
Tommaso Vetrugno
Una perfetta collaborazione tra chirurgo, anestesista, infermieri e fisioterapisti è alla base della fast track surgery, una filosofia che si sposa a pieno con la mininvasività e promette di fare la storia del nostro sistema sanitario nei prossimi anni
Arriva dagli Usa la nuova metodica di recupero rapido chiamata fast track e in alcune realtà ospedaliere italiane è già una realtà. La fast track surgery è orientata verso una preparazione scrupolosa del paziente all’intervento e verso una gestione intraoperatoria la più mininvasiva possibile, sia dal punto di vista anestesiologico che chirurgico, al fine di riportarlo verso il suo equilibrio fisiologico nel minor tempo possibile, alimentandolo per via naturale quanto prima e iniziando precocemente la fase riabilitativa.
Ne abbiamo parlato con Tommaso Vetrugno, chirurgo del Policlinico San Giorgio di Pordenone e dell’Istituto Clinico Città di Brescia che la applica sui suoi pazienti da ormai un anno.
Grazie a modelli fast, ma anche a un’accurata gestione del dolore post-operatorio, alla collaborazione con tutte le figure coinvolte nel processo di recupero del paziente e a un’adeguata organizzazione sul territorio, gli interventi di artroplastica di ginocchio potrebbero essere effettuati in day surgery.
Dottor Vetrugno, dagli Usa si sta affermando anche in Italia il modello fast track. Qual è la sua opinione?
Da oltre un anno metto in pratica questo modello di rapido recupero post-operatorio sia su interventi di protesi d’anca che di ginocchio. Attualmente, oltre un centinaio dei miei pazienti hanno eseguito questo tipo di programma rapido senza differenze significative nell’incidenza di complicanze rispetto ai programmi post-operatori standard. I tempi di degenza però si sono notevolmente accorciati passando da 7-8 giorni a una media di 3-4, che potrebbero essere anche ulteriormente ridotti. Nella stragrande maggioranza dei casi si riesce a mettere in piedi il paziente entro 6 ore dall’intervento, a farlo deambulare per percorsi di media lunghezza già in prima giornata, a fargli salire e scendere le scale in seconda giornata e a renderlo dimissibile in terza/quarta giornata. Spesso i pazienti sono dimessi al domicilio e continuano la riabilitazione ambulatorialmente.
Bisogna dire, però, che i tempi di dimissione dipendono in parte anche da alcune situazioni socio-organizzative: penso per esempio al territorio da cui provengono buona parte dei miei pazienti (area veneziana) che costringe spesso a tenere ricoverati i pazienti già operati perché in attesa di un posto in strutture riabilitative.
Con un miglioramento ulteriore di questo protocollo e una migliore organizzazione, penso sia possibile anche in Italia, come già avviene in alcuni centri negli Usa, una gestione in day surgery o one-day surgery per l’artroplastica di ginocchio.
Quali sono i fattori che permettono al paziente di recuperare velocemente dopo un intervento di artroplastica di ginocchio?
La scelta della tecnica chirurgica è certamente importante: senza dubbio le tecniche chirurgiche mininvasive hanno permesso di effettuare interventi sempre più precisi in tempi sempre più rapidi favorendo una più rapida mobilizzazione del paziente dopo l’intervento che si traduce, spesso, con minori complicanze e maggiore collaborazione del paziente nella riabilitazione. Inoltre, secondo la mia esperienza, l’esecuzione dell’intervento senza laccio emostatico alla coscia evita “stress” muscolari e consente un’accurata emostasi.
Una buona collaborazione con l’anestesista e l’uso di protocolli per la gestione senza morfina del dolore, aiutano ulteriormente nel recupero post-operatorio del paziente. Nella mia esperienza di chirurgo, le infiltrazioni di anestetico locale periarticolare a fine intervento, usate anche in molti casi di intervento d’anca, risultano molto efficaci nel controllo del dolore, cosa che ha anche dimostrato di avere un impatto psicologico positivo sul paziente riducendo ansia e stress.
Anche la preparazione del personale infermieristico e di riabilitazione è un elemento importante di successo: il personale di riabilitazione deve essere preparato alla mobilizzazione del paziente dal giorno zero, quello infermieristico alla gestione della ferita, al riconoscimento e comunicazione immediata di possibili problematiche a cui dare risposta rapida in collaborazione con il medico che, va detto, non finisce l’intervento con l’ultimo punto di sutura ma con la messa in piedi del paziente.
Infine, ma non ultimo elemento di successo in un intervento di artroplastica di ginocchio, è la scelta dei materiali che dipendono dal tipo di paziente e problematica.
Quali sono le variabili nella scelta dei materiali?
La scelta di materiali particolari può aiutare il paziente nel riprendere una vita qualitativamente simile a quella che aveva prima di ammalarsi. È il caso, per esempio, dei pazienti giovani e, in particolar modo, sportivi, ai quali è talvolta difficile far capire che un ginocchio con una protesi non è un ginocchio normale e che, se certe attività vanno evitate, molte altre sono invece possibili.
Una moderata attività sportiva tuttavia è consigliata purché non preveda impatti sul ginocchio: sci, bicicletta, tennis, nuoto, golf sono assolutamente praticabili. Da questo punto di vista possono avere grande importanza i materiali: una protesi a basso indice di usura, penso per esempio all’ossido di zirconio, può sicuramente aiutare questi pazienti a evitare una rapida usura delle componenti ed è sicuramente la più indicata negli sportivi.
Liana Zorzi
Giornalista Tabloid di Ortopedia