
Sabrina Donzelli
«La terapia con corsetto riduce il rischio di intervento chirurgico, ma la percentuale di pazienti che evita il bisturi è diversa tra Europa e Nord America». È questa la conclusione di uno studio (1) condotto da Isico, Istituto scientifico italiano colonna vertebrale, presentato alla conferenza internazionale di Sosort (Scientific Society on Scoliosis Orthopaedic and Rehabilitation Treatment) di Lione e al meeting della Scoliosis Research Society di Philadelphia.
Si è partiti dal confronto fra due popolazioni di pazienti ad alto rischio di chirurgia: al termine della terapia, oltreoceano ricorre all’intervento il 39% rispetto al 12% dei pazienti presi in cura da Isico, che ha messo a disposizione dell’Università dell’Iowa i dati clinici raccolti durante le visite dei pazienti da parte dei propri specialisti, così che potessero venire confrontati con i dati clinici della ricerca pubblicata dagli americani nel 2014. «A fare la differenza è la compliance del paziente, ossia l’adesione e la fiducia nella terapia stessa. E i pazienti italiani sono indubbiamente più bravi» confermano i ricercatori.
«Abbiamo lavorato in collaborazione con i ricercatori dell’Università dello Iowa – spiega la dottoressa Sabrina Donzelli, specialista di Isico e autrice della ricerca –. Nel 2014 i ricercatori americani hanno presentato uno studio randomizzato controllato e multicentrico (2), pubblicato sulla rivista New England Journal of Medicine e firmato da Lori Dolan e Stuart Weinstein. Lo studio, il più importante su questo tema degli ultimi trent’anni, ha coinvolto 383 pazienti di 25 istituti degli Stati Uniti e del Canada tra il marzo 2007 e il febbraio 2011. È emerso che il corsetto riduce la percentuale di intervento chirurgico. Un risultato inaspettato per loro, considerato l’atteggiamento da sempre negativo verso il corsetto sia dei chirurghi sia delle famiglie nel Nord America rispetto a quello invece positivo degli specialisti europei. Siamo partiti dai risultati dello studio Braist e li abbiamo confrontati con i nostri, selezionando con i colleghi americani popolazioni di pazienti comparabili rispetto alla gravità della patologia e al rischio di intervento chirurgico».
Un lavoro di confronto di grosso impegno e chiarezza: i ricercatori italiani e i chirurgi americani del Children Hospital dello Iowa hanno misurato le radiografie dei pazienti dello studio Braist e di 169 pazienti in cura presso Isico, per assicurare una verifica oggettiva dei dati. Cosa è emerso? La terapia in Isico funziona meglio, con una percentuale di ricorso all’intervento che è un terzo rispetto a quella americana: i pazienti di Isico indossano per un numero di ore di gran lunga maggiore il corsetto, attenendosi alla prescrizione, rispetto ai pazienti americani, tanto che nella popolazione a rischio la percentuale di quelli che ricorrono all’intervento chirurgico è del 12% contro il 39% del Nord America.
«La compliance del paziente è fondamentale – continua la dottoressa Donzelli –. I nostri pazienti sono attenti a rispettare le prescrizioni del proprio medico, c’è un ottimo rapporto di fiducia reciproco e nella terapia proposta, come dire quindi che c’è un ottimo lavoro in team fra paziente, la sua famiglia, medico, tecnico ortopedico e fisioterapista».
Lo step successivo è, a questo punto, verificare altri fattori coinvolti per poi procedere alla pubblicazione dello studio: «Durante la conferenza ci siamo accordati con i ricercatori americani per fare un’ulteriore sottoanalisi dividendo i pazienti in gruppi in base alle ore di indossamento» ha concluso Sabrina Donzelli, che presenterà questi risultati in prossimo appuntamento congressuale.
Rachele Villa
1. Adolescent idiopathic bracing success rates influenced by time in brace: comparative effectiveness analysis of the BrAIST and ISICO cohorts.
2. Weinstein SL, Dolan LA, Wright JG, Dobbs MB. Effects of bracing in adolescents with idiopathic scoliosis. The New England journal of medicine. 2013;369(16):1512-1521.