
Liana Zorzi
La comunicazione professionale del chirurgo ortopedico non può fermarsi al sito web e deve includere anche i social network. I potenziali pazienti dell’ortopedico, per ragioni di età, frequentano Facebook e non Instagram
Si può evitare la comunicazione social e mantenersi “low profile” gestendo solo la propria comunicazione sul sito web? Fino a dieci anni fa, la risposta sarebbe stata certamente positiva. Oggi però è impossibile non fare i conti con i social media a cui aderiscono persone di ogni età, livello culturale ed economico. Come in una sorta di livella sociale, i social media sono diventati il nuovo terreno di scambio di informazioni e notizie in cui tutti, ma proprio tutti, sono esperti di qualsiasi cosa. Allora, come gestire e tutelare sui social media la propria immagine di chirurgo conquistata con studi, master, corsi e tanta, tanta sala operatoria?
Innanzitutto, evitando due errori comuni: 1) non conoscere il pubblico (il target) che usa un particolare social network; 2) sottovalutare cosa scrive, cosa legge, cosa guarda (il linguaggio) chi fa parte di quel network.
Partendo da questi due comuni errori, basti sapere che, secondo le statistiche diffuse dal report Digital relativi ai primi sei mesi del 2018, l’età media di chi oggi usa Facebook è molto più alta rispetto a soli 5 anni fa. In Italia, su un totale di 34 milioni di utenti soprattutto uomini, la fascia di età over 34 è nettamente più rappresentativa rispetto ai giovanissimi. Anche una fascia di età di “insospettabili”, ovvero gli over 65, è più rappresentata degli under 18.
Instagram, invece, in Italia aggrega circa 17 milioni di utenti, ma con una crescita costante. Rispetto a Facebook, l’età media di chi usa abitualmente Instagram è più bassa: si tratta di giovani di età compresa tra 18 e 34 anni, prevalentemente donne, che usano connettersi al social network usando lo smartphone, mentre Twitter, il social più amato dai politici e dagli uomini, in Italia non è molto diffuso (circa 3.500.000 utenti).
Inoltre, conoscere il linguaggio degli utenti di un particolare social media permette di “comunicare nella stessa lingua”. Non è un problema di grammatica o sintassi della lingua italiana, è invece una questione di mezzo di comunicazione. Sempre secondo il report Digital 2018 (fonte: WeSocial), i video sono più seguiti e visti delle foto, che però hanno quasi parità di interesse agli occhi del pubblico di Facebook dei contenuti con articoli, link, news. Attenzione però a come e cosa comunica un chirurgo: deve tenere conto anche della tutela della propria reputazione personale e web, ovvero di quale immagine di sé vuole dare al suo pubblico. Pertanto, al profilo personale, se già esistente, dovrebbe essere associata una pagina Facebook dedicata alla propria attività di medico chirurgo, con video informativi sulle patologie, la prevenzione, le tecniche chirurgiche, le partecipazioni ai congressi internazionali e così via.
Social Network: esserci o non esserci?
A questo punto, un ortopedico dovrebbe guardare a Facebook come l’opportunità di rivolgersi e comunicare ai suoi “pazienti tipo”: secondo i dati, infatti, è più probabile che una persona con artrosi, per esempio, utilizzi un profilo Facebook rispetto a un altro social network. L’età del proprio “paziente tipo”, e non il genere, è quindi un fattore da tenere in considerazione quando si decide quale social network usare per comunicare al proprio pubblico.
Questo non significa non usare Instagram, ma è importante sapere che il target è più giovane, il linguaggio è diverso e non solo per l’uso degli hashtag, e quello che si scrive deve essere immediatamente comprensibile e visibile da chi usa lo smartphone.
Passaparola o social media?
Molti ortopedici hanno costruito e continuano a costruire la propria reputazione con il passaparola, che deriva dalla soddisfazione dei pazienti. Il passaparola, tuttavia, richiede che il paziente non solo sia soddisfatto, ma conosca anche persone che abbiano problemi ortopedici simili ai suoi, che sia ritenuto credibile dalla sua cerchia di amici-conoscenti e che sia anche un ottimo comunicatore.
Essere presenti con la propria immagine professionale sui social network, invece, se da una parte richiede un po’ di impegno, dall’altra non lascia (solo) al paziente soddisfatto il potere di comunicare. Infatti, i social media dovrebbero essere visti come il giornale personale del medico che fa sapere ai propri pazienti cosa fa, a quali congressi partecipa, quali riconoscimenti scientifici ottiene, perché sceglie un tipo di protesi o di accesso chirurgico, dove visita e opera, quali giornali parlano di lui, eccetera. L’impegno profuso nel dedicarsi ad aggiornare almeno un paio di volte alla settimana il proprio profilo social, sarà ripagato completamente dalla community, ovvero dagli utenti-pazienti e dai loro contatti, che seguiranno la pagina perché contenti di aver incontrato il chirurgo che ha risolto quel loro problema di salute, creeranno interazioni, condivisioni, commenti sulle informazioni e notizie pubblicate (postate). In termini ormai desueti, specie in un contesto digital, tutta questa attività si chiama passaparola.
Quando e cosa postare
Sebbene gli esperti di social media communication programmino le pubblicazioni dei post in base agli orari in cui gli utenti sono più attivi, se si decide di seguire in prima persona la propria immagine social è importante:
– evitare di postare commenti o video quando si è di cattivo umore o arrabbiati;
– pensare bene a cosa si vuole comunicare, a chi, perché;
– scegliere il mezzo (media) più adatto per il messaggio che si vuole comunicare;
– pensare social, ovvero pensare a cosa potrebbero essere interessati i vostri “lettori”.
In sintesi, se si pensa che un certo tipo di paziente, per esempio giovane e sportivo, potrebbe essere interessato a sapere come si è risolto un problema clinico, si può scegliere di girare un breve video, magari con la cuffia o gli abiti di sala operatoria (evitare le macchie di sangue, please!), in cui si spiega il problema, perché è insorto, le conseguenze che avrebbe potuto avere per quel paziente e la soluzione. Se non si è troppo convinti di girare un breve video con il proprio smartphone, si possono usare immagini radiografiche che spieghino il problema e la soluzione. In entrambi i casi, però, il linguaggio semplice oppure l’uso di termini tecnici spiegati poi in modo semplice, è necessario.
Perché farlo? Perché alle persone piace sapere che il proprio chirurgo si impegna a trovare soluzioni; perché se quel chirurgo ha risolto il problema a quel paziente, potrebbe essere il chirurgo giusto anche per l’amico-conoscente-parente (e qui scatta il passaparola digitale).
Liana Zorzi
lianazorzicom@gmail.com