Gli emofilici sono tra i pazienti protesici più giovani e il fallimento dell’impianto è un evento drammatico. Per questo è importante preferire protesi a più bassa invasività possibile e comunque modulari, adattabili alla specifica deformità del paziente
«La chirurgia protesica in emofilia è ormai considerabile di routine nei pochi centri dedicati alla gestione di questi pazienti: in tali situazioni si riescono a ottenere ottimi e duraturi risultati clinici a fronte di complicanze ridotte, sebbene vi sia un rischio teorico più elevato in frequenza rispetto alla chirurgia ortopedica nei soggetti senza difetti della coagulazione. Ma risulta cruciale la prevenzione delle complicanze emorragiche attraverso il trattamento ematologico instaurato precocemente e il ricorso a procedure conservative atte a rallentare l’evoluzione delle alterazioni articolari tipiche della patologia». Sono queste le conclusioni degli specialisti Christian Carulli, Augusto Porciatti e Massimo Innocenti, della Clinica Ortopedica dell’Università di Firenze, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Careggi, al termine di una relazione all’ultimo congresso della Società italiana di ortopedia e traumatologia (Siot) e riprese sul Giornale italiano di ortopedia e traumatologia (1).
A Massimo Innocenti, che oltre a dirigere il dipartimento è professore ordinario presso l’ateneo fiorentino, Tabloid di Ortopedia ha chiesto un approfondimento sulla protesizzazione primaria nel paziente emofilico, scelta molto spesso obbligata ma che lascia al chirurgo un bassisimo margine d’errore.
Professor Innocenti, a quali complicanze di competenza ortopedica vanno incontro i soggetti emofilici?
I soggetti emofilici tendono a sanguinare in articolazione per traumi anche lievi e l’emartro determina una progressiva degenerazione della cartilagine, accentuata dall’ipertrofia sinoviale reattiva.
Ci sono differenze, dal punto di vista dell’ortopedico, tra le diverse forme di emofilia?
L’emofilia A è la più frequente, rappresentando l’80% dei casi, mentre la B si riscontra nel 20%.
In uno studio multicentrico pubblicato su Blood nel 2009 (2) abbiamo dimostrato che nei pazienti con emofilia A vi è una possibilità tre volte maggiore di andare incontro alla necessità di una procedura ortopedica impegnativa, in sostanza ad una artroprotesi.
Quali tipi di interventi sono tipicamente richiesti all’ortopedico?
Molti pazienti vengono trattati conservativamente, in particolare con infiltrazioni di acido ialuronico; una quota minore va incontro a procedure artroscopiche o a interventi ortopedici tradizionali come artrodesi e osteotomie. Indubbiamente la nuova frontiera che si è aperta alla fine degli anni Novanta è costituita dalla chirurgia protesica, in particolare a livello del ginocchio.
Ci sono accorgimenti particolari che l’ortopedico deve mettere in atto?
Gli accorgimenti che deve mettere in atto l’ortopedico sono una perfetta pianificazione preoperatoria, particolarmente utile nell’emofilico, le cui deformità articolari sono notevolmente diverse dalle comuni alterazioni artrosiche. Questo consente di programmare l’intervento a partire dalla via chirurgica di accesso, spesso condizionata da alterazioni anche delle parti molli, rigidità articolari, pregresse cicatrici chirurgiche e permette di scegliere preliminarmente le caratteristiche dell’impianto. Questo deve essere il meno invasivo possibile e comunque modulare, per affrontare sul campo chirurgico le caratteristiche individuali della deformità da trattare, spesso del tutto peculiare da un caso all’altro.
Può intervenire qualunque ortopedico o è necessario il trattamento in centri specialistici?
Come in molte altre branche di chirurgia superspecialistica è opportuno che gli interventi siano eseguiti da un ortopedico dedicato ed esperto, in un centro dove si sia costituito un team consolidato di ematologi, anestesisti, internisti, fisiatri e psicologici.
Quando è necessario intervenire con la chirurgia protesica?
Il “quando” in questo caso non è in relazione all’età, bensì alle necessità del paziente; spesso l’emofilico ha una artropatia invalidante anche in giovane età e con le dovute cautele, dopo una corretta informazione e condivisione sia col paziente che con i suoi familiari, può essere operato in giovane età.
Se un paziente ha una artropatia invalidante a 25-30 anni, come ho spesso visto nei miei pazienti, qual è il senso di aspettare qualche anno per operare? Gli emofilici sono i pazienti più giovani nella mia casistica di chirurgia protesica.
Gli interventi di revisione sono frequenti? Quali criticità aggiuntive pongono?
Il fallimento di una protesi in un paziente emofilico è un evento drammatico e le revisioni sono estremamente complesse. Per questo è essenziale prevenire il fallimento, in particolare quello meccanico e l’infezione.
Oltre ai comuni criteri di profilassi ho verificato in vent’anni di esperienza che un elemento fondamentale è l’invasività minore possibile dell’impianto; personalmente ho revisionato una mia protesi per un allentamento dello scudo femorale causa emartri ricorrenti per incompleta sinoviectomia, ma ho revisionato molte protesi vincolate con steli di estensione cementati che erano andati incontro a fallimento meccanico, settico o entrambi.
In generale, quali sono i rischi degli interventi degli ortopedici in questi pazienti e quali risultati si possono ottenere?
I risultati oggi sono molto buoni grazie alla progressiva esperienza maturata nei centri dedicati, con scomparsa del dolore, e per il ginocchio riallineamento dell’arto e miglioramento, anche se spesso parziale, della mobilità.
