La lesione dello sciatico in protesi d’anca è una complicanza poco frequente ma con prognosi sfavorevole. Tra i fattori di rischio ci sono la displasia congenita dell’anca e un precedente intervento chirurgico. Scagionata la via d’accesso postero-laterale
Le lesioni nervose a seguito di artroprotesi dell’anca sono un’evenienza sporadica, ma data la rilevanza clinica che possono assumere rappresentano un tema di grande interesse per l’evoluzione delle tecniche chirurgiche. La più comune, quella del nervo sciatico, è d’altra parte molto raramente di origine iatrogena, nella maggior parte dei casi è l’esito di un danno indiretto legato a meccanismi d’azione e a fattori di rischio sui quali la ricerca deve ancora fare chiarezza.
All’argomento un gruppo di ricercatori del Dipartimento Rizzoli-Sicilia di Bagheria ha dedicato una revisione sistematica, di cui ha presentato i risultati all’ultimo congresso nazionale della Società italiana di ortopedia e traumatologia (Siot). A fornirci un inquadramento della complicanza sono proprio i due autori della revisione: Giovanni Pignatti, direttore della Struttura complessa di Ortopedia Generale del Dipartimento Rizzoli-Sicilia, e Marcello De Fine, membro dello staff della stessa struttura.
Dottor De Fine e dottor Pignatti, nella vostra esperienza con quale frequenza si osservano lesioni non traumatiche del nervo sciatico a seguito di interventi di protesi d’anca?
Si tratta di una complicanza molto poco frequente, che si verifica in circa lo 0,5% dei casi, sebbene in contesti diversi si riportino valori di incidenza variabili, fino al 3,8%. Però questa lesione rappresenta il 90% delle lesioni neurologiche associate all’artroprotesi totale d’anca e in base ai dati della letteratura sembra avere un’incidenza più alta nella chirurgia di revisione.
Quali meccanismi si ipotizza siano in causa nel determinare tali lesioni?
Quasi mai il nervo subisce una lesione diretta, quasi sempre si tratta di un meccanismo indiretto che, presumibilmente attraverso una compressione, per esempio nell’utilizzo dei divaricatori, oppure una trazione, per esempio durante le manovre riduttive, determina un insulto ischemico a carico del nervo. Tuttavia molto spesso l’esatta eziologia del danno rimane sconosciuta.
Quali sono i segmenti del nervo più spesso coinvolti?
Nella maggior parte dei casi è interessato lo sciatico popliteo esterno. Ciò è dovuto a fattori anatomici in quanto le fibre che costituiscono questa parte del nervo sono più laterali e in maggiore tensione, essendo ancorate distalmente alla testa del perone. Inoltre, la parte più laterale del nervo sciatico è ricoperta da una quota inferiore di tessuti connettivi.
Quali altri nervi possono essere interessati?
Benché il nervo sciatico sia visto come un’unica entità anatomica a livello dell’anca, in genere lo si suole considerare funzionalmente già diviso in sciatico popliteo interno e sciatico popliteo esterno. Come premesso, le lesioni dello sciatico popliteo esterno sono di gran lunga le più frequenti, ma possono associarsi, anche se infrequentemente, a una lesione dello sciatico popliteo interno e del nervo femorale.
È possibile stabilire una relazione tra il rischio di sofferenza del nervo sciatico e la via d’accesso chirurgica o il tipo di impianto utilizzato?
Sebbene la via di accesso postero-laterale sia stata aneddoticamente ritenuta a maggior rischio, l’analisi della letteratura disponibile che abbiamo effettuato non ci ha consentito di rilevare un incremento del rischio in rapporto né alla via di accesso né al tipo di impianto utilizzato.
Si tratta per altro di una complicanza che può inficiare seriamente gli esiti di una procedura chirurgica di per sé ineccepibile.
Si possono individuare in fase preoperatoria pazienti a più alto rischio di sviluppare tale complicanza?
I pazienti affetti da displasia congenita dell’anca e quelli precedentemente sottoposti a interventi chirurgici sono a maggior rischio. Questo può essere spiegato da alterazioni anatomiche legate a queste condizioni, e quindi preesistenti rispetto all’intervento di artroprotesi, che possono modificare il decorso del nervo.
Spesso nei casi di pregressa chirurgia l’origine della maggiore vulnerabilità delle fibre nervose è la presenza a stretto contatto con il nervo di tessuto cicatriziale, che essendo poco elastico è pertanto più suscettibile al traumatismo da trazione.
Quali sono le conseguenze cliniche delle lesioni post-chirurgiche del nervo sciatico e come si affrontano?
Nel caso delle lesioni complete del nervo sciatico popliteo esterno, che sono le più frequenti, l’esito è un deficit nella dorsiflessione della caviglia, che determina una tipica andatura definita “steppage” in quanto, nell’impossibilità di flettere dorsalmente la caviglia durante la fase di oscillazione del passo, i pazienti sono costretti a flettere maggiormente l’anca per evitare di inciampare.
