Assistenza riabilitativa ai minimi storici a causa del Covid19: «le persone con disabilità cronica hanno visto ridurre drammaticamente l’assistenza riabilitativa» denuncia Pietro Fiore. E lo conferma un’analisi internazionale dell’Oms
C’è da tempo una carenza di investimenti nella riabilitazione delle malattie non trasmissibili: lo dichiara l’Organizzazione mondiale della sanità in un documento emesso in giugno, in cui si sintetizzano i risultati di un’indagine che raccoglie i dati di 163 Paesi e si evidenza come la pandemia abbia peggiorato drammaticamente una situazione già difficile: la riabilitazione è stato il servizio maggiormente penalizzato.
Secondo l’Oms le ragioni vanno ricercate nel fatto che «la riabilitazione continua a essere erroneamente percepita come un servizio sanitario non essenziale, quando invece è essenziale per molti pazienti».
Tra i servizi più spesso interrotti ci sono la riabilitazione acuta (dimissione prematura dopo Covid19, ma anche dopo malattie cardiache, ictus e interventi chirurgici), la riabilitazione post-acuta (per esempio per malattie cardiovascolari e amputazioni) e la riabilitazione ambulatoriale. Le conseguenze sono facilmente intuibili: compromissione degli esiti di salute, aumento delle future necessità di intervento, compresi ricoveri ospedalieri per complicazioni, che si sarebbero potuti prevenire.
Di tutto questo abbiamo parlato con Pietro Fiore, professore ordinario all’Università di Foggia e presidente della Società italiana di medicina fisica e riabilitativa (Simfer), alla vigilia del congresso (virtuale) della società scientifica, che si tiene dal 2 al 4 dicembre.
Professor Fiore, a livello globale, secondo analisi dell’Oms, molti servizi di riabilitazione si sono completamente interrotti e risultano i più compromessi dalla pandemia
Anche in Italia la riabilitazione, come tutti i settori dell’assistenza sanitaria, è stato ad un tempo protagonista e vittima degli effetti prodotti dalla pandemia. Alcuni reparti hanno dovuto dimettere o sospendere i ricoveri per liberare il posto ai pazienti con Covid19, altri reparti hanno avuto una drastica riduzione dei posti letto. Le strutture pubbliche riabilitative, già presenti in numero insufficiente in epoca pre-pandemia, sono state particolarmente danneggiate. Alla stessa maniera, in alcune regioni le strutture riabilitative territoriali e ambulatoriali hanno continuato a erogare le prestazioni, anche se con limitazione di accessi e riduzione del personale; in altre sono state praticamente interrotte tutte le attività.
Dopo il lockdown, qual è stato l’impatto del virus sul lavoro nei reparti di riabilitazione?
La ripartenza è stata particolarmente difficoltosa soprattutto in ambito territoriale, area in cui la pandemia ha evidenziato diffuse carenze in tutti i settori dell’assistenza sanitaria, e su cui va posta particolare attenzione. Alcune strutture riabilitative ospedaliere sono state impegnate nell’assistenza dei pazienti in recupero dopo essere stati infettati dal Covid19 (con sierologia negativa), altre hanno ripreso con difficoltà le attività di ricovero adottando misure di prevenzione, come ad esempio triage, sospensione delle visite dei parenti ai degenti e riduzione dei posti letto. Le strutture ambulatoriali, alla stessa maniera, hanno ripreso le loro attività adottando protocolli di prevenzione dell’infezione da Covid19 (triage, sanificazione degli ambienti, utilizzazione delle mascherine, dei guanti, dei camici monouso, delle visiere, dei calzari, ecc.).
Questa pandemia ha trascurato le persone con disabilità cronica Covid-free, che hanno visto drammaticamente ridurre l’assistenza riabilitativa, ad esempio pazienti oncologici, con malattie neurodegenerative, con malattie cardiovascolari o polmonari.
Come organizzare la medicina riabilitativa del futuro?
Nel futuro occorrerà recuperare il tempo perduto nella cura delle persone con disabilità cronica, attrezzarsi per garantire accessibilità, sicurezza e continuità della presa in carico riabilitativa, essere preparati ad affrontare le nuove sfide e a gestire l’imprevisto, sfruttare al meglio le nuove tecnologie e l’esperienza dei mesi passati.
La telemedicina potrà avere un ruolo? Con che modalità?
Durante la fase critica della pandemia la Simfer ha proposto e costituito, con l’aiuto di circa 300 fisiatri volontari, una rete di ambulatori virtuali o di teleconsulto a disposizione delle persone disabili, che dal proprio domicilio hanno sottoposto domande riguardanti i molteplici aspetti dell’assistenza riabilitativa.
Una metodica di telemedicina che è stata gradita dagli utenti, evidenziando l’utilità di queste forme di teleassistenza. Altri esempi sono le attività di teleconsulto svolte dai fisiatri dei servizi territoriali delle Asl, che insieme a fisioterapisti, logopedisti e terapisti occupazionali hanno svolto un ruolo importante nel garantire in qualche maniera la continuità della presa in carico. È stata l’occasione per non abbandonare del tutto l’utenza durante questa terribile pandemia.

I servizi di riabilitazione sono stati i più colpiti dalla prima ondata della pandemia: lo ha rilevato un’analisi dell’Oms con un sondaggio condotto su 163 ministeri della Salute nazionali in un periodo di tre settimane nel maggio 2020. Fonte: Oms. Rapid assessment of service delivery for NCDs during the Covid19 pandemic. Published
on 30 June 2020 at 19:00
Simfer si pone in maniera critica verso la “riabilitazione d’organo” e trova una sponda importante nell’Oms, che considera la riabilitazione come un settore autonomo e specifico dei sistemi sanitari, di importanza prioritaria per la loro attività nel 21esimo secolo. Quali sono le implicazioni dal punto di vista organizzativo?
