L’attività fisica si conferma con sempre maggiori evidenze scientifiche come uno dei segreti per una buona salute generale e per mantenere la funzionalità di muscoli, tendini e ossa. Ma, come spesso accade, anche in questo caso il concetto chiave è quello della giusta misura.
A livello tendineo, per esempio, un esercizio fisico regolare e moderato, aumenta il ricambio del collagene, rende le fibre più resistenti, migliora le potenzialità tensoelastiche e ha persino mostrato di agire positivamente sulle piccole infiammazioni; ma se si esagera, oltre ai sovraccarichi e ripetuti microtraumi, porta a una riduzione dell’apporto ematico, genera una situazione di anossia o sub-anossia in cui proliferano i radicali liberi che, come è noto, sono dannosi per le cellule.
Uno fra i più interessanti tra i contributi scientifici recenti riguarda però la cartilagine ed è stata presentata al meeting annuale della Radiological Society of North America (Rsna) tenuto lo scorso novembre a Chicago.
Con l’invecchiamento della popolazione, l’osteoartrosi di ginocchio sta diventando un serio problema globale se è vero, come affermano i Centers for disease control and prevention, che questa condizione colpisce un anziano di 85 anni su due e, entro il 2030, riguarderà 67 milioni di persone solo negli Stati Uniti.
In un precedente studio, i ricercatori della University of California di San Francisco avevano già evidenziato un’associazione tra l’attività fisica e la degenerazione della cartilagine e ora hanno approfondito la questione osservandone l’evoluzione in un gruppo di persone di mezza età lungo un periodo di quattro anni.
Le immagini ottenute con la risonanza magnetica permettono di rilevare le aree cartilaginee con più acqua e quindi lese, che hanno tempi di rilassamento trasversale T2 più lunghi. Con questa metodica, i ricercatori hanno analizzato le cartilagini di 205 adulti, dai 45 ai 60 anni, che avevano in precedenza partecipato a un’iniziativa di prevenzione e trattamento dell’osteoartrite di ginocchio messa in campo dal National Institutes of Health.
Ne è emerso che i soggetti abitualmente impegnati in attività fisiche intense, come la corsa, hanno un maggior grado di degenerazione delle cartilagini e sono quindi a maggior rischio di sviluppare osteoartrite. Ma la sedentarietà non è una buona opzione, come conferma Thomas M. Link, il coordinatore dello studio: «quando abbiamo confrontato i dati fra i diversi gruppi di partecipanti, abbiamo evidenziato un aumento dei tempi T2 tra le persone maggiormente attive, ma lo stesso risultato si è avuto per coloro che hanno livelli di attività fisica particolarmente bassi; sembra che esista un livello ottimale di attività fisica in grado di preservare la cartilagine».
Come fanno notare gli autori dello studio, secondo le risonanze magnetiche standard i difetti cartilaginei appaiono irreversibili, ma i tempi di rilassamento T2 possono costituire un ottimo indicatore dei primi segni di degenerazione. «La cosa eccitante – riferisce il dottor Link – è che questo innovativo metodo di misurazione ci fornisce informazioni a livello biochimico e offre la possibilità di rilevare cambiamenti precoci che potrebbero essere ancora reversibili e prevenuti». Ed è ancora l’esercizio fisico, svolto però a intensità moderata, a costituire uno tra i più efficaci strumenti di prevenzione: nuotare o camminare, attività a basso impatto hanno un’azione benefica e contribuiscono a tenere sotto controllo l’obesità, un altro riconosciuto fattore di rischio per l’osteoartrosi di ginocchio.