Un uomo di 75 anni, pensionato, attraversando le strisce pedonali veniva violentemente investito da una Fiat Panda, riportando molteplici lesioni. Immediatamente soccorso, fu trasportato in ambulanza al pronto soccorso dove i sanitari segnalarono «politrauma, pedone investito e sbalzato circa 5-6 metri. In Nao per fibrillazione atriale. Giunge con presidi di immobilizzazione. Vigile collaborante. GCS 15. Amnesico per l’accaduto. Trachea in asse, polsi presenti. Cute francamente pallida, murmure vescicolare fisiologico, non enfisema non scrosci. Toni cardiaci validi, aritmici, addome trattabile, dolente in ipogastrio. Bacino stabile dolente sulla cresta iliaca destra. Dolore spalla destra».
Le Tac del rachide cervico-dorso-lombare, del torace e del bacino documentarono a livello toracico frattura scomposta del terzo medio distale della clavicola destra con voluminoso ematoma, frattura lievemente scomposta del II, III e IV arco costale di destra al terzo medio e a carico del bacino la frattura scomposta della branca ileo e ischio pubica di destra, la frattura dell’ala sacrale di destra, la frattura scomposta della branca ileo e ischio pubica di sinistra.
Veniva così posta diagnosi di «politrauma: frattura di bacino, frattura clavicola destra, trauma cranico commotivo, contusioni polmonari, frattura II, III e IV costa destra. Paziente in Nao ricoagulato ed emotrosfuso». L’uomo fu ricoverato nel reparto di Medicina d’urgenza dello stesso nosocomio.
Il trattamento ortopedico
La consulenza ortopedica così recita: «lesione anello pelvico (frattura transforaminale sacro a destra, fratture branche ileo e ischio pubica bilaterali). Visionata TC, clinicamente dolorabilità a livello pubico e sacrale. Cute integra, non deficit VNP. Si pone indicazione a stabilizzazione chirurgica delle lesioni pelviche. Trattamento conservativo per la clavicola destra. Richiedere valutazione anestesiologica pre-operatoria».
Trasferito nel reparto di Ortopedia per essere sottoposto a intervento di stabilizzazione del bacino, durante la degenza fu eseguito ecodoppler degli arti inferiori così concluso: «TVP distale bilaterale in paziente con politrauma, fratture multiple clavicola, ileo e costole. In Nao ricoagulato e poi emotrasfuso». Si provvide quindi a posizionare filtro cavale in sede sottorenale e ad eseguire intervento di osteosintesi sacro-iliaca con due viti cannulate così descritto: «paziente supino su letto ortopedico… sotto controllo scopico, per via percutanea tramite il gluteo destro si posizionano due viti ileosacrali di cui una da 8×110 mm a livello di S1 e una da 5,5×85 mm a livello di S2. Controllo scopico finale. Sutura del tramite cutaneo. Medicazione a piatto». Il decorso post-operatorio fu privo di complicanze e pertanto si rimosse il filtro cavale e il paziente fu trasferito in casa di cura.
Durante la degenza il paziente fu sottoposto a radiografie di controllo che documentarono gli esiti delle note fratture (fig. 1).
Successivamente la consulenza fisiatrica documentò «sindrome da allettamento in esiti di politrauma della strada del 23 dicembre scorso in cui si è procurato frattura sacroiliaca trattata con osteosintesi, multiple fratture di bacino non consolidate (branca ileopubica sinistra scomposta, ischiopubica bilaterale), frattura del terzo medio scomposta della clavicola, del processo trasverso T1 e di tre costole a destra. Paziente con fibrillazione atriale, sarcopenico, senza deficit stenici periferici. Non concesso il carico fino a metà febbraio».
Un esame ecocardiografico così concluse: «cardiopatia ipertensiva, insufficienza mitralica di grado lieve-moderato, insufficienza aortica di grado lieve, versamento pericardico di grado minimo».
La successiva consulenza dello specialista ortopedico segnalò: «clinicamente netto miglioramento rispetto ai precedenti controlli. Continua rieducazione specifica, continua esercizi di mobilizzazione attiva e passiva arti inferiori», mentre quella fisiatrica alla dimissione riportò che «il paziente è autonomo con supervisione nei passaggi posturali e nei trasferimenti; deambula con ausilio di due antibrachiali e buono schema del passo. Si consiglia di proseguire dopo la dimissione con le esercitazioni terapeutiche mirate al progressivo abbandono delle stampelle e al miglioramento della sicurezza deambulatoria. Si richiedono i seguenti ausili a domicilio: antibrachiali, deambulatore 4 puntali; seggiola removibile per doccia».