Il modello biomedico, al quale si ispirano le “riabilitazioni aggettivate” o “riabilitazioni d’organo” per affrontare le problematiche della disabilità, intesa oggi come perdita del “funzionamento” secondo la classificazione Icf dell’Oms, si contrappone al modello biopsicosociale, in base al quale tutte le attività riabilitative, sanitarie e non, sono basate sulla presa in carico della persona disabile.
La riabilitazione, pilastro fondamentale di tutti i sistemi sanitari, oltre alla prevenzione e alla cura, si propone come strumento utile per affrontare le sfide dei prossimi anni: incremento delle malattie croniche disabilitanti per aumento dell’età media e dell’aspettativa di vita. Tutti i soggetti che hanno superato i 70 anni anni presentano in media almeno una comorbilità e se si considerano quelli over 80 le comorbilità sono in media due o tre, determinando una perdita delle attività e una restrizione della partecipazione e quindi del “funzionamento”.
Tutto ciò porta a considerare come l’organizzazione delle attività sanitarie debba fin da ora “presidiare” il territorio, abbandonando la visione ospedalo-centrica. La presa in carico della persona disabile va garantita con la continuità assistenziale, lo sviluppo di setting di cura e riabilitazione collocati soprattutto al di fuori degli ospedali, con l’appropriatezza di tutti gli interventi, a iniziare dai ricoveri ospedalieri nelle strutture riabilitative.
Quali sono le vostre proposte e come sono state accolte dalle autorità sanitarie?
Le proposte della Simfer sono state messe in risalto già nel position paper sulla cronicità del 2015, ma altre sono state avanzate in vari tavoli tecnici a livello nazionale e regionale a proposito dell’esigenza di una appropriatezza dei percorsi nella rete di riabilitazione e dei ricoveri nelle strutture ospedaliere (codici 56, 75 e 28) ed extraospedaliere. Inoltre è stata proposta la valorizzazione e l’incremento dei posti letto codice 56 (recupero e rieducazione funzionale), che costituiscono la tipologia più appropriata dell’assistenza riabilitativa per ogni disabilità ad alta, media e bassa complessità.
Sono stati anche proposti l’utilizzo di una Scheda di dimissione ospedaliera riabilitativa (Sdor), Percorsi diagnostici terapeutici e assistenziali riabilitativi (Pdtar) per le varie malattie disabilitanti, soluzioni appropriate di interventi e molto altro. Questo aiuterebbe a superare diverse criticità, come l’inadeguatezza e l’incompletezza dei flussi informativi a livello nazionale in relazione alla codifica; favorirebbe il monitoraggio e la valorizzazione di molti aspetti dell’assistenza riabilitativa; ridurrebbe le marcate disomogeneità regionali per quanto riguarda diversi aspetti dell’assistenza e l’inadeguatezza dei criteri di finanziamento e di valorizzazione delle prestazioni (i termini di proroga del DM 18/10./2012 sulle tariffe di assistenza ospedaliera sono scaduti da anni); infine permetterebbe di superare la mancata definizione di alcuni standard quantitativi di dotazioni ospedaliere: requisiti organizzativi, tecnologici e strutturali (DM 70/2015) e la carenza di sistemi condivisi di valutazione degli esiti dell’assistenza.
Le autorità sanitarie sono ben disponibili a valutare le nostre proposte e siamo in attesa di disposizioni legislative che le prendano in considerazione.
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia
CONGRESSO VIRTUALE SIMFER IN PIENA SECONDA ONDATA: COME RIORGANIZZARE I SERVIZI AI TEMPI DELLA PANDEMIA
Anche la Simfer, come tutte le altre società scientifiche di area medica, ha dovuto prendere atto dell’impossibilità di svolgere il proprio congresso nazionale 2020 in presenza. «Il congresso 2020 viene comunque svolto, seppure in forma virtuale – ha dichiarato il presidente Simfer Pietro Fiore – e il consiglio di presidenza ha deciso di assumere in prima persona il compito di organizzarlo, in collaborazione con le sezioni scientifiche, a testimonianza dell’impegno di tutta la nostra comunità professionale per contribuire alla piena ripresa di operatività dei servizi riabilitativi e delle attività del medico fisiatra, in un grande sforzo comune di riflessione su come riorganizzarsi al meglio facendo tesoro delle pur dolorose esperienze passate».
Il congresso si tiene dal 2 al 4 dicembre 2020, con sessioni pomeridiane online in forma di webinar. Nonostante il format virtuale, è stato previsto anche un momento di “incontro”, seppure a distanza, per i gruppi regionali, nella migliore tradizione Simfer. «Recuperare il tempo perduto nella cura delle persone con disabilità, attrezzarsi per garantire accessibilità, sicurezza e continuità della presa in carico riabilitativa, essere preparati ad affrontare le nuove sfide e a gestire l’imprevisto, sfruttare al meglio le nuove tecnologie e l’esperienza dei mesi passati: questi sono gli obiettivi principali di questo evento, che se per molti aspetti sarà immateriale e virtuale, non sarà per questo meno concreto e ricco di risultati» spiega Fiore.
Tutto rimandato al 2021
Virus permettendo, si tornerà alla normalità nel 2021: il congresso nazionale si terrà in modalità residenziale a Milano, presso il Centro Congressi Mico, dal 29 al 31 ottobre.
Anche il rinnovo delle cariche societarie, sia centrali sia regionali, è stato rimandato all’anno prossimo: lo statuto della società scientifica non prevede una votazione a distanza, ma solo in presenza, così il consiglio di presidenza ha deliberato di “congelare” per un anno le cariche societarie attuali, per procedere al loro rinnovo durante il congresso di Milano 2021, in presenza.
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia