lesioni maleodoranti, che però non sono sempre dolenti. Talvolta possono essere presenti sintomi sistemici come la febbre.
Per perfezionare la diagnosi abbiamo bisogno di esami del sangue, in particolar modo un emocromo con formula per valutare la neutrofilia; indici di flogosi come la Pcr; una ossimetria transcutanea locale per escludere eventi ischemici e infine un tampone della ferita, anche se oggi il gold standard è rappresentato dalla biopsia.
Alcuni autori hanno segnalato il rischio che queste lesioni siano gestite in modo inadeguato: quali sono gli errori più comuni e quanto conta la presenza di un infettivologo nel team?
Purtroppo spesso si tratta di lesioni che vengono sottovalutate dal paziente e dal curante. Tutte le lesioni cutanee, in particolar modo quelle del piede, nel paziente diabetico necessitano di un’attenta igiene locale ed eventuale utilizzo di particolari prodotti per evitare le sovrainfezioni.
L’errore più comune, appunto, è quello di sottovalutare il quadro clinico, che spesso è insidioso, e andare dallo specialista solo quando ormai è grave.
L’infettivologo nel team di gestione permette di ottimizzare le risorse disponibili e adeguare le terapie al paziente, che spesso presenta numerose comorbidità e fa uso di numerose terapie farmacologiche.
Quali sono i criteri per una corretta terapia antibiotica? Quando deve essere effettuata e quando no?
Oggi abbiamo la fortuna di avere a nostra disposizione delle linee guida per la gestione del piede diabetico rilasciate dalla Iwgdf (The international working group on the diabetic foot) nel 2015.
Queste linee guida affermano che una terapia antibiotica va intrapresa quando viene posta la diagnosi di infezione di un’ulcera diabetica. In base alla gravità del quadro clinico potrebbe rendersi necessaria l’ospedalizzazione del paziente; in entrambi i casi si utilizza dapprima una terapia ad ampio spettro, che viene successivamente ottimizzata sulla base dei dati colturali.
Anche nelle ferite clinicamente non accompagnate da segni di infezioni sono presenti microrganismi: che fare in questi casi?
Questi sono i casi più complessi da gestire. Prima di tutto bisogna individuare quale fattore impedisca la guarigione di un’ulcera contaminata, ma non infetta; poi lasciarsi guidare dalla clinica del paziente. Se vi è evidenza di segni clinici di allarme o alterazione dei dati laboratoristi, in assenza di altre spiegazioni, può essere precauzionale intraprendere una terapia antibiotica dopo una biopsia della lesione, che ad oggi è il gold standard diagnostico. Altro campanello d’allarme è la presenza di quei microrganismi che sono patogeni noti e frequenti in questa categoria di pazienti.
Quando si decide per una terapia antibiotica, quali microrganismi vanno considerati?
L’eziologia delle ulcere infette è luogo-dipendente, ogni Regione seleziona con frequenza differente i vari microrganismi, così come accade nei diversi ospedali.
In generale i patogeni che sono più frequentemente isolati sono Staphylococcus aureus, Pseudomonas aeruginosa ed enterococchi.
CINQUE ANNI DI OSSERVAZIONI PER COMPRENDERE LE INFEZIONI DEL PIEDE DIABETICO_«Comprendere gli agenti causali delle infezioni di ulcere diabetiche nella nostra realtà ospedaliera, così da poter rivedere i protocolli standard e adattarli ai patogeni selezionati nella nostra zona, arrivando in tal modo a utilizzare terapie empiriche più idonee, ottenendo un minor numero di complicazioni e una migliore efficacia della terapia farmacologica». Questo l’obiettivo dello studio presentato all’ultimo congresso della Società italiana di ortopedia e traumatologia (Siot) e condotto dal team multidisciplinare di Dario Pitocco, direttore dell’unità operativa di gestione del piede diabetico del Policlinico Gemelli; per quanto riguarda invece la parte ortopedica e chirurgica, hanno collaborato Marco Galli e Raffaele Vitiello, afferenti al dipartimento di ortopedia e traumatologia.
Le diverse figure professionali si sono perfettamente integrate riuscendo a effettuare una rilevante mole di esami bioptici e tamponi di ulcere infette, ottenendo così i patogeni con i rispettivi antibiogrammi in modo da arrivare a un trattamento antibiotico mirato.
«Dal nostro studio – afferma Galli – è emerso che i patogeni più frequentemente isolati nella nostra realtà sono Stafilococco Aureo, Pseudomonas Aeruginosa, Enterococco fecale, Escherica Coli e Acinetobacter baumanii. È interessante notare come questi cinque batteri costituiscano oltre il 60% delle infezioni. Se prendiamo in considerazione i primi otto microrganismi isolati arriviamo a coprire oltre il 75% del campione. Quindi è fondamentale considerare questi patogeni nella scelta della terapia antibiotica empirica. Attraverso poi uno studio degli antibiogrammi eseguiti negli ultimi cinque anni, abbiamo valutato quelli che sono i trend di antibioticoresistenza – continua Marco Galli – così da poter mettere a punto una terapia empirica adatta a coprire i patogeni noti, diminuendo il rischio che possa essere inefficace per lo sviluppo di resistenze. Questo consentirà ai pazienti di giovarsi di una terapia adattata alla nostra realtà ospedaliera, permettendo loro un più alto tasso di guarigione senza l’utilizzo di una chirurgia demolitiva. Inoltre, non meno importante, questo abbatte i costi dei trattamenti e la loro durata, riducendo così gli eventi avversi indesiderati».
Dallo studio condotto al Gemelli emerge anche un ulteriore e non trascurabile dettaglio: «Il nostro studio – riferisce Galli – ha analizzato i trend con cui le diverse specie microbiche si stanno alternando negli ultimi anni: i patogeni gram negativi sono in aumento e nel futuro rappresenteranno, probabilmente, i patogeni più frequentemente isolati insieme ai “multi-drug resistent”».
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia