Un aumento dei livelli plasmatici delle troponine cardiache è un fenomeno abbastanza comune nell’immediato post-operatorio degli interventi di chirurgia maggiore, e sebbene nella maggior parte dei casi non si associ a segni e sintomi di ischemia, gli studi clinici più recenti dimostrano come costituisca comunque un fattore di rischio per l’insorgenza di complicanze cardiocircolatorie e cerebrovascolari gravi e per l’incremento della mortalità a lungo termine per qualsiasi causa e come possa essere annoverato tra gli indicatori di un decorso sfavorevole anche in pazienti asintomatici. Tanto che le principali linee guida relative alla gestione perioperatoria ne raccomandano lo screening.
Ciò che tuttavia manca in letteratura è la determinazione di valori cut-off delle troponine per l’interpretazione dei livelli sierici riscontrati, la definizione della corretta tempistica dei dosaggi e l’indicazione di una strategia standard per la stratificazione dei pazienti.
Gli autori del lavoro pubblicato dal British Journal of Anaesthesia hanno affrontato il problema con uno studio prospettico su quasi 1.300 soggetti sottoposti a interventi elettivi di chirurgia addominale maggiore tra il 2017 e il 2020 in sette diversi ospedali svedesi, registrando l’eventuale presenza di sintomatologia ischemica, il tracciato elettrocardiografico e i livelli della troponina cardiaca ad alta sensibilità nella giornata precedente l’intervento, al termine dello stesso in unità di terapia post-anestesia e poi nel primo, nel secondo e nel terzo giorno successivi oppure, in caso di ricovero abbreviato, fino al momento della dimissione, con l’obiettivo di verificare la relazione tra le variazioni peri-operatorie dei livelli enzimatici e due outcome primari: il tasso di mortalità per tutte le cause e l’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori (arresto non letale, infarto, scompenso, aritmie di nuova insorgenza, ictus).
Complessivamente poco meno del 10% dei pazienti è andato incontro a uno degli esiti considerati nei 30 giorni seguenti l’intervento: 120 (9,3%) hanno presentato una sintomatologia cardiocircolatoria grave acuta e 14 (1,1%) sono deceduti.
Nella maggior parte dei casi un’elevazione dei livelli di troponina indicativa di danno miocardico è stata riscontrata entro il secondo giorno post-operatorio.
L’analisi effettuata dai ricercatori svedesi, per diversi valori soglia e per una serie di possibili variabili confondenti, ha permesso di assegnare la massima capacità predittiva a un aumento dei livelli di troponina cardiaca ad alta sensibilità di ≥14 ng L-1 rispetto ai valori di partenza e di attribuire al dosaggio enzimatico ripetuto in fase pre, peri e post-operatoria il valore di parametro significativo e indipendente nel monitoraggio del rischio cardiovascolare e del rischio di morte associati alla chirurgia non cardiaca.
Monica Oldani
Giornalista Tabloid di Ortopedia