Chirurghi e fisioterapisti sono invitati ad abbandonare le eccessive cautele e adottare protocolli meno rigidi e restrittivi dopo un intervento di protesi d’anca; in questo modo, infatti, non si va incontro a un aumentato rischio di lussazione, anzi si ottiene una migliore e più rapida ripresa delle attività, con una maggiore soddisfazione del paziente. Questi risultati giungono da una revisione sistematica della letteratura condotta da ortopedici e fisioterapisti del St. Anna Hospital di Geldrop, nei Paesi Bassi, e sembrano reggere per i diversi tipi di approcci chirurgici, come si può leggere sulle pagine di Clinical Rehabilitation.
La revisione ha permesso di identificare solo sei studi, tre dei quali di tipo randomizzato e controllato, che hanno preso in esame un totale di 1.122 pazienti, operati sia con accesso posteriore che antero-laterale. Tra i 528 a cui erano stati raccomandati protocolli restrittivi ci sono stati otto casi di lussazione (1,5%), ma solo sei (1%) tra i 594 a cui era stato consigliato uno stile di vita con meno precauzioni.
Tradizionalmente i protocolli post-operatori prevedono restrizioni e precauzioni per i pazienti, a cui si chiede di dormire supini, usualmente con cuscini per abduzione, di servirsi di supporti per la deambulazione per diverse settimane, di sedersi solo su sedie alte e senza incrociare le gambe, di non piegarsi in avanti e di non flettere l’articolazione dell’anca oltre i 90 gradi. Inoltre generalmente non si permette ai pazienti di guidare per diversi mesi dopo l’intervento chirurgico. Il razionale di questi consigli risiede proprio nel tentativo di ridurre il rischio di lussazione ma, a quanto pare, accade proprio il contrario.
«Le ragioni per il minor tasso di lussazioni associate a protocolli con stili di vita meno restrittivi – scrivono gli autori – sono sconosciute, ma gli studi riportano per questi pazienti una precoce ripresa delle attività, cosa che potrebbe comportare un recupero anticipato dei tessuti molli, compresi i muscoli che circondano l’articolazione dell’anca, fornendo in questo modo ulteriore stabilità e riducendo il rischio di dislocazione. Sembra emergere inoltre che la selezione del paziente e la tecnica chirurgica siano più importanti del protocollo post-operatorio nel prevenire lussazioni dopo protesi d’anca. Negli studi inclusi nella nostra analisi, i tassi di lussazione sono risultati più elevati quando si è scelto l’accesso posteriore (1,8%) invece dell’approccio antero-laterale (0%)».
Dal lavoro emergono comunque molte variabili che esercitano un’influenza sul rischio post-operatorio. Ad esempio, è stata riscontrata una riduzione significativa del tasso di lussazione tra i pazienti che hanno frequentato una sessione educativa prima dell’intervento, così come è emerso il ruolo importante giocato dalle caratteristiche del paziente (età, indice di massa corporea, genere, comorbilità), dall’esperienza del chirurgo e dalle componenti utilizzati (componenti ceramiche, dimensione della testa del femore, protesi a doppia mobilità, disegno della coppa acetabolare).
Un gran numero di studi ha infine stabilito l’importanza di un corretto posizionamento dell’impianto e gli autori ricordano che, per prevenire la lussazione dopo la protesi totale dell’anca, i chirurghi ortopedici puntano, non sempre con successo, al posizionamento della coppa acetabolare con un’inclinazione di circa 45 gradi e un’antiversione da 10 a 15 gradi.
Giampiero Pilat
Giornalista Tabloid di Ortopedia