ESAME MEDICO-LEGALE
Esiti da politrauma, autonomia del paziente è compromessa
Il paziente si presenta munito di antibrachiale, con andatura claudicante. Lamenta amnesia peritraumatica e disturbi della memoria, a tratti si sente confuso, dolore a carico della spalla destra con scroscio osseo alla mobilizzazione e deficit di forza al sollevamento di oggetti pesanti; allega gonalgia bilaterale, soprattutto a sinistra con difficoltà alla flessione e ai cambiamenti posturali. Segnala dolore in regione costale destra, a livello lombare e in regione glutea, bilateralmente, oltre a sensazione di pesantezza agli arti inferiori con gonfiore locale.
Riferisce cambiamento dello stile di vita essendo limitato nelle attività quotidiane e non riuscendo più a fare passeggiate.
All’esame obiettivo si apprezza moncone di spalla destra abbassato con evidente esuberanza del callo osseo al terzo medio della clavicola. Ipotrofia della regione pettorale, articolarità della S-O scrosciante, algolimitata di circa 1/5 in abduzione-elevazione. Lieve ipostenia alle prove contro resistenza. Gli arti inferiori sono estesi sul piano del lettino e presentano evidente ipotonotrofismo muscolare. Le coxo-femorali sono limitate globalmente di circa un quarto sui vari piani di movimento. Il ginocchio sinistro è dismorfico, infiltrato, con eccedenza perimetrica di 1 cm al mediorotuleo e limitazione estensoria di qualche grado, flessoria a circa 70° (180-70). La colonna lombo-sacrale è rettilineizzata, limitata in antiflessione di circa un terzo. Elettiva dolenzia alla presso-palpazione della regione glutea, bilateralmente, e dolenzia a livello dei pregressi focolai fratturativi costali di destra.
L’esame neuro-psichico non evidenzia alterazioni rilevanti, segnalandosi, comunque, che il paziente appare rallentato, a tratti confuso, con turbe mnesiche.
Focus: le fratture dell’anello pelvico
Le fratture dell’anello pelvico sono lesioni generalmente determinate da traumi ad alta energia con prognosi a volte grave.
La pelvi è una struttura portante del tronco e degli arti inferiori. Le funzioni principali della pelvi sono statica (trasmette il peso dalla quinta vertebra lombare agli arti inferiori), dinamica (partecipa sia la marcia che i movimenti del tronco e coordina la muscolatura della locomozione e della postura), di sostegno e di protezione dei visceri pelvi e addominali inferiori. Sul bacino agiscono forze ascendenti (che procurano una resistenza al suolo) e forze discendenti (per la gravità e il peso del corpo).
Per comprendere i vari tipi di lesione del cingolo pelvico, è necessario capire il concetto di stabilità: la capacità della pelvi di sopportare carichi fisiologici. Quando, dopo un trauma, l’articolazione sacro-iliaca si distacca sul piano verticale sotto carico, è definita “verticalmente instabile”.
La classificazione delle fratture della pelvi è basata sul concetto di stabilità, evidenziato dall’esame clinico e radiografico. Pertanto, un bacino è ritenuto stabile quando sopporta i carichi fisiologici senza spostamento; è ritenuto parzialmente instabile quando si ha un’instabilità in rotazione; è ritenuto totalmente instabile quando vi è la rottura completa del complesso posteriore e si ha un’instabilità tridimensionale. Nelle fratture instabili, l’anello pelvico è interrotto in più di una sede e si ha un’interruzione dell’arco posteriore della pelvi, del sacro e dell’articolazione sacro-iliaca.
Le classificazioni delle fratture dell’anello pelvico sono quelle di Tile e di Young e Burges. La classificazione di Tile descrive in modo semplice il grado di instabilità, permette di identificare contemporaneamente la direzione del vettore di forza ipotizzando il meccanismo di lesione e il pattern di frattura. La classificazione di Young e Burges permette di definire la stabilità o l’instabilità di una frattura basandosi sull’anatomia ossea e ligamentosa della pelvi, sul tipo di frattura e sulla direzione delle forze di lesione.
Le fratture dell’acetabolo avvengono quando una forza è trasmessa dal femore alla pelvi mediante la testa del femore. Sono traumi ad alta energia e possono determinare la lussazione dell’anca e difficilmente determinano lesioni viscerali ed emorragie addominali.
Il sacro completa e chiude l’anello pelvico. Spesso il sacro e l’articolazione sacro-iliaca sono coinvolti nelle lesioni dell’anello pelvico e nelle lesioni combinate. A volte, alcune fratture del sacro sono associate a complicanze neurologiche. La classificazione più nota è quella di Denis, che si suddivide in tre tipi: Tipo 1 (a seconda che la rima di frattura verticale cada all’esterno dei forami sacrali), Tipo 2 (transforaminali) e Tipo 3 (medialmente ai forami, associata a deficit neurologici).
Focus: la sintesi delle fratture sacrali secondo la scuola AoTrauma
La sintesi interna delle fratture sacrali verticali può avvenire per via aperta o per via percutanea.
