In un forum al congresso della Società italiana chirurghi ortopedici dell’ospedalità privata si è parlato molto anche di nuove tecnologie: «con meno burocrazia, il settore privato può fare innovazione a lungo termine»
L’ortopedia privata rappresenta in Italia una realtà consolidata, con 263 case convenzionate, 1.232 posti letto ortopedici accreditati Aiop e 100 privati puri. «L’attività è in grade crescita, sia per la qualità delle prestazioni che per la quantità. Spesso, con il riferimento al privato, si tende a sottolineare l’aspetto legato al profitto economico che, seppure lo caratterizza, non costituisce l’elemento dominante bensì secondario e legato prevalentemente alla necessità di conciliare le esigenze del mercato a una elevata qualità dei servizi». Si è aperto così il forum dedicato alle problematiche dell’ortopedia privata tra presente e futuro, che si è tenuto in giugno a Roma in occasione del 17esimo congresso della Società italiana chirurghi ortopedici dell’ospedalità privata (Sicoop).
Un momento di riflessione per fare il punto sulle novità, intravedere gli scenari dell’ortopedia del futuro e ipotizzare l’evoluzione della figura dell’ortopedico, «che sarà sicuramente anche un tecnico informatico – spiega Emmanuel Miraglia, presidente gruppo Giomi, società che opera nella sanità privata – e dovrà saper utilizzare le nuove tecnologie e tenersi al passo con gli avanzamenti scientifici, con i progressi nel campo della robotica, della microchirurgia e della bioingegneria, come anche nel campo della protesica».
Ortopedia privata come risorsa del servizio pubblico
Tra i maggiori prossimi obiettivi, c’è quello di riuscire a guardare al privato con uno sguardo nuovo: una ortopedia privata che sia risorsa e non ruota di scorta, che sia al servizio del pubblico attraverso la collaborazione e libera dai vecchi schemi basati sulla dicotomia tra le due. «Bisogna rendersi conto che i meccanismi alla base dell’ortopedia privata sono diversi da quelli del pubblico – ha detto Jessica Faroni, presidente dell’Associazione italiana ospedalità privata (Aiop) Lazio –. Per alcuni aspetti, il privato ha delle possibilità più a lungo termine per quanto riguarda l’innovazione, poiché la proprietà privata significa avere procedure più snelle».
Ci sono nuovi traguardi da raggiungere, che passano necessariamente attraverso l’adeguamento alle recenti leggi che disciplinano l’offerta sanitaria, tra cui ad esempio la nuova norma che regola l’immissione dei dispositivi medici sul mercato, per i quali è diventato necessario informare i decisori del valore del loro impatto attraverso la redazione di un fascicolo clinico, nel quale si attestano la raggiungibilità dei risultati prospettati e si identifica in maniera univoca la funzione del dispositivo.
Ssn e futuro
Alla luce di questi aspetti, si è voluto ragionare sulla attuale missione del Servizio sanitario nazionale, affinché possa garantire in futuro migliori prestazioni con un buon livello di sostenibilità.
Dalla discussione è emersa certamente la necessità di capire i costi e i livelli di efficacia delle tecnologie: l’innovazione può essere sostenibile solamente operando una attenta e ferrea selezione di ciò che è davvero utile e ha valore. Precedenza, ad esempio, a quelle tecnologie o innovazioni che permettono di ottenere vantaggi come poter mandare il paziente a casa in tempi più brevi, metterli nella condizione di non dover prendere ulteriori giorni di malattia o ferie dal lavoro. Pensare perciò in un’ottica più ampia, non solo sul costo immediato della prestazione.
Drg e liste d’attesa
C’è però ancora da affrontare il problema dei Drg, che l’onorevole Federico Gelli, relatore della nuova legge sulla sicurezza delle cure in sanità e responsabilità dei medici, definisce «un sistema obsoleto, che andrebbe superato poiché presenta notevoli limiti». A riguardo, infatti, alcune tipologie di intervento non risultano contemplate, essendo rimborsabili solo alcune tecniche, peraltro le meno avanzate rispetto a quelle più innovative.
Molto importante è anche il tema delle liste d’attesa che, secondo Gelli, «sono l’emblema dell’incapacità di gestione da parte delle Regioni, che hanno il compito di stabilire le priorità e occuparsi dell’organizzazione. Anche per questo problema, ma non solo, il Paese dovrebbe avere il coraggio di superare i modelli sanitari frammentati di Regione in Regione. Non si può pensare che una struttura che nasce in un territorio abbia un trattamento diverso da quello di un’altra Regione, perché il diritto alla salute è un diritto di tutti i cittadini. Bisognerebbe rivedere l’eccesso di ruolo e di competenza delle Regioni» ha detto Gelli dal palco del congresso Sicoop.
Cosa può fare allora il servizio privato per venire incontro al sovraccarico nel pubblico? «Lavorare sull’appropriatezza come già accade – risponde Jessica Faroni dal tavolo dei relatori –. Oggi il privato offre un 20% delle sue agende per andare incontro al pubblico».
Novità alla luce della Legge Gelli
Durante il forum si è dato approfondimento anche ai cambiamenti conseguenti alla recente approvazione della legge Gelli, specialmente in relazione alla questione della responsabilità professionale. Con tale legge, infatti, cambia molto rispetto al passato, quando il paziente poteva rivalersi sia sulla struttura che sul professionista.
Attualmente la norma modifica il rapporto tra paziente e professionista, che non è più di natura contrattuale bensì extracontrattuale. La responsabilità dei professionisti dipendenti, infatti, è a carico delle aziende e delle strutture, il professionista è chiamato solo ad avere una polizza assicurativa per le azioni di rivalsa. Il paziente può rivalersi sulla compagnia di assicurazione della struttura, può chiamare in causa anche il professionista ma, in questo caso, l’onere della prova è a carico del paziente.
Diversamente, per i liberi professionisti, la responsabilità resta di tipo contrattuale con il paziente, dovuta alla personale assunzione del rischio d’impresa e poiché scelti direttamente dal paziente.
Nuove norme dunque, molti risultati raggiunti, ma anche tanti nuovi obiettivi e problemi che attendono soluzione. «L’importante – ha concluso Gelli – è prendere ad esempio i modelli che funzionano».
Lucia Oggianu