La pandemia innescata dal virus SarsCov2 ha sconvolto la vita dei medici come quella di miliardi di persone: abitudini, protocolli, orari sono evaporati. Palloncini scoppiati, come gli alveoli dei malati, forati da quegli spikes colorati che sembrano candeline per compleanni.
Ci sono dentisti negli elenchi delle vittime, dei benefattori e anche, pochi, dei malfattori. Qualcuno, come Gerson Figueiredo, ce l’ha fatta in extremis e ha asciato l’ospedale tra gli applausi dei suoi salvatori, “verdadeiros heróis”.
Quello che segue è il diario minimo di un odontoiatra in un ospedale della Lombardia. Non ho fatto nulla di eroico, ho soltanto ascoltato la mia coscienza, i ricordi del nonno in guerra a 20 anni, l’esempio di altri come Francesco Tarantini, infermiere in un posto tranquillo, che ha scelto di andare all’ospedale di Brescia strapieno di Covid, o Anna Lanza, medico rianimatore di Napoli, volontaria a Treviglio. I nomi nel diario sono di fantasia, la realtà sta negli estratti di referti e cartelle. Il loro linguaggio telegrafico, ecliptico, come sms dei telefoni gsm, gli acronimi danno solo una vaga idea della tensione e della fatica sopportata da chi in prima linea si è battuto in perfetto stile italico: pochi mezzi, grande senso del dovere, fantasia per risolvere i problemi. Le virtù che fanno vincere le battaglie, le carenze che fanno perdere la guerra.
Io, Ettore e Margherita
9 marzo La direzione sanitaria vieta tutte le terapie che possono generare aerosol. Le degenze, al completo, cominciano a risucchiare gli infermieri dai nostri ambulatori; chi vedeva già la pensione si trova a rifare le notti. Reumatologi, oncologi e otorini ad aiutare internisti e pneumologi; urologi e ortopedici di rinforzo in Ps. Comincio a sentirmi inutile come un dentista senza turbina, appunto. Ferie e permessi sospesi fino a data da destinarsi, non posso fare nemmeno quelle.
16 marzo «In ottemperanza della Dgr n. 3553 del 15.03.2020 che si inoltra, si comunica la sospensione, a far data da domani martedì 17 marzo 2020, dell’attività ambulatoriale specialistica odontoiatrica. Cordiali saluti. Il direttore generale il direttore sociosanitario». È il 16 marzo, ma mi sento come all’8 settembre: tutti a casa? e gli altri? Stefano, rianimatore, 38 anni e due bambini da crescere? Sento dire che le filtranti scarseggiano anche per loro. Scrivo alla direzione che mi mandino dovunque possa essere utile, anche come Oss. Il mio Ego non ne soffrirà.
20 marzo Solo in ambulatorio, rispondo a mail e telefonate. Devo fare di più. Là fuori c’è la guerra: “tutti i vivi all’assalto”, in Russia gli Alpini se la cavarono così per non morire insaccati a Nikolajewska.
23 marzo La direzione risponde che non sa dove mettere un odontoiatra, servono infermieri e medici. Va bene, ve lo trovo io il posto; chiamo Sabrina, compagna di liceo, 1,65 metri di entusiasmo. Dalla rianimazione mi benedice: “Ogni giorno perdiamo ore per inviare gli aggiornamenti al centro regionale e telefonare ai parenti. Ne parlo col primario”.
25 marzo Si comincia: sono a 20 metri dalle camere dove è richiesto l’abito bianco, doppio petto e doppi guanti. Non mi preoccupa, temo di più i filtri dell’impianto di aerazione. La vestizione è un rituale che ricorda duelli epici: guanti, camice, secondo paio di guanti, occhiali, maschera, visiera, copricapo, calzature, copricalzature e poi un giro di nastro adesivo. Pacchi pronti per la spedizione. Tornei lunghi e insidiosi: l’avversario non si vede, scaglia frecce invisibili. Il bip del monitor più vicino è un metronomo ansiolitico. Qui, un piano sottoterra, senza una finestra, un piano sopra l’obitorio, progettisti jettatori. Anche i loro studi saranno così?
27 marzo Ammiro i rianimatori: hanno a disposizione pochissimo tempo per agire su pazienti critici, non gliene resta per consultare Pubmed. La maggior parte di loro sono donne, alcune matres familiae. Li ascolto mentre si passano le consegne: un paziente per volta dalla A alla Z, un’ora in più di lavoro se va bene, magari dopo una notte in cui è successo di tutto. Ogni tanto una battuta, una risata. Non è insensibilità: bisogna distaccarsi per non distruggersi. L’empatia non può diventare una patologia condivisa. Lo stress è al massimo in questo periodo, come l’impegno e il pericolo. Arrivano notizie di vittime giovani. Muore giovane colui che al cielo è caro. Che altro potrà dire Leopardi a chi gli voleva bene?
30 marzo Sono entrato in sintonia con il software di reparto: ha un nome adatto alla stagione, Margherita. Bello, calcola tutto, pure la perspiratio, ti ricorda che devi pesare il paziente e aggiornare la terapia, se non fosse per qualche petalo che si stacca ogni giorno: m’ama, non m’ama, non vive… Sullo schermo i pazienti sono 32 testoline: capelli lunghi per le signore, maglietta bianca a pois neri per tutti. Ogni tanto cambiano i nomi: chi entra trova il letto ancora tiepido. Chi va, sale al piano di sopra, ce l’ha fatta, dovrà solo aspettare tre tamponi negativi. Chi va più in alto, vola con un biglietto offerto da AirCovid, l’unica sempre in pista. A sinistra sul video c’è la lista d’attesa: oggi sono 3 e non è il record. Chiamano anche dalle province vicine. Rispondiamo peggio che a Maria e Giuseppe: neppure una grotta di scorta.