In caso di frattura scomposta, instabile o interessamento di una radice nervosa, è consigliabile una riduzione aperta e una sintesi interna. In decubito prono e attraverso un accesso posteriore, giunti sul piano osseo è necessario ispezionare la rima di frattura evidenziando ed eventualmente rimuovendo i frammenti che potrebbero essere fonte di conflitto con le radici nervose.
Tipicamente la scomposizione è craniale e posteriore. Una volta raggiunta la riduzione con pinze o con un fissatore esterno si procederà alla sintesi con placche dedicate a guisa di “H” o con placche a terzo di canale o trasversamente con placche standard 3,5 mm.
In caso di fratture composte, fratture non particolarmente instabili o pazienti in condizioni generali critiche e che malamente potrebbero tollerare un intervento in posizione prona è indicata una sintesi percutanea guidata dall’amplificatore di brillanza.
È necessario un esame di imaging approfondito sia del pattern di frattura che della eventuale presenza di variabili anatomiche. In questo l’esame CT appare dirimente. Delle buone proiezioni standard (AP, Inlet e Outlet ) sono peraltro consigliabili in quanto nel successivo intervento chirurgico l’esame utilizzato sarà l’amplificatore di brillanza, che avrà evidentemente un dettaglio minore. La procedura potrà iniziare solo in caso sia possibile avere delle buone immagini ampliscopiche. Nella proiezione Outlet si valuteranno i forami sacrali e quindi sarà possibile valutare il corretto posizionamento delle viti in senso craniale o caudale. Nella proiezione Inlet si valuteranno invece correttamente i somi vertebrali sacrali e si potrà quindi valutare il corretto posizionamento delle viti in senso anteriore o posteriore. Usualmente nella proiezione laterale si procede alla individuazione del punto di entrata del filo guida in sede iliaca. Successivamente, alternando le proiezioni laterale, Inlet e quindi Outlet si procede a sospingere il filo guida prima 1 cm dopo l’ala sacrale, quindi giusto lateralmente al forame sacrale. Una volta individuato il corretto tragitto si sospinge il filo sino al centro del soma e quindi alla porzione controlaterale del soma sacrale.
La sintesi con tale tecnica potrebbe prevedere la necessità di sintesi accessorie per incrementarne la stabilità. Il controllo radiografico al termine della procedura deve prevedere almeno tre proiezioni standard AP, Inlet e Outlet.
VALUTAZIONE MEDICO-LEGALE
Macrolesione e macrodanno: le peculiarità della valutazione dei traumi fratturativi del bacino
La valutazione del caso in esame, assai complessa, dovrà basarsi su alcuni criteri guida orientativi, non potendo prescindere dallo studio dello stato anteriore del soggetto (età, sesso, patologie di diverso genere, ecc.) e dalle condizioni minorative attuali, sia sotto il profilo dei rilievi sintomatologici che dei reperti obiettivabili, nonché dalle effettive ripercussioni sulla sfera individuale, relazionale e famigliare.
Oramai i principi generali e medico-giuridici che regolano l’accertamento della macrolesione e la valutazione del macrodanno sono stati codificati attraverso plurime pubblicazioni scientifiche per cui nulla vi sarebbe da aggiungere al riguardo. Tuttavia, riteniamo che talune minorazioni e tra queste le sequele dei traumi fratturativi del bacino non abbiano avuto una adeguata valorizzazione ed è per tale motivo che abbiamo voluto riportare il caso in esame che pone, a nostro avviso, alcune problematiche meritevoli di attenta riflessione.
Per opportuni approfondimenti sulle molteplici questioni, comprese quelle relative alla classificazione e alla biomeccanica, si rimanda al lavoro di Basile et al. (1). Emerge chiaramente che il medico-legale dovrà tener presente, caso per caso, non solo della qualità della riduzione chirurgica ma anche del tipo di frattura iniziale e della possibile prevedibilità evolutiva, al fine di valutarne l’evoluzione artrosica che implica criteri valutativi del tutto differenti.
Un contributo esaustivo è stato fornito da Ronchi et al. (2), nonché dalla Simla (3) nel 2016 che ha pubblicato le proprie linee guida per la valutazione medico-legale del danno alla persona in ambito civilistico. Al riguardo, Basile et al. fanno presente che i riferimenti valutativi di tali barèmes sono assai esaustivi nel non agevole intento di giungere a una chiara corrispondenza tra la complessità anatomo-patologica-biomeccanica delle fratture del cingolo pelvico e il valore di danno biologico permanente ad esse attribuito. Gli autori aggiungono, inoltre, che «risulta giustamente secondario ai fini valutativi il grado di limitazione articolare, che nel caso delle fratture anche complesse del bacino può essere lieve o assente e non rispecchiare le ripercussioni effettivamente esercitate sull’equilibrio biomeccanico del cingolo pelvico. Peraltro, gli esiti delle lesioni più complesse e trattate chirurgicamente, vengono giustamente collocati nell’ambito delle menomazioni macro-permanenti (dal 15 al 20%), anche a fronte di una “moderata disfunzionalità residua”, proprio per l’inevitabile pregiudizio alla stabilità dell’anello pelvico e le conseguenti ripercussioni sulla funzionalità statica e deambulatoria».