Questo atteggiamento si può contrastare con l’utilizzo di uno specifico tutore, la molla di Codivilla, che mantiene la caviglia a 90 gradi. Ma è anche possibile correggerlo chirurgicamente mediante un intervento di trasposizione tendinea, che porta il muscolo tibiale posteriore a svolgere una funzione di estensore: si tratta tuttavia di un intervento che implica un’impegnativa fase riabilitativa e quindi richiede una grande collaborazione da parte del paziente. Nel caso in cui l’equinismo, protratto nel tempo, porti a una deformità strutturata, si può ricorrere a un’artrodesi di caviglia.
Qual è mediamente la prognosi a lungo termine?
Abbastanza scarsa, visto che un recupero completo si osserva in una proporzione variabile da un terzo a due terzi dei casi. È pertanto necessario informare i pazienti della possibilità che non si verifichi il recupero della funzione del nervo, specificando inoltre che comunque questo processo può richiedere fino a due anni.
In assenza di linee guida specifiche qual è l’approccio consigliato per la diagnosi e il trattamento delle lesioni post-chirurgiche del nervo sciatico?
In linea generale, in presenza di una lesione documentata e clinicamente evidente, è necessario intraprendere immediatamente una terapia medica di supporto, a base di farmaci antineuritici e di cortisone. Inoltre, è opportuno ricorrere precocemente all’utilizzo di ortesi, per evitare la strutturazione di deformità in equinismo. Nei casi in cui la comparsa della paralisi nervosa può essere associata alla presenza di un abbondante ematoma, sulla base di un’evidenza strumentale all’ecografia o alla risonanza magnetica, è indicato un re-intervento urgente per evacuare il versamento.
Data la difficoltà di stabilire l’origine precisa del danno nervoso nei singoli casi, come viene argomentato il rapporto di causalità con l’intervento chirurgico in un eventuale accertamento medico-legale?
Sebbene storicamente la soglia dei tre centimetri di allungamento dell’arto sia stata considerata come il cut-off per accogliere o meno le richieste di risarcimento, il nostro esame della letteratura ha dimostrato come non vi siano basi scientifiche per identificare una soglia di allungamento a rischio.
Crediamo tuttavia che nei casi di contestazione sia necessario dimostrare: 1) di avere informato prima dell’intervento correttamente e in maniera specifica i pazienti a più alto rischio circa la loro predisposizione a sviluppare questa complicanza; 2) di avere prontamente diagnosticato il danno neurologico e intrapreso tutti i trattamenti di supporto necessari.
Qualora queste condizioni siano soddisfatte, in assenza della dimostrazione documentale della sezione chirurgica del nervo, che è una situazione davvero rara, la responsabilità dovrebbe, a nostro parere, essere esclusa.
Monica Oldani
Giornalista Tabloid di Ortopedia
Bibliografia:
1.De Fine M, Romagnoli M, Zaffagnini S, Pignatti G. Sciatic nerve palsy following total hip replacement: are patients personal characteristics more important than limb lengthening? A Systematic Review. Biomed Res Int. 2017;ID 8361071.
2.De Fine M, Pignatti G. Lesioni del nervo sciatico in pazienti sottoposti a protesi d’anca: revisione sistematica della letteratura. 103° Congresso Nazionale Siot. Bari, 9-12 novembre 2018.

PROTESI D’ANCA E LESIONI DEL NERVO SCIATICO: I DATI (SCARSI) DELLA LETTERATURA_ La revisione sistematica dei ricercatori del Rizzoli ha vagliato gli articoli finora pubblicati sulle lesioni del nervo sciatico post-artroprotesi d’anca con riferimento al rapporto con l’allungamento dell’arto, ai fattori di rischio ipotizzabili, alle strategie di trattamento e alla prognosi di tale complicanza. I 14 lavori inclusi, prevalentemente retrospettivi su serie di casi, complessivamente di scarsa qualità metodologica e molto eterogenei rispetto alle indicazioni alla sostituzione protesica nonché alle tecniche chirurgiche e agli impianti utilizzati, riguardano un totale di 385 lesioni nervose. I risultati sulle variabili di interesse, ciascuna delle quali era stata peraltro indagata solo in alcuni dei 14 lavori, sono stati i seguenti: nessuna correlazione con una soglia di allungamento dell’arto (valutata in 7 lavori); displasia congenita dell’anca e pregressa chirurgia quali fattori di aumento del rischio (7 lavori); tassi di recupero fino a due terzi dei casi (4 lavori); nessuna indicazione particolare di trattamento (3 lavori). «Lo stato dell’arte è rappresentato da una carenza di evidenze scientifiche solide e di ricerche di buona qualità metodologica – hanno concluso gli autori –. Data l’importanza dal punto di vista clinico e sanitario e anche sul piano medico-legale di questa sia pur infrequente complicanza della chirurgia d’anca, è assolutamente necessario che vengano svolti studi prospettici multicentrici con disegno comparativo allo scopo di confermare o rettificare i risultati emersi dalla nostra revisione».