1 aprile Dolores è una giovane donna, obesa e diabetica, ha rischiato di ritornare polvere ma adesso sta sotto il casco. Gli obesi/sovrappesi partono tre metri indietro rispetto agli altri e sono un rischio supplementare quando li si mette in posizione prona per reclutare gli alveoli dorsali, mobilizzare le secrezioni, migliorare gli scambi gassosi. Sono 180° di tensione: ci vogliono 5 operatori per evitare l’estubazione e quant’altro. Al momento ce ne sono 5 sopra i 100 kg e 2 sopra i 90, su 32 letti fanno più del 20%.
7 aprile Graziella, la veterana del reparto, pochi anni alla pensione, si è infettata. Per il momento è paucisintomatica. La statistica disponibile è a suo favore: per le donne gravità e letalità sono molto minori. 1 – 1 e palla al centro.
10 aprile Venerdì santo. Mentre leggo i diari e aggiorno la colonna “intubazione/ecmo” m’imbatto in tac, rx, angiografie: polmoni tanto radiopachi da sembrare ossa, ematomi da deficit di coagulazione, lesioni da decubito nonostante i materassi ad aria. Niente processioni quest’anno. I crocifissi sono qui: tubo orotracheale, catetere venoso centrale, catetere vescicale, elettrodi, sondino nasogastrico, accesso arterioso. La croce è un letto che sembra una portaerei e pesa più di 200 kg. E magari devi spostarlo alle 3 di mattina, per portare Ettore in angiografia: emoglobina a 5,3, angioTc urgente, estesi ematomi retroperitoneali, embolizzazione delle arterie lombari, trasfusione. Peggio di un molare che si frattura alle 7 di sera. Andava benino Ettore, pochi giorni fa era in semintensiva con la Cpap. Achille ha colpito duramente. Ma non siamo davanti alle mura di Troia: Ettore vivrà più di quel grumo di Rna nascosto in una bustina di proteine.
13 aprile Pasquetta, picnic, primavera; tre P di felicità come porchetta, pizza e parmigiana. Ma quest’anno s’è mangiato tutto lui, un virus bulimico e fagocitico. Il menu di Ettore è furosemide, midazolam, propofol, noradrenalina, fentanyl, idroclorochina, lopinavir, ritonavir, enoxaparina e due antibiotici. Aggiorno il foglio Excel coi tamponi, c’è chi è negativo ma sta per morire. Come Luigi, negativo per Mycoplasma, Legionella, Pneumococco, H1N1, l’élite dei patogeni si ritira davanti al Fenomeno: il Covid 20 che si nasconde dietro un saprofita, come Ulisse sotto le pecore di Polifemo, e non lo trova neppure la Pcr-realtime. Facile per chi si misura in 10−9.
17 aprile È pure venerdì ma va benissimo, alla faccia di Achille. Ci sono 2 letti liberi, da ieri sera! Non c’è neppure un paziente in attesa, con la tachidispnea che gli succhia la vita e la Cpap che non ce la fa. Ma tra i nomi non vedo Ettore. Se ne è andato alle 5. L’altro ieri ho chiamato sua figlia: avrei dovuto dirle che la situazione era “critica”, ho preferito dirle “stabile” perché nessuna novità è una buona notizia dopo 10 giorni di terapia intensiva. Covid se li porta via prima, di solito. Spes ultima Dea. Ettore ora è altrove ma sa che ogni Achille ha il suo tallone. In compenso, Graziella migliora dopo 7 gg di clorochina e azitromicina, tac incoraggiante. 2 – 1 per lei. La partita non è finita. Speriamo di non arrivare ai rigori.
24 aprile Reparto sempre più vuoto: 8 letti liberi e nessun intubando. Nel pomeriggio vado a dare il cambio al volontario che misura la temperatura a chi entra in ospedale. Ironia della sorte, la postazione è vicina ai cartelli trilingui che vietano l’ingresso a volto coperto per ragioni di sicurezza; anche questa ha una doppia faccia.
27 aprile Sempre più giù, sempre meglio: i letti Covid ridotti da 32 a 28 e 4 sono liberi. Sta migliorando anche Gigi, 72 anni, il veterano, arrivato da Bergamo a fine marzo. La moglie ci ha scritto una lettera per un teleabbraccio caloroso. Nel pomeriggio vedo Graziella, è qui per la Tc di controllo, è solo un po’ astenica. Alé oh oh ! meglio di Italia – Brasile: 3 – 2.
30 aprile Forse è finita, almeno per ora. Dal 4 maggio riaprono gli ambulatori, ma solo per le urgenze e nessuno sa dove siano le filtranti. Sono contento di tornare nel mondo dei pazienti seduti, anche se un po’ del mio cuore resterà con Margherita e i suoi fragili petali. Sperando che la lezione di Covid non svanisca.
Cosma Capobianco
Odontoiatra, Asst Lariana – Como