Insomma le lesioni dell’anello pelvico, pure quelle non suscettibili di trattamento chirurgico, possono determinare, alla stabilizzazione dei postumi, alterazioni dell’equilibrio muscolare gluteo e lombo-pelvico, causa anche di asimmetria del bacino e zoppia deambulatoria, idonee a sostenere – oltre che sintomi dolorosi cronici – anche un più o meno evidente pregiudizio estetico, comunque meritevole di idonea ponderazione ai fini valutativi e che certamente non potrà essere ignorata a favore delle sole menomazioni anatomo-funzionali. Sì, siamo pienamente convinti che la zoppia non debba essere considerata solo come danno funzionale, ma pure assurgere a inestetismo e a peggioramento dell’estetica del soggetto danneggiato.
In conclusione, in ambito medico-legale poche minorazioni risultano di così difficile valutazione, quali quelle riguardanti le fratture multiple e complesse del bacino. Nel caso in esame, poi, si dovrà considerare che il quadro esitale si caratterizza pure per una importante sindrome soggettiva dei cranio-lesi, per gli esiti della frattura scomposta della clavicola destra, per i postumi fratturativi a livello costale, oltre che per gli esiti di frattura del processo trasverso di T1. Si aggiunge che nel caso di plurime menomazioni monocrone coesistenti, la metodologia medico-legale impone una valutazione di tipo complessivo, non potendosi sommare le varie voci di danno – così stimando il complesso menomativo attorno al 30% di danno biologico permanente – e che, come recentemente ribadito, la stima di tale pregiudizio deve essere rapportata, tra l’altro, al sesso e all’età del danneggiato.
Danno futuro e danno alla sfera neuro-psichica
La valutazione della ipotizzata “evoluzione artrosica” in quanto valutazione di un danno futuro è assai complessa, come per tutti i danni futuri, in quanto «i danni futuri – proprio perché non ancora realizzati – vanno accertati su base prognostica, con un calcolo probabilistico» (1).
Per quanto riguarda il danno alla sfera neuro-psichica («l’esame neuro-psichico non evidenzia alterazioni rilevanti, segnalandosi, comunque, che il paziente appare rallentato, a tratti confuso, con turbe mnesiche») la prassi valutativa medico-legale ha da sempre dato la massima importanza alla conoscenza dello stato anteriore, per poter valutare i peggioramenti, e questo vale ancor di più nella valutazione della persona anziana, che potrebbe aver già manifestato segni di alterazione neuro-psichica.
La metodica valutativa deve basarsi su dati oggettivabili (ad esempio se viveva sola ecc.). Nel caso di specie il soggetto stava attraversando una strada e si presume fosse da solo e conducesse pertanto una vita autonoma, e questa autonomia sembra, dalle risultanze dell’esame obiettivo, compromessa, in quanto se limitazioni della funzionalità articolare possono essere vicariate, alterazioni mnemoniche e cognitive, anche se non gravi, hanno comunque un effetto altamente invalidante, risultandone un danno biologico ben maggiore rispetto al 30%.
Bibliografia
1. Basile G, Bove F, Passeri A, Gaudio RM. Le fratture dell’anello pelvico e acetabolo: rilievi di interesse traumatologico e valutativo medico-legale. In: Donelli FM, Gabbrielli M. Macrolesioni e macrodanno. Come valutare il danno biologico permanente di marcata entità. Maggioli, 2020.
2. Ronchi E, Mastroroberto L, Genovese U. Guida alla valutazione medico legale nell’invalidità permanente. In: Responsabilità civile e nell’assicurazione privata contro gli infortuni e le malattie, Giuffrè 2015.
3. Simla. Linee guida per la valutazione medico-legale del danno alla persona in ambito civilistico. Giuffrè, 2016.
4. Ferrari M. Danno futuro. Altalex 20/01/2020. www.altalex.com/guide/danno-futuro
Fabio Maria Donelli
Ortopedico e medico legale, Prof. a.c. presso la scuola di specializzazione in Ortopedia e Traumatologia dell’Università di Pisa
Mario Gabbrielli
Professore ordinario di medicina legale all’Università di Siena
Domenico Vasapollo
Già direttore della scuola di specializzazione
in Medicina legale, Università di Bologna
Luca Pieraccini
Specialista in medicina legale
Federica Ansaloni
Specialista in medicina legale