Le protesi d’anca nell’emofilico hanno lo stesso risultato delle protesi per coxartrosi. La riduzione delle comorbidità che hanno rappresentato per molto tempo in questi pazienti un importante fattore di rischio per infezione, epatiti e Hiv, oggi permettono una chirurgia con sempre minore rischio di infezione e quindi risultati favorevoli maggiormente prevedibili.
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia
Bibliografia:
1. Carulli C, Porciatti T, Innocenti M. La protesizzazione primaria del paziente emofilico. Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia 2019;45(Suppl. 1):S253-S257.
2. Tagariello G, Iorio A, Santagostino E, et al. Comparison of the rates of joint arthroplasty in patients with severe factor VIII and IX deficiency: an index of different clinical severity of the 2 coagulation disorders. Blood. 2009;114(4):779-784.

EPIDEMIOLOGIA: IN ITALIA I MALATI SONO PIÙ DI 5.000_L’emofilia è un raro disordine della coagulazione di origine genetica, dove anche piccole lesioni delle pareti vasali a livello dei muscoli o delle articolazioni possono provocare dei sanguinamenti prolungati. Il numero di emorragie è imprevedibile: una persona con emofilia può andare incontro a un’emorragia tre o più volte alla settimana, o poche volte l’anno.
Inizialmente, a livello dell’articolazione colpita, l’emorragia provoca dolore e irritazione. Senza trattamento, insorgono rossore e tumefazione, il dolore aumenta e si ha rigidità nei movimenti. Emartri ripetuti nel tempo a livello di una stessa articolazione provocano deformità e impotenza funzionale.
Come emerso al simposio “Le protesi in situazioni difficili” al congresso Siot 2019 di Roma, nelle prima fasi dell’artropatia le possibilità terapeutiche possono essere di tipo fisioterapico o infiltrativo, mentre negli stadi più avanzati si ricorre alla chirurgia protesica. Nelle protesi di ginocchio e dell’anca, i moderni sistemi protesici con materiali a minor tasso di usura hanno migliorato sensibilmente la qualità di vita della persona con emofilia, con ottimi tassi di sopravvivenza nei follow-up a lungo termine; nella caviglia e nel gomito, invece, la protesi primaria non raggiunge ancora i risultati ottenuti nel ginocchio e nell’anca.
Epidemiologia dell’emofilia
A livello globale l’incidenza di emofilia A è di circa un caso ogni 5.000 maschi, di cui circa il 30% non ha familiarità con la malattia. L’emofilia B colpisce una persona ogni 25.000 maschi e rappresenta il 20-25% dei casi di emofilia. Si stima che in tutto il mondo vi siano circa 440.000 persone con questa malattia.
In Italia, sono più di 5.000 le persone con emofilia, secondo l’ultima rilevazione 2017 del Registro nazionale delle coagulopatie congenite emorragiche dell’Istituto superiore di sanità.
La Giornata mondiale dell’emofilia si celebra ogni anno il 17 aprile. Tra gli obiettivi, oltre alla sensibilizzazione sulla malattia, lo sviluppo di farmaci biologici efficaci e sicuri e un miglior accesso alla diagnosi e alla cura a livello multidisciplinare, con particolare attenzione alla salute delle articolazioni del paziente emofilico.
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia

EMOFILIA, LA GESTIONE DELLE PROBLEMATICHE MUSCOLO-SCHELETRICHE IN UN WEBINAR GRATUITO_Negli ultimi dieci anni l’emofilia, da problematica d’interesse soprattutto ematologico, è diventata pertinenza di altre specialità, in particolare ortopedica, fisiatrica e fisioterapica. Ad oggi, infatti, la complicanza prevalente è quella muscoloscheletrica, che determina gli effetti meno tollerati della malattia sulla qualità della vita in soggetti spesso molto giovani. Di qui, l’interesse degli ortopedici a studiare la malattia e a gestirla all’interno del team multidisciplinare in stretta collaborazione con gli stessi pazienti e altre figure chiave, nell’intento di prevenire, trattare o migliorare la performance dei soggetti affetti.
«Sul territorio nazionale sono numerosi i centri che si occupano degli aspetti ematologici e fisioterapici dei pazienti con emofilia. In questo scenario però è ancora poco rappresentata la presenza di ortopedici e fisiatri che possano partecipare alla catena di trattamento degli emofilici» osservano Christian Carulli e Gianluigi Pasta, rispettivamente professore associato all’Università di Firenze e responsabile dell’ambulatorio dedicato alla diagnosi e cura delle complicanze muscoloscheletriche dell’emofilia del San Matteo di Pavia.
Così, per «creare la base di informazione per figure in ambito ortopedico e fisiatrico, sensibilizzando tali soggetti a creare una vera e propria rete per rendere più omogenea, diffusa ed efficace l’erogazione dei trattamenti per tali pazienti», Carulli e Pasta hanno messo in agenda un webinar gratuito dal titolo “La gestione delle problematiche muscolo-scheletriche in emofilia”, che si terrà live giovedì 19 novembre alle ore 16 (per informazioni: www.smc-media.eu).
Un incontro fortemente voluto anche dalla Società italiana di ortopedia e traumatologia (Siot) e che approfondirà tre aspetti in particolare: il trattamento ortopedico mininvasivo (Gianluigi Pasta), la chirurgia protesica primaria e di revisione (Massimo Innocenti) e la chirurgia ortopedica articolare (Luigi Pier Solimeno).
Andrea Peren
Giornalista Tabloid di Ortopedia