Cresce la spesa per la sanità digitale ma la gran parte dei cittadini non usa i servizi sanitari via web, che porterebbero invece a un risparmio secco di milioni di euro. La comunicazione medico-paziente invece viaggia sempre più via email e WhatsApp
Dopo la contrazione del 2016, il 2017 ha visto una lieve crescita della spesa per la sanità digitale, che tocca 1,3 miliardi di euro (pari all’1,1% della spesa sanitaria pubblica, 21 euro per abitante), con una crescita del 2% rispetto all’anno precedente. Ma i servizi digitali restano diffusi a macchia di leopardo sul territorio italiano e la maggior parte dei cittadini non utilizza ancora strumenti via web per accedere ai servizi sanitari: circa l’80% degli italiani preferisce recarsi personalmente a ritirare documenti clinici, consultare un medico o pagare una prestazione; sette su dieci preferiscono parlare di persona con il proprio medico piuttosto che comunicare con strumenti tecnologici come email, Sms o WhatsApp. Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net), presentata in maggio a Milano al convegno “Sanità e digitale: uno spazio per innovare”.
Le App rappresentano una quota sempre più rilevante dei servizi digitali utilizzate dai cittadini, soprattutto per quanto riguarda le App informative, che si stanno diffondendo velocemente. Quelle di maggior interesse fra i cittadini sono quelle in grado di verificare la presenza di un farmaco in farmacia e prenotarlo e quelle per monitorare i tempi di attesa in pronto soccorso, anche se in entrambi i casi si registra una mancanza di offerta. Accanto alle App informative si diffondono anche quelle di “coaching”: il 19% dei cittadini utilizza App per monitorare lo stile di vita (ad esempio, l’alimentazione e gli allenamenti), il 12% per controllare i parametri vitali (battito, pressione, ecc.), il 7% per ricevere avvisi su controlli medici o esami periodici. L’adozione di questi strumenti diminuisce fra i cittadini con più di 55 anni o affetti da malattie croniche.
Il ritorno economico della sanità digitale
L’offerta e l’utilizzo di semplici servizi digitali ai cittadini potrebbero ridurre i costi nascosti del “non digitale”. Otto italiani su dieci nell’ultimo anno hanno ritirato documenti clinici di persona impiegando in media 45 minuti, contro i 20 per il ritiro in farmacia e i 5 via web: se invece l’80% li ritirasse online, il 10% in farmacia e solo il 10% di persona, l’impatto economico sarebbe di 1.630 milioni di euro. E sono 1.150 milioni di euro gli impatti legati all’accesso online a informazioni su prestazioni e strutture sanitarie, 1.430 milioni per la prenotazione online di visite ed esami e 980 milioni per il loro pagamento, per un totale di oltre circa 5 miliardi di euro.
«Con il progressivo invecchiamento della popolazione il divario fra bisogni di cura e risorse a disposizione è destinato a crescere e l’innovazione digitale è l’unica leva per rendere sostenibile il sistema sanitario – ha detto Mariano Corso dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità –. La leggera crescita degli investimenti per la Sanità digitale è una buona notizia, ma non basta per colmare il divario esistente. Serve un rinnovamento dei modelli organizzativi delle aziende sanitarie, spostando le prestazioni dall’ospedale al territorio e migliorando l’accesso alle cure. È necessaria la partecipazione attiva dei cittadini alla corretta gestione della propria salute, da incentivare attraverso l’adozione di strumenti digitali utili per comunicare col medico, per accedere ai propri dati clinici, come il Fascicolo Sanitario Elettronico, e per monitorare il proprio stile di vita, come le App. Serve infine lo sviluppo delle necessarie competenze digitali degli operatori sanitari, sia nelle università che attraverso piani di formazione continua sul posto di lavoro».
La comunicazione medico-paziente
I cittadini si mostrano ancora poco digitali anche nella comunicazione col proprio medico: ben sette su dieci preferiscono incontrarlo di persona. Fra coloro che si servono di strumenti digitali, la maggior parte utilizza l’email (15%), poi vengono gli Sms (13%) e infine WhatsApp, il cui uso è passato dal 7% di un anno fa al 12% dell’ultima rilevazione. I cittadini usano Sms e WhatsApp soprattutto per fissare/spostare visite e comunicare lo stato di salute.
Più alto il livello di utilizzo degli strumenti digitali da parte dei medici specialisti e di famiglia con i loro pazienti. Anche in questo caso il mezzo più utilizzato è l’email (77% tra gli specialisti e 83% tra i medici di famiglia), seguita da WhatsApp (52% e 63%) e Sms (46% e 61%). In particolare, WhatsApp è utilizzato perché consente di scambiare facilmente e rapidamente dati, immagini e informazioni consentendo di evitare visite non necessarie (secondo il 58% dei medici specialisti e il 63% dei medici di medicina generale). Anche i medici usano le email principalmente per condividere documenti con i propri pazienti (74% gli specialisti, 88% i medici di famiglia) o con altri operatori sanitari (64% e 50%), mentre preferiscono gli Sms o WhatsApp per condividere informazioni organizzative.
Fra i medici che non fanno uso di questi strumenti, uno su due teme che si possano creare incomprensioni con i pazienti ed è diffusa la preoccupazione che l’utilizzo di questi strumenti possa aumentare il carico di lavoro del medico e che possa comportare rischi legati a un mancato rispetto della normativa sulla privacy. Tuttavia, il 71% dei medici internisti e il 57% dei medici di famiglia sarebbero favorevoli all’introduzione di un’applicazione simile a WhatsApp, ma certificata e specifica per la sanità.
«L’utilizzo di strumenti digitali per comunicare con i propri pazienti è un segnale positivo di come i medici stiano sempre più acquisendo consapevolezza sull’importanza del digitale, che consente di rendere più veloce ed efficace lo scambio di informazioni – osserva Chiara Sgarbossa dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità –. Si parla tuttavia di strumenti basilari, che spesso non necessitano di formazione specifica né di un cambiamento profondo a livello culturale. È importante, invece, che i medici siano sempre più attenti alla propria formazione rispetto alle competenze digitali necessarie allo sviluppo di nuovi progetti di innovazione digitale utili a migliorare i processi e i servizi sanitari».
Andrea Peren
Giornalista Tabloid di Ortopedia