Un decreto chiude il cerchio normativo sui registri e muove il primo passo verso l’obbligo della raccolta dei dati. Così il Registro italiano artroprotesi potrà diventare un riferimento epidemiologico a livello internazionale
La raccolta e invio dei dati al Riap, il Registro italiano artroprotesi, potrebbe diventare presto una pratica obbligatoria e di routine in ogni ospedale, pubblico e accreditato, in ogni Regione italiana. Quando arriverà quel giorno, il Riap diventerà in poco tempo un importante punto di riferimento epidemiologico a livello internazionale, come lo sono oggi i registri scandinavi o quelli di Inghilterra e Australia. Un risultato che, oltre agli enormi vantaggi dal punto di vista della sorveglianza sanitaria, andrebbe a potenziare il peso scientifico della comunità ortopedica italiana.
Sarà così per il Riap come per gli altri registri di mortalità, tumori e altre patologie, in attuazione delle norme introdotte con il decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 3 marzo 2017, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 maggio ed entrato in vigore il 27 maggio. La pubblicazione del decreto “Identificazione dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, di tumori e di altre patologie” va a chiudere l’iter normativo cominciato nel 2012 con il decreto legislativo 179/2012 (convertito in legge 17 dicembre 221/2012), nel quale si legittimava l’istituzione e le responsabilità dei sistemi di sorveglianze e dei registri, e continuato con il parere del Garante per la privacy (il 23 luglio 2015) e con l’intesa nella Conferenza Stato-Regioni del 24 novembre 2016.
Il decreto in particolare conferma e individua 31 sistemi di sorveglianza e 15 i registri di patologia di rilevanza nazionale. Come definito nel decreto, i sistemi di sorveglianza e i registri sono istituiti allo scopo di «garantire un sistema attivo di raccolta sistematica di dati anagrafici, sanitari ed epidemiologici per registrare e caratterizzare tutti i casi di rischio per la salute, di una particolare malattia e dei suoi trattamenti ed esiti o di una condizione di salute rilevante in una popolazione definita» per finalità come «prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, programmazione sanitaria, verifica della qualità delle cure, valutazione dell’assistenza sanitaria e di ricerca scientifica in ambito medico, biomedico ed epidemiologico».
Strada tracciata ma con tempi incerti
Il decreto prevede che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano «individuino progressivamente con apposito atto» il centro di riferimento regionale che garantisce la gestione amministrativa, tecnica e informatica del registro, tenendo conto degli organismi eventualmente già operanti nel proprio territorio.
La norma per dispiegare tutta la sua efficacia resta in attesa dell’emanazione dei necessari regolamenti nazionale e regionali, per i quali è impossibile ipotizzare i tempi, perché il decreto non li prevede, così come non prevede sanzioni. Il decreto “Identificazione dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, di tumori e di altre patologie” va allora letto come la volontà politica di muovere un primo e importante passo verso l’obbligatorietà della comunicazione dei dati da parte degli ospedali su tutto il territorio nazionale, fornendo alle Regioni il quadro normativo entro cui muoversi e indicando il percorso da compiere. Percorso già completato dalla Puglia dal 2010 e, a partire dal gennaio di quest’anno, dalla Campania, che hanno introdotto l’obbligatorietà per le strutture riconoscendo agli erogatori solo la remunerazione dei Drg relativi alle procedure che corrispondono al 100% con i dati inseriti nel Registro. I risultati sono ottimi: la risposta degli ospedali è stata estremamente efficiente e i valori di copertura sono molto alti.
«Importante il fatto che le Regioni e le Province autonome siano chiamate a dare attuazione a queste disposizioni e progressivamente ad adottare, laddove non sia ancora stato fatto, atti e procedure per la raccolta dei dati regionali o provinciali – scrivono su EpiCentro.it Roberta De Angelis, Angela Spinelli, Virgilia Toccaceli e Marina Torre dell’Istituto superiore di sanità –. Passaggio questo indispensabile per lo sviluppo a livello nazionale di molti registri». Per le esperte di epidemiologia, la pubblicazione di questo decreto rappresenta un momento di svolta per la sanità pubblica, perché sancisce l’idea che registri e sorveglianze sono effettivamente fonti informative fondamentali per la programmazione e la ricerca in ogni ambito sanitario, dalla prevenzione alla cura, tracciando al contempo i confini del trattamento dei dati personali e sensibili a tutela della privacy. Un provvedimento che «ha una portata epocale. È necessario pertanto, da parte delle istituzioni coinvolte, l’impegno a investire risorse per l’implementazione di un sistema che abbia copertura nazionale. Come dimostrato dalla letteratura e dall’esperienza di altri Paesi, tale sforzo sarà ampiamente ricompensato dai benefici che ne deriveranno in termini di qualità delle cure e contenimento della spesa» commentano le esperte dell’Istituto superiore di sanità.
Il Riap apre alle protesi di caviglia
Intanto il Riap progetta di allargare il suo raggio d’azione alle protesi di caviglia. La raccolta dati del Registro italiano artroprotesi è attualmente attiva per gli interventi di artroprotesi di anca, ginocchio e spalla ma, considerato l’importante incremento del numero di impianti registrato negli ultimi anni, si è deciso di rilevare anche le protesi di caviglia. Al tavolo tecnico che sta lavorando a questa sezione del registro siedono i clinici Umberto Alfieri Montrasio, Sandro Giannini, Gustavo Zanoli e Filippo Boniforti accanto all’ingegner Marina Torre, responsabile scientifico del Riap, e al dottor Eugenio Carrani, responsabile della gestione informatica dei flussi di dati.
Istituito dal 2006 presso l’Istituto superiore di sanità con l’obiettivo di «rilevare il fallimento dell’impianto e, quindi, l’intervento necessario per il suo espianto», il Riap punta a raccogliere, per tutti gli interventi di artroprotesi effettuati sul territorio nazionale, le informazioni relative al dispositivo impiantato, al paziente e all’intervento e seguire il paziente nel tempo. «I dati raccolti nel registro – si legge sul sito del Riap – consentiranno di analizzare la sopravvivenza degli impianti e rintracciare i pazienti in caso di eventi avversi».
Andrea Peren
Giornalista Tabloid di Ortopedia