I pazienti con artrosi avanzata della caviglia ottengono buoni risultati dalla chirurgia, sia che si sottopongano a un intervento di fusione che a uno di sostituzione totale. Lo ha mostrato uno studio pubblicato su Annals of Internal Medicine da un team guidato da Andrew Goldberg, professore allo University College di Londra.
Gli autori hanno analizzato gli esiti clinici di 281 pazienti di età compresa tra 50 e gli 85 anni, randomizzati in due gruppi dalle caratteristiche simili per ricevere una delle due opzioni chirurgiche, le più comuni a cui vengono sottoposti i pazienti con questo tipo di patologia; entrambe hanno lo scopo di alleviare il dolore e ripristinare il movimento perso a causa dell’avanzata artrosi.
I risultati sono stati misurati utilizzando valutazioni standard che coprivano la qualità della vita, i livelli di dolore e la capacità di svolgere le attività quotidiane, inclusa la partecipazione ad attività sportive nei soggetti con migliori condizioni generali di salute. I pazienti sono stati valutati prima dell’intervento e dodici mesi dopo.
Lo studio ha rilevato che sia la sostituzione totale che la fusione della caviglia hanno migliorato considerevolmente la qualità della vita dei pazienti, senza riscontrare differenze medie statisticamente significative tra i due gruppi.
Tuttavia, quando i ricercatori inglesi hanno preso in esame, separatamente, la sostituzione della caviglia con protesi articolare a cuscinetto fisso (che nel Regno Unito è l’intervento eseguito con maggiore frequenza) i risultati sono stati significativamente migliori rispetto alla fusione, sia nei punteggi clinici che in quelli relativi alla qualità della vita.
Tutti i pazienti sono stati sottoposti a risonanza magnetica prima dell’operazione, con il risultato che nel 42% dei casi l’artrosi si estendeva anche alle articolazioni circostanti, anche se molti di loro non avevano sintomi. In questo sottogruppo, lo studio ha mostrato esiti clinici migliori con la sostituzione totale della caviglia rispetto alla fusione.
Secondo Goldberg una delle principali implicazioni cliniche dello studio è di aver dimostrato «quanto sia importante conoscere la salute delle articolazioni circostanti prima che il paziente venga sottoposto a intervento chirurgico», consigliando dunque di eseguire una risonanza magnetica e di considerarne i risultati come criterio di scelta dell’intervento chirurgico più adatto.
La ricerca ha anche evidenziato alcune differenze tra le due procedure nelle complicanze dopo l’intervento chirurgico. I pazienti sottoposti a sostituzione totale della caviglia avevano maggiori probabilità di vedere la loro ferita impiegare più tempo per guarire rispetto a quelli in cui era stata eseguita una fusione. La sostituzione totale della caviglia si è anche associata a una maggiore probabilità di lesioni ai nervi, con conseguente intorpidimento o formicolio al piede. D’altro canto, nei pazienti che avevano ricevuto un intervento di fusione si sono registrati più spesso coaguli di sangue nelle gambe, poi curati con farmaci, a causa del più lungo periodo di immobilizzazione a cui sono stati costretti.
«Anche se non si tratta di rischi che mettono in pericolo la vita – ha detto Goldberg – essere a conoscenza dei rischi delle diverse procedure è essenziale. Il nostro obiettivo era di capire quali sono i dati di cui i pazienti e i medici hanno bisogno per prendere decisioni informate riguardo a questi interventi. Abbiamo chiaramente dimostrato che sia la sostituzione articolare che la fusione forniscono esiti soddisfacenti e dunque la scelta migliore dipende da un’analisi più approfondita delle condizioni e delle caratteristiche di ciascun paziente